Partiamo dal fondo. Dal passato più o meno recente.
Quando nel 2010 i Decadenza davano alla luce la loro prima demo, ero ancora un ragazzino al primo anno di liceo linguistico che nemmeno sapeva dell’esistenza di una scena hardcore punk italiana e tantomeno aveva mai sentito nominare la parola “crust”. Difatti ho scoperto questi punx dalle lande nebbiose tra Cremona e l’Emilia solamente qualche anno fa, quando con il collettivo di cui facevo parte decidemmo di invitarli a suonare dal vivo nella cornice di SOS Fornace a Rho, dopo svariati anni che la band era calata nel silenzio e aveva interrotto i live. Il ricordo di quella serata è ancora vivo in me come fosse ieri, sia dal punto di vista musicale che da quello umano e personale. Musicale perchè non sentivo del crust punk italiano suonato così bene e così convintamente da non so nemmeno io quanto tempo, umano perchè le persone dei Decadenza si son dimostrate disponibili, entusiaste, simpatiche e, sopra ogni cosa, affini e complici nei ragionamenti, negli intenti e nel modo di intendere il punk, il DIY e tutto ciò che ci ruota attorno. Mi offrirono anche una deliziosa fetta di torta alle carote e un caffè, direttamente dal loro camper. Questo per aggiungere una nota di colore che ricordo sempre con molta felicità.
Già quella sera mi giunsero spoiler sulla registrazione di un nuovo disco dei Decadenza e per un paio di anni l’ho atteso come fosse la venuta del messia o dell’apocalisse. Ed ecco che il 23 dicembre, come fosse un regalo di Natale totalmente inaspettato, a distanza di quasi 15 anni il nuovo album in studio marchiato Decadenza fa la sua apparizione, portando devastazione e lasciando macerie al suo passaggio. Ecocianuro, questo il titolo scelto dai nostri punx decadenti, ci ha messo pochissimi attimi per diventare uno dei dischi crust punk che ho ascoltato di più in questi mesi e aggiungerei senza remore, in questi anni. Un disco che ha occupato le mie orecchie per giorni e giorni, senza lasciarmi tregua. Un disco che non ha tradito assolutamente le mie aspettative, ma anzi, e non so come, è riuscito nell’impresa di confermare, migliorando, tutto quanto di positivo avevo già sentito, percepito e visto dal vivo o su bandcamp. Che cazzo di colpo che hanno messo a segno!
Partiamo ancora una volta dal fondo. La traccia con cui si conclude questo Ecocianuro è uno dei “classici” del crust punk italiano degli anni duemila, quella Morire ogni giorno dei troppo spesso sottovalutati Disprezzo. Perchè partire proprio da una cover per raccontarvi di questo nuovo capitolo discografico dei Decadenza? Il perchè è semplice, seguitemi. Se non sapessimo che si tratta di una cover, se non fossimo al cospetto di una canzone che tutti gli amanti del crust italiano conoscono più o meno a memoria, questa traccia suonerebbe 100% Decadenza. Questo non solo per merito della band cremonese e dell’approccio personale con cui la ripropongono, ma anche perchè il sentiero sonoro su cui camminano i Decadenza è lo stesso tracciato da band seminali e ormai storiche della scena italiana come appunto i Disprezzo, i Kontatto, i Campus Sterminii o i Jilted, ovvero un crust punk saldamente radicato nella tradizione dell’hardcore italiano, per attitudine, tematiche e sonorità. Ed è proprio su questo solco sonoro che prende forma il resto del disco, dieci tracce più la già citata cover che non lasciano intravedere segni di cedimento o di speranza, che avanzano distruttivi e spietati, carichi di rabbia e di parole incendiarie contro questo mondo e i suoi orrori (dalla devastazione ambientale all’oppressione religiosa, dalla critica radicale al nucleare all’attacco al vetriolo nei confronti delle menzogne del progresso, e così via) e che costruiscono atmosfere e scenari che si alternano tra la decadenza post-apocalittica e l’attacco battagliero che non contempla la resa.

Il disco si apre con un intro strumentale dai toni apocalittici, desolanti e oscuri, nella migliore tradizione stenchcore, chiamando in causa gli spettri degli immancabili Amebix così come degli Hellshock. Un’introduzione che mette fin da subito in chiaro le atmosfere e il mood generale del disco, facendo presagire nell’ombra della catastrofe l’assalto crust irruento, riottoso e spietato. In effetti, la successiva Senso di non appartenenza attacca subito in maniera sfacciata e impetuosa, tra voci cavernose ma sempre comprensibili, ritmiche di batteria martellanti che guidano l’assalto e una chitarra che macina riff e trova soluzioni che si stampano in testa al primo ascolto. Il disco procede seguendo questo copione, ma in maniera tutt’altro che noiosa o scontata perchè è seriamente difficile resistere alla carica rabbiosa evocata dalla voce di Simo, dalla batteria che fa tremare la terra sotto i piedi suonata da Gabo, dal tappeto ritmico del basso di Babo e dal riffing, dagli assoli e dall’epicità che emerge in certi passaggi di chitarra di Aro (impegnato anche lui a duettare vocalmente con Simo). In alcuni momenti e tracce emerge lo spettro dei Kontatto di Disillusione o di Mai come voi, in altri passaggi è evidente l’influenza dei Campus Sterminii così come degli Hellshock o dei Consume, mentre le voci di Simo e Aro mi hanno ricordato spesso quelle dei Jilted. Al di là di andare con il lanternino a cercare quella o quell’altra influenza musicale, è nella sua interezza che il crust punk contenuto in questo Ecocianuro si mostra solido, inscalfibile e deciso ad avanzare senza lesinare sulla sua furia distruttiva; un album che suona coerente, appassionato, sincero e che più di tutto, si sente che è nato da una buona dose di divertimento nel suonare insieme e nel bisogno o nell’urgenza di parlare di alcune tematiche e idee che stanno a cuore ai nostri punx provenienti dalle lande nebbiose della pestilenziale pianura padana.
Per affinità di critica, ragionamenti e argomenti trattati, vi posso dire che tracce come Codice Binario (registrata la prima volta nel 2014 per una compilation benefit contro i CIE), Progresso e Benessere, la titletrack e la già citata Senso di non appartenenza sono quelle che ho apprezzato maggiormente; in questi brani si nota tutto l’odio e la rabbia, ma anche la coscienza politica, dei Decadenza nei confronti del mito del progresso che distrugge ecosistemi e territori, della devastazione ambientale mascherata da politiche green, dall’alienazione e dalla trasformazione dell’umano in macchina in nome del mito della tecnologia e dall’oppressione-repressione generalizzata portata avanti dalla civiltà tecno-industriale capitalistica. E poi, in chiusura di album, prima della già citata cover dei Disprezzo, eccola che arriva, la mia canzone preferita dei Decadenza fin dal primo ascolto, sia su bandcamp che dal vivo. Ancora odio, brano che appare anche sulla demo del 2010 e che ha catturato il mio cuore, come un colpo di fulmine; sarà per il ritornello che si stampa in testa con una facilità disarmante, sarà per il riffing iniziale dalle tinte black metal, ma ascoltare questo brano in una nuova veste, registrata decisamente meglio e con una forza devastante nel suo incedere senza freni, è veramente una gioia per le orecchie.
Come concludere questa non-recensione scritta di cuore e pancia? Cosa posso dirvi se non che Ecocianuro è uno degli album di crust punk più belli che sono stati scritti, suonati, registrati e pubblicati in Italia negli ultimi anni? Fatelo vostro, ascoltatelo, leggetevi i testi, diffondetelo e supportate i Decadenza, belle persone e bellissimi punx. Dalle desolate lande nebbiose, il pestilenziale verbo del crust non smette di diffondersi e infettare le menti. Unitevi alla decadenza, o libertà o morte!
