Class – Asterism (2014)

 

“Well the name is Class not Clash” mi pare cantasse così un certo Steve Ignorant nel brano “White Punks on Hope”, ma forse mi sbaglio. Ah nel caso non sappiate chi sia costui, tale Steve Ignorant, se non avete assoluta idea di che pezzaccio sia quello sopracitato e soprattutto se non avete riconosciuto l’iconica frase posta ad introduzione di questa recensione, vi chiedo con il cuore di chiudere tutto, non leggere mai più Disastro Sonoro e di correre il prima possibile ad ascoltare e riascoltare quel capolavoro che risponde al nome di “Stations of the Crass”. Per tutti gli altri che conoscono Penny Rimbaud e soci, proseguiamo con la recensione di “Asterism” dei milanesi Class.

Nonostante abbia citato i Crass, gruppo e collettivo di un’importanza inenarrabile all’interno della scena punk britannica e mondiale e considerati “da chi ne sa più di me” come i padri fondatori di tutto il movimento anarcho-punk, la loro influenza musicale, per rimanere su toni pacati, non è presente manco per il cazzo nel suono proposto dai milanesi Class. Difatti il nostro trio capitanato dalla riottosa voce della cantante Alessandra dedica anima e corpo al fastcore più classico, incazzato e tritaossa, debitore ai grandi nomi del genere. E su questo “Asterism”, rilasciato su cassetta nel lontano febbraio del 2014, ci danno prova di tutta la loro qualità nel riproporre in modo classico ma mai scontato un genere sentito e risentito mille volte e in mille salse. Chiariamoci subito: come al solito ci troviamo dinanzi ad un lavoro impeccabile sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista dell’attitudine e della passione, ma i Class non suonano nulla di originale. Ciò non significa assolutamente che i milanesi non meritino più di un ascolto e che non siano in grado di far passare una decina di minuti estremamente piacevoli all’ascoltatore pur senza lasciar lui la possibilità di riprendere fiato. Infatti i 12 brevi ma intensi pezzi che compongono questo “Asterism”, partendo dall’iniziale “Brains? I’m Fine”, perfetta per farci immergere nel mood e nel suono caotico e rabbioso dei Class, fino ad arrivare alla conclusiva “You Differ, I Differ”, sanno come colpire nel segno e assomigliano ad una scarica di pugni scagliati contro il muso e nello stomaco dell’ascoltatore, e questo mi piace parecchio. In parecchi casi, sarà per il fatto che a gridare squarciandosi la gola sia una lei (ovvero la già citata Alessandra) o perchè la proposta rumorosa dei nostri è un concentrato sincero e coerente di rabbia e passione, i Class mi hanno ricordato un altro gruppo milanese da poco recensito su queste pagine, ossia i L.UL.U. Pur non suonando nulla di originale devo ammettere che è difficile stancarsi di ascoltare i 12 pezzacci che ci hanno regalato i Class e questo è assolutamente il merito più grande del trio milanese; va inoltre sottolineato che, quando si fanno le cose perchè mossi da passione sincera invece che per becera emulazione o mera ricerca di profitto, il risultato non può che suonare come questo “Asterism”, prima ancora che un concentrato di hardcore veloce e furioso, una dimostrazione di passione, coerenza e attitudine.

Se volete passare una decina di minuti a pogare da soli contro muri, pareti e armadi come dei totali imbecilli al suono del fastcore più sincero e incazzato questo “Asterism” dei milanesi Class è quello che fa per voi. Non ne rimarrete delusi, ne sono certo.