Anno 1985, Suoni Oscuri della Libertà

Anno 1985, due gruppi si affacciano sulla fervente scena hardcore punk italiana regalandoci due lavori acerbi e grezzi ma che ancora oggi mantengono tutto il loro fascino e tutta la rabbia tipica di quegli anni incredibili! Due lavori e due gruppi che hanno avuto vita breve rispetto ad altri ben più noti ma che hanno saputo scrivere ugualmente in modo indelebile il loro nome nella scena hardcore italiana degli anni ’80. “Lo Sguardo dei Morti” degli Stigmathe e l’ “Untitled” album dei Soglia del Dolore, due lavori che si tende troppo spesso a lasciare marcire sotto metri e metri di polvere e senza conferire loro il riconoscimento che meritano per il fatto di rappresentare due piccole perle di punk allo stesso tempo oscuro e sperimentale orientato alla ricerca di soluzioni in buona parte originali, certamente personali e che differenziavano pesantemente il sound di questi due gruppi dalla maggior parte dei grandi nomi che negli Ottanta mietevano vittime e lasciavano macerie al loro passaggio in giro per l’Italia e per l’Europa come i Negazione o i Raw Power.

Stigmathe dal vivo al Virus di Milano

Negli anni 80 in Italia, se tralasciamo gli immortali Wretched, non erano moltissimi i gruppi che avevano le loro radici musicali ben piantate nel sound dei Crass e di tutte quelle band anarcho punk legata alla stupefacente Crass Records come Mob, Poison Girls, Dirt e moltissimi altri. Ed erano ancora meno le band della scena hardcore italiana che avevano nel loro bagaglio musicale pulsioni tendenti alla new wave e alle sue soluzioni più gelide e oscure. Tra questi pochissimi esponenti del classico sound a la Crass imbastardito con sonorità new wave, probabilmente i Soglia del Dolore sono uno degli esemplari migliori e più originali su differenti livelli, anche contando la brevissima durata che ha avuto la loro esistenza.

La creatura che prende il nome di Soglia del Dolore si forma nel 1982 nella città di Udine, che sembra la città dei morti viventi…anzi dei vivi morenti come mi ricordo la definí qualche vecchio punk friulano. Udine nonostante abbia saputo partorire coloro che possono fregiarsi a mani basse del titolo di “Discharge italiani”, ossia i mitici Eu’s Arse autori di veri e propri marci capolavori del punk anarchico italiano come il seminale “Lo Stato ha Bisogno di Te? Bene, Fottilo!”, e altri gruppi praticamente sconosciuti come i Pravda del buon Punkrazio (figura importante del punk italiano per essere l’ideatore della storica Nuova Farenheit punkzine) o i Toxical, non è certamente ricordato come un centro nevralgico e centrale della scena hardcore italiana degli anni ’80. Udine è una città di provincia come moltissime altre che inghiottono noi tutti e che tentano di annullarci a colpi di quieto vivere e labile pace sociale, e come ogni terra di provincia che si rispetti alimenta inconsapevolmente una rabbia e una voglia di rivolta che attendono solamente il momento più adatto per esplodere e attaccare tutte quelle piccole certezze e valori da borghesi a cui il bravo cittadino medio, alienato, atrofizzato, annichilito si aggrappa per apparire vivo, un perfetto cadavere vivo che si muove immobile in una città di merda. Ed è stato proprio questo contesto che puzza di morte e di merda a far emergere il punk riottoso e incazzato dei Soglia del Dolore, non poteva essere altrimenti; o ti lasci risucchiare, annullare e muori, oppure urli tutta la tua rabbia e ti rivolti! I Soglia del Dolore scelsero questa seconda strada e decisero che il mezzo che avrebbero usato per sputare la loro rabbia, per esprimere la loro insofferenza e per concretizzare la loro volontà di rivolta doveva essere il primitivo sound anarcho punk ben radicato nella lezione dei Crass più combattivi e immediati, alternato a vibrazioni e influenze post-punk/new wave che resero la loro proposta originale e distante dalle classiche sonorità hardcore all’italiana dell’epoca.

I Soglia del Dolore però non ebbero vita lunga e di fortuna ne ebbero ancora meno. Si sciolsero infatti nel giro di un paio di anni e il disco protagonista di questo articolo, volutamente non intitolato uscì postumo nel 1985 anche se le cinque tracce presenti su questo 7″ eran già state registrare dai nostri punx anarchici from Udine precedentemente. Cosa dovrebbe aspettarsi un incauto ascoltatore che non si è mai imbattuto in questa primordiale incarnazione dei Soglia del Dolore? Ho già fatto più di un riferimento all’influenza esercitata dall’anarcho punk di scuola Crass/Crass Records sul sound dei nostri (basti pensare a brani come “Non Sopporto” e “Non Voglio”), così come delle pulsioni post-punk/new wave che emergono nel corso delle cinque tracce, a volte ricoprendo il ruolo di protagoniste come nella terza “Veste i Tuoi Sogni”, altre di semplici sprazzi che permettono di apprezzare ancora di più il punk anarchico rabbioso e grezzo che anima l’intero lavoro, perfetto esempio la conclusiva “Ipocrisia di Pace – Maschere di Guerra“. L’unico gruppo italiano degli anni Ottanta che penso possa essere accostabile per approccio, tematiche trattate e modo di trattarle, nonché per sonorità a quanto fatto dai Soglia del Dolore su questo loro 7” sono i messinesi Uart Punk, vera e propria primitiva creatura anarcho punk italiana autore di un unico acerbo ma riottoso disco nel lontano 1981. Ecco se proprio dovessi descrivere il sound dei nostri, penserei all’anarcho punk dei Crass suonato alla maniera grezza e imprecisa, a tratti fastidiosa, degli Uart Punk, il tutto come già ribadito più e più volte fin qui senza mettere in secondo piano le influenze post-punk/new wave. Tra l’altro, breve digressione, chi tra voi incauti lettori è più attento avrà notato certamente che gli Uart Punk non sono stati tirati in ballo a caso. Difatti Giovanni, storica voce dei messinesi, fu tra i fondatori dei Soglia del Dolore continuando quindi il suo percorso lirico e musicale fedele al punk anarchico crassiano anche in terra friulana.

 

“Modena muore di noia”. La sintesi migliore di cosa significa vivere in una città di provincia assuefatta alla passività, all’apatia e fedele all’unico dogma possibile per il bravo cittadino-consumatore, ossia il quieto vivere conquistato a colpi di repressione, sorveglianza e noia. Questa descrizione della città di Modena ce l’hanno data nel 2008 gli Infamia, gruppo punk che prova ancora oggi a sferrare attacchi decisivi al quieto vivere di una città morta e ai suoi abitanti-zombie. A cavallo tra la fine dei Settanta e gli inizi degli anni 80 fu proprio Modena e la sua noia a vomitare sulla fervente scena hardcore nazionale uno dei gruppi più interessanti, oscuri ed originali. Rabbia e insofferenza, furono queste sensazioni nel 1979 che spinsero Fabrizio, Chiara, Daniele, Lucia e Tamburo (con un nome così non poteva che star seduto dietro le pelli) a mettere in piedi il primissimo embrione di quella creatura che oggi conosciamo con il nome di Stigmathe. Le sonorità di questa prima incarnazione e formazione erano orientate al sound post-punk di Killing Joke e Joy Division che proprio in quel periodo stavano spopolando negli ambienti underground europei. Un sound che però avrebbe presto lasciato il posto ad una sperimentazione musicale molto più personale, seppur ben ancorata alla scena hardcore punk italiana degli anni ’80.

Difatti intorno al biennio 1982/83, Fabrizio, voce e mente del progetto Stigmathe, spostò radicalmente la sua attenzione verso sonorità molto più veloci e nervose affini alla tradizione hardcore punk italiana e britannica dell’epoca. L’influenza esercitata da questo estremismo sonoro venne riversata sul gruppo, cambiando in modo inesorabile il percorso e l’approccio lirico-musicale degli Stigmathe. Iniziò così un periodo di crisi-pausa all’interno del gruppo, dovuto al fatto che la formazione originale non sembrava affatto convinta a proseguire in direzione delle sonorità più grezze dell’hardcore punk che avevano completamente rapito Fabri e che rappresentavano ai suoi occhi il mezzo migliore per sputare in faccia a tutti la sua rabbia e l’insofferenza della vita ingabbiata in un contesto urbano-sociale-politico opprimente come la Modena di inizio anni 80.

In una notte di dicembre del 1982 (cosi narra la leggenda…), Fabri decise di rinnovare completamente la “sua” creatura e di proseguire su sonorità hardcore più spinte e oscure. Ad accompagnarlo in questa seconda fase di vita degli Stigmathe troviamo Gianluca (alla chitarra), Luca (al basso) ed Enrico (alla batteria), formazione con la quale venne inciso e registrato “Suoni Puri dalla Libertà“, il primo Ep autoprodotto del gruppo modenese nel 1983. Un lavoro diviso in due parti: la side A del disco presentava due tracce di furioso e oscuro hardcore punk ben radicato nella tradizione britannica e statunitense del genere, quanto nelle sonorità più sporche e rumorose della nascente scena italiana, la side B invece conteneva un solo brano, Italia Brucia, probabilmente il più intenso e rabbioso (soprattutto a livello lirico) pezzo mai scritto dagli Stigmathe che faceva già intravedere in parte quella vena sperimentale presente nel dna musicale dei nostri. Per quanto sia affascinante e in un certo senso seminale Suoni Puri dalla Libertà, questo articolo si vuole concentrare sul secondo Ep Lo Sguardo dei Morti, datato 1985, in cui gli Stigmathe son riusciti a concentrare tutte le diverse anime presenti nel loro sound, riuscendo ad amalgamare in modo coerente l’influenza della tradizione hardcore punk con le pulsioni sperimentali che strizzavano l’occhio a sonorità riconducibili a territori reggae/dub.

Lo Sguardo dei Morti ha le sue radici ben piantate in profondità nell’hardcore punk più oscuro che ha tratti preferisce lasciare spazio a linee melodiche sinistre piuttosto che esplodere nella rabbia e nel rumore più grezzo tipiche del primo Ep. Mentre “Suoni Puri della Libertà” era attraversato da una pulsine riottosa e da un’irruenza selvaggia, su “Lo Sguardo dei Morti” sembra invece dominare un’atmosfera totalmente nichilista e melodie più oscure e a tratti opprimenti. La traccia che però rende questo Lo Sguardo dei Morti una piccola perla dell’underground e della scena punk italiana degli anni 80 e che sottolinea la sperimentazione e l’originalità della proposta degli Stigmathe è senza ombra di dubbio Volando Stanotte, unica traccia presente sulla side B del disco. Volando Stanotte è costruita su sonorità che risentono pesantemente dell’influenza dei Clash che strizzano l’occhio a sonorità reggae, alle uscite dub di casa Trojan, così come degli esperimenti reggae che i Bad Brains inserirono nella loro personalissima interpretazione dell’hardcore. Si tratta di un brano costruito su una struttura principalmente dub che riesce a creare un’atmosfera estremamente ipnotica che avvolge l’ascoltatore.

Senza raggiungere i fasti di mostri sacri della scena hardcore italiana degli anni 80 come Negazione, Raw Power, Wretched o Indigesti e lontani dall’aver potuto incidere in modo indelebile i loro nomi nella storia dell’ hardcore punk mondiale, i Soglia del Dolore e gli Stigmathe, rimanendo nelle retrovie dell’underground, in quel lontano 1985 ci hanno regalato due lavori a mio parere imperdibili e fondamentali, sia perché differenti da tutto il resto che veniva suonato e pubblicato in Italia in quel periodo, sia per l’estrema vena sperimentale e l’originalità della loro proposta musicale-lirica-concettuale . 1985, “Suoni Oscuri della Libertà”, ovvero quando suonare hardcore voleva ancora dire aprire squarci insanabili nell’esistente, rappresentare una reale minaccia e portare una seria critica radicale al sistema economico e politico in cui viviamo tuttora.

 

Stigmathe