“Come una morte breve…”

Come una morte breve in una casa occupata, mentre costruiamo barricate con le nostra ossa nelle gelide periferie di questa metropoli claustrofobica. Passeggiamo in bilico su binari morti, gridando vendetta contro il quieto vivere. Produci-consuma-crepa, l’esistenza è una fottuta catena di montaggio, giorno uguali, gesti ripetuti all’infinito. Società dello spettacolo, telecamere a sorvegliare esistenze inconciliabili, guerra al degrado quando il solo vero degrado è l’abitudine al vivere. Siamo soldati al fronte, la quotidianità è la guerra. Anche oggi sopravvissuti a cosa? Una corsa affannosa verso il giorno in cui saremo tutti morti. Affacciati ad una finestra frantumata ad osservare masse di cadaveri intenti a marciare, mentre noi, intenti a marcire aggrappati con le unghie ad un cielo che sta crollando, diveniamo cibo per i vermi.

Non vedo più l’orizzonte, solo grattacieli che si conficcano in un cielo artificiale. Tutte queste strade dove mai porteranno? Un’orgasmo post-industriale riecheggia nei centri commerciali abbandonati, campi di battaglia disseminati di paranoie in offerta speciale. Le nostre emozioni divenute merce, la polizia nelle nostre teste a difesa degli scaffali su cui riponiamo i nostri sogni infranti, mentre ingoiamo schegge di vetro per far sanguinare le grida di rabbia e disperazione che nessuno vuole più sentire.

Come frammenti pulsanti di vita abbandonati in scatoloni ricoperti di polvere in cantine inaccessibili e umide. Quando il giorno tende a scomparire, prima di scivolare nel buio, il tuo corpo nudo, alieno ed estraneo, in stanze anonime riscaldate dal desiderio lancinante del nulla. Barrichiamoci nelle nostre voragini, sui margini delle quali consumiamo la proiezione asettica della nostra passione. “C’è qualcosa che non funziona o sono io che non funziono?”… dallo stereo riecheggiano queste parole che ingombrano la mia testa, ma anche questa notte non trovo risposte. Nei tuoi occhi non vedo più il riflesso di questa città che brucia. Siamo davvero così soli e sconfitti?

Tutto prosegue apparentemente secondo i loro stupidi piani, secondo i loro freddi calcoli, seguendo sempre la stessa logica di morte. Siamo stufi delle vostre certezze al sapore di rassegnazione, siamo stanchi dell’odore nauseabondo che infesta le nostre stanze, la nostra prua è rivolta verso il mare burrascoso. Fughe in avanti, verso l’ignoto, verso giorni senza fine. Abbiamo volutamente perso la rotta, bruciato tutte le mappe, fatto perdere le nostre tracce. Se non dovessimo fare ritorno, prendete d’assalto il cielo. Ci vedremo lontani da qui.

Yanka, metà novembre, periferia di Milano.