Dell’anima nella serpe – tre salti delle streghe (2023)

la mia anima è la provincia desolante, innaffiata d’aria viziata e carnevale di silenzio industriale

Forse troppe volte ho usato e usiamo “politico e personale” per definire un disco in ambito punk, ma nel caso di questa prima registrazione targata dell’anima nella serpe non credo esista descrizione e sintesi più completa ed esatta. Parliamoci chiaro, Asja e Matteo, menti e parole, rumore e voci, rabbia e malessere dietro a questo affascinante progetto, sono prima di tutto persone a me affini e complici, amiche e compagne nel subire, nel resistere e nel tentare di sabotare questo esistente oppressivo ed alienante. Quindi non sarò imparziale in questa non-recensione, perché i loro testi riverberano in me e le loro tensioni tradotte in parole si incontrano con le mie, in un eterno scambio tra la dimensione del personale e quella del politico; perché poi, come scriveva qualcuno tanti anni fa: “L’errore dei gruppi è non capire che la prossima rivoluzione ha dentro il personale in modo esplicito”… ma evitiamo di aprire lunghi excursus quanto intriganti divagazioni e concentriamoci sulla musica-rumore e sulle parole dei dell’anima nella serpe.

Tralasciando il lato meramente musicale su cui forse tornerò più avanti, l’approccio del duo nato sulle sponde del Ticino in quel di Turbigo, è indirizzato alla creazione un’atmosfera che sembra il punto di comunione e intersezione perfetto tra un rave in qualche capannone polveroso e fatiscente sormontato da tetti in eternit e un sabba pagano nel folto della foresta, oscillando sempre tra la festa estatica e allucinata e la trance ritualistica e sciamanica. Queste le due anime che alimentano musica, approccio e testi dei dell’anima nella serpe, una dimensione più festosa da cassa dritta e l’altra più ritualistica da streghe ed eretici che cospirano in impenetrabili boschi, in un continuum storico tra le riunioni sabbatiche e il movimento rave in quanto entrambi eventi, spazi e momenti libertari, liberi e liberati a cui il potere costituito ha reagito solamente attraverso l’arma della repressione e della tortura. Scusate la divagazione, ma il bello di un progetto e di un disco come questo è la ricchezza delle riflessioni che permette di far emergere in maniera del tutto spontanea.

Tornando ai nostri due eretici, attraverso il loro violence tekno punk, rumoroso, straziato, rabbioso, liberatorio, minaccioso e disturbante, un ibrido improvvisato, impensabile e malsano tra i Contropotere e gli FSK (l’ho davvero scritto) , riescono a parlare, anche con una certa dose di qualità poetica, di tutta la merda che in questo mondo non sopportiamo e ci fa soffrire, quella merda che vorremmo spazzare via dalla storia e distruggere lasciandone solo macerie e tristi ricordi. Testi di natura antipsichiatrica che partono da un’esperienza dolorosa e personale come un TSO per tornare alla radicale e feroce critica della repressione psichiatrica, altri in cui si scagliano in maniera feroce quanto spietata contro lo Stato democratico, la sua polizia, i suoi tribunali e la sua magistratura. O ancora un testo molto attuale sia quando è stato pensato e scritto ma anche adesso come Impicchiamoli, in cui si attaccano in maniera diretta e spietata le carceri, la repressione poliziesca del dissenso, i regimi detentivi e di tortura e tutta la merda che ne permette l’esistenza. Potrei andare avanti a scrivere parole su parole in merito a questo disco e sulle persone che sono Asja e Teo, ma è giunta l’ora che mi taccia per sempre, lasciando spazio al loro rave sabbatico in cui il personale e il politico cessano di esistere separatamente, divenendo un’unica dimensione di scontro, lotta, amore, sofferenza e mutamento radicale. Se i giorni dell’anarchia verranno, avranno il suolo e i sentimenti di questo disco.

Ah e dato che ci tengono ad esplicitato loro stessi tanto nel loro bandcamp quanto ai loro concerti, il tutto (tranne le voci) è stato pensato, scritto, suonato e registrato in un camper e senza inverter, porcodio. E quindi, se questo disco non vi piacerà, meglio così perchè è prima di tutto un manifesto dell’arte di far schifo!

tre salti per cambiare priorità // tre salti per andar lontano // tre salti per non tornare più