A Lesson in Violence: Repulsione/Inglorious Basterds & One Day in Fukushima/Aftersundown

La fine dello sciagurato 2020 ci ha regalato due degli split grindcore più belli e intensi mai registrati e pubblicati negli ultimi anni, quanto meno all’interno della scena italiana. Sto parlando chiaramente dello split tra i bolognesi Repulsione e i romani Inglorious Basterds e di Barbaric Scenario, lavoro diviso a metà tra i campani One Day in Fukushima e gli indonesiani Aftersundwon! Quest’ultimo disco è inoltre una coproduzione targata Disastro Sonoro, una coproduzione di cui vado particolarmente fiero per il semplice fatto che i One Day in Fukushima furono il primo gruppo che decisi di intervistare su queste pagine nel lontano 2017 e perchè sono un gruppo che ha dimostrato nel corso degli anni di essere quanto meglio ci sia in ambito grindcore a livello europeo. Presto arriveranno le copie di questo devastante split in distro, quindi sapete cosa fare appena finirete di leggervi il seguente sproloquio spacciato per recensione! One Day in Fukushima e Aftersundown da una parte, Repulsione e Inglorious Basterds dall’altra, quattro modi diversi di intendere, interpretare e suonare grindcore, un’unica lezione di violenza inaudita e devastante per le nostre orecchie indifese! ANOTHER LESSON IN VIOLENCE, GRINDCORE IST KRIEG!

Quanti minuti servono ad uno split grindcore per lasciare impresso indelebilmente il proprio segno nei nostri ricordi e per lasciarci inermi a terra senza più energie? Ai veterani Repulsione e agli ottimi Inglorious Baterds bastano dieci minuti totali suddivisi in quattro tracce a testa che non lasciano alcuno scampo e alcuna via di fuga all’ascoltatore. I Repulsione sono ormai un nome di culto della scena powerviolence/grindcore italiana e con il passare degli anni hanno spinto la loto brutale proposta priva di chitarre sempre più in là verso forme di vero e proprio terrorismo musicale, rendendola di fatto implacabile e assolutamente priva di pietà. Se già nel precedente Sunrip erano molto labili e vaghi gli echi powerviolence presenti dagli albori nel dna della proposta del gruppo bolognese, queste nuove quattro tracce si allontano quasi totalmente da territori pv dandoci in pasto un grindcore devastante e granitico, in un tripudio di blast beats che sembrano poterci tritare le ossa e il cervello in ogni momento. Il grindcore suonato dai bolognesi strizza l’occhio alle sonorità più estreme, rumorose e riottose del genere, quelle che vanno dai Warsore agli Unholy Grave per capirci, piuttosto che ai nomi storici e alle band più moderne, sottolineando in questo modo l’intimo legame con l’attitudine hardcore di certo grind più underground e “politico”. Il sound dei Repulsione è come sempre monolitico e non mostra mai segni di cedimento, ma in fin dei conti non servivano queste nuove quattro tracce per darci prova del terrorismo musicale di cui sono capaci i nostri grinders bolognesi. Per essere sintetici e chiari: assolutamente devastanti!

Dall’altra parte dello split troviamo invece gli Inglorius Basterds che, con la delicatezza del coltello con cui Brad Pit incide una svastica sulla fronte del gerarca nazista nell’omonimo film da cui il gruppo romano prende ispirazione per il proprio nome, ci lasciano preda indifesa di un altro modo di intendere il grindcore, sicuramente meno legato a sonorità hardcore punk e powerviolence, ma che irrompe spessissimo in territori brutali ed estremi che strizzano l’occhio a certo death metal. Emerge una certa “atmosfera” marciulenta e dalle tinte vagamente gore nella proposta degli Ingloriuos Basterds, i quali però, pur attenti alla ricerca di groove nel riffing e nella struttura dei brani, non perdono mai di vista l’intensità e l’irruenza del loro grindcore furioso e spietato. Ottima anche la scelta degli intermezzi cinematografici tra un brano e l’altro. Quattro tracce che possono essere descritte unicamente prendendo a prestito le parole di una grandissima cantautrice romana: “so’ cortellate quante ne volete”! In fin dei conti il lato dello split occupato da questi “bastardi senza gloria” risulta essere un vero proprio assalto a mano armata mosso unicamente dalla volontà di non risparmiare niente e nessuno e totalmente incapace di provare qualsivoglia pietà!

Se invece provassimo a porre la domanda di cui sopra a One Day in Fukushima e Aftersundown la risposta sarebbe ben poco diversa. Dodici minuti totali più una manciata di secondi che, per un disco grindcore, fanno eccome la differenza. Cinque canzoni per gruppo, con sonorità che pur partendo da una netta base grindcore si differenziano abbastanza tra le due band. La proposta degli indonesiani Aftersundown è infatti molto più marcia e rozza (caratteristiche enfatizzate anche da una registrazione volutamente poco pulita e noisy), con influenze di certo crust a la Extreme Noise Terror degli albori che emergono spesso in tracce come Fake Raids e Bullshit Doctrine e che sono evidenziate perfettamente anche nella decisione di coverizzare l’iconica Police Bastard dei Doom. In sostanza però siamo al cospetto di un grindcore visceralmente e sinceramente old school, devoto unicamente al rumore più primitivo e crudo, un sound che mi ha ricordato in più di un’occasione la proposta di band di culto come i colombiani Confusion e in generale di tutte le incarnazioni del grindcore che vanno dai Warsore agli Autoritar. Tenendo fede al titolo dello split, quello che ci offrono gli Aftersundown è un concentrato di primitivo e barbarico grindcore senza fronzoli e senza pretese, che sa colpire nel segno con una furia devastatrice e selvaggia!

Il sound proposto dai One Day in Fukushima è invece totalmente debitore ad un grindcore classico, sonorità che pur mantenendo un forte legame con i nomi storici della vecchia scuola, riesce a suonare moderno e con una buona dose di personalità, oltre che di evidente qualità tecnica, di passione e sincera attitudine, tutti elementi fondamentali per suonare grind come si deve. Al mio orecchio anche queste nuove cinque tracce dei One Day In Fukushima tradiscono l’influenza della scuola scandinava di Nasum e Rotten Sound e di certo death metal, specialmente in una traccia brutale come The Leviathan, e questa varietà di influenze presente nel sound robusto e devastante dei One Day in Fukushima non può che essere un enorme qualità del gruppo campano. In poche parole si tratta di un grindcore che non fa prigionieri, che tira dritto per la sua strada lasciando dietro di se solo macerie e devastazione. Un grindcore dotato però non solo di brutalità e violenza, ma anche di un ottimo tiro e di una certa dose di groove, caratteristiche che permettono facilmente alle cinque tracce di stamparsi in testa fin dal primo ascolto. Passione, sincerità, qualità e profonda conoscenza della materia grindcore permettono ancora una volta ai One Day in Fukushima, dopo il devastante e bellissimo Ozymandias del 2018, di confermarsi tra le migliori realtà estreme europee!