Eboli Odia! – Intervista ai One Day in Fukushima

Dopo aver recensito il loro demo qualche mese fa, quest’oggi porto ai lettori di Disastro Sonoro un’intervista ai One Day in Fukushima, gruppo grindcore provenienti dalla Campania che vale assolutamente la pena ascoltare e supportare. Ringrazio moltissimo Valerio e Fabrizio per la loro estrema disponibilità e per aver risposto alle seguenti domande con passione. Stay Grind e buona lettura!

Innanzitutto, come da peggior tradizione di ogni fanzine/blog, una recensione non può che iniziare con una fatidica serie di domande a raffica, utile al lettore per far capire chi si nasconde dietro al monicker “One Day in Fukushima”: chi siete, da dove venite, quando vi siete formati e di conseguenza quando vi è venuta la malsana idea di creare il gruppo?

Salve a tutti, prima di iniziare volevamo ringraziare Stefano di Disastro Sonoro per averci concesso, ancora una volta, spazio e tempo.

Qui alla tastiera sono Valerio e Fabrizio che, in questa uggiosa domenica pomeriggio di fine Ottobre, si sono beccati per fare due chiacchiere. La nostra band nasce nell’estate del 2014 per volere mio (Valerio) e di Fabrizio,  poiché entrambi accomunati dalla passione per le sonorità estreme, in particolare per il grindcore. Veniamo da un piccola cittadina in provincia di Salerno, Eboli.

L’idea di creare questa band è stata partorita, non solo per la nostra voglia di mettere su un progetto estremo, ma anche perché, dopo varie esperienze con altri gruppi, abbiamo trovato una affinità viscerale che ci ha portato a fare ciò.

Agli inizi eravamo in due, ovvero io e Fabrizio: quest’ultimo, essendo principalmente chitarrista, si occupava di tutta la sezione strumentale (chitarra, basso e programming), mentre io mi occupavo delle liriche e delle voci. Poco dopo esserci formati, abbiamo reclutato due amici di vecchia data, ovvero Vincenzo (basso) e Francesco (chitarra ritmica).

Dopo aver registrato con la formazione a due dei brani come promo (tra cui uno presente nella compilation “Italia Violenta”), abbiamo deciso, nella primavera del 2015, di concretizzare il nostro lavoro e quindi abbiamo rilasciato la prima demo (“Demo 2015”), tutto autoprodotto.

Ascoltando il vostro demo, la primissima cosa, ancora prima della musica e dei testi, che mi ha colpito è stata la bellezza del nome che avete scelto. Vi va di raccontare ai lettori di Disastro Sonoro il motivo che vi ha spinto a scegliere un nome come One Day in Fukushima, che riporta alla mente un tristemente noto disastro nucleare? A chi è venuta l’illuminazione per questo splendido monicker dal sapore post-nucleare?

Innanzitutto, grazie mille per i complimenti, siamo contenti che tale monicker sia di vostro gradimento!

L’idea venne da Fabrizio, ma in realtà fu scelto fra varie opzioni ed effettivamente, quello che trovammo più azzeccato fu proprio One Day In Fukushima. Il suddetto nome da un lato rispecchia una sorta di “cliché” alla base del genere, fatto di tematiche inerenti ad eventi catastrofici causati dall’uomo, principalmente bellici e/o atomici. Dall’altra, invece, riflette il nostro pensiero riguardo non solo i succitati eventi, ma anche la realtà che ci circonda.

Tutto ciò si può sintetizzare, appunto, nel nome scelto, che simboleggia l’egocentrismo, la malattia e la mancanza di criterio dell’uomo verso se stesso e verso ciò che ha intorno.

Quando uno ascolta i vostri pezzi si trova catapultato in un vortice rumoroso il cui ingrediente principale è un grindcore brutale che si pone perfettamente a metà strada fra la vecchia storica scuola e le sfumature più moderne del genere. Vi va di parlarci delle vostre influenze principali e del vostro sound in modo più personale ed approfondito?

Varie sono le nostre influenze: per quanto riguarda l’aspetto più strettamente musicale, abbiamo avuto la fortuna di ascoltare e di conoscere molti generi diversi, arricchendo il nostro background. Le nostre influenze possono essere cercate non solo nei nostri ascolti, ma anche in molti libri e pellicole.

Direttamente collegata alla domanda di cui sopra, domanda a bruciapelo: Elencate e se ne avete voglia commentate brevemente i 5 album che hanno catturato il vostro cuore e che hanno occupato i vostri ascolti per più tempo.

A questa domanda rispondiamo separatamente:

Valerio: sinceramente trovo difficile riassumere in pochi punti gli album che hanno catturato di più il mio cuore, dal momento che ogni album mi ha trasmesso qualcosa. E quindi, ogni disco e ogni band che adoro hanno un posto particolare dentro di me.

Fabrizio: cercare di condensare quasi una vita di musica in uno spazio così ristretto è impresa ardua, ma cercherò di fare una piccola classifica, magari con un disco diverso per ogni genere (non necessariamente d’ambito estremo) che ha contribuito alla mia crescita come musicista: 1- Pantera – Cowboys From Hell; 2- Exodus – Fabolous Disaster; 3 – Manowar – Kings Of Metal; 4 – Muse – Origin Of Symmetry; 5 – Napalm Death – From Enslavement To Obliteration.

Cosa vi ha spinto a suonare proprio questo genere di musica accompagnato da liriche cosi pregne di odio, nichilismo e misantropia? Da cosa prendete spunto per scrivere i vostri testi? Da dove nasce tutto questo odio che travolge l’ascoltatore e non gli lascia nemmeno un secondo per prendere fiato?

Ho scelto il grind come mezzo di espressione semplicemente perché è il genere in cui mi riconosco al 110%. Di conseguenza, le liriche, così cupe e ricche di immagini metaforiche, sono il mio punto di vista riguardo la quotidianità che ho intorno: tutto ciò deriva dalla poca fiducia verso l’essere umano, che ha sempre seminato odio per poi raccogliere disperazione.

Domanda di natura sociale-politica che è conseguenza naturale delle vostre liriche: citando il titolo del vostro album del 2016 (“One More Step to Extinction”), siete convinti che ormai l’uomo abbia intrapreso in modo irreparabile la strada verso una più o meno imminente estinzione? Che considerazioni avete in merito a ciò? (Liberi di dire il cazzo che volete qui)

In virtù di quanto detto precedentemente, sì, pensiamo seriamente che il viaggio dell’uomo abbia un unico e solo esito, ovvero l’estinzione.

Fin da quando l’uomo è nato ha sempre cercato di assoggettare sia i propri simili, sia l’ambiente in cui vive e quindi, questa spasmodica e nevrotica inclinazione a dominare su tutto lo porterà inevitabilmente verso la propria fine

Per un gruppo solitamente la dimensione live, i concerti, sono una parte fondamentale. Vi ricordate ancora il vostro primo concerto? Avete voglia di parlarne ai (pochi ma buoni) lettori di Disastro Sonoro?

– Il nostro primo concerto risale ad aprile del 2015.

L’evento si svolse a Napoli, organizzato da un nostro amico del circuito noise, Mario Gabola,  al 76 A.

Quella sera eravamo in compagnia non solo del progetto di Mario, ma anche di una band Noise-grind israeliana.

Rimanendo sul tema tour e concerti, avete aneddoti interessanti da lasciare ai posteri attraverso questa intervista? Qual è stato il concerto che ricordate con più piacere e quello invece che vorreste cancellare dalla vostra mente?

In linea di massima, non c’è un evento in particolare da citare, poiché, ogni concerto ci ha regalato tante emozioni e quindi abbiamo fatto tesoro di ogni circostanza.Se proprio dobbiamo citare qualche evento in particolare, ci piace sempre ricordare la tappa a Firenze 2016, di spalla ai Venomous Concept, al Cycle. Per quanto riguarda i tour, invece, non possiamo non citare, il breve tour fatto qualche settimana fa con i nostri amici pugliesi Human Slaughterhouse, persone squisite ed ottimi musicisti.

Guardando alla vostra già importante discografia si può notare la presenza di ben due split e di una partecipazione ad una compilation tributo ai Terrorizer con il brano “Infestation”. Questo, oltre le vostre fatiche, ci da l’idea di una band estremamente prolifica e che si dimostra incapace di star ferma un secondo con le mani in mano. Quanto è importante per voi suonare con altre band della scena su split e tributi vari?

I due split a cui abbiamo partecipato sono, il primo con i Genocidal Terror dal Belgio e con Intravenous Poison, band di un nostro amico.

La prima collaborazione è nata grazie all’intercessione di Marco di Zas Autoproduzioni il quale ci propose di far parte del lavoro con questi ragazzi.

Storia a parte, è lo split con Intravenous Poison: il tutto si è svolto in maniera molto semplice e amichevole, dal momento che, eravamo già in buoni rapporti con Vito (la mente dietro questo malsana one man band)

Penultima domanda: Avendo recensito ad agosto il vostro demo del 2015 ho potuto notare la bellezza della copertina, che a tratti mi ha ricordato l’artwork di “World Downfall”, pietra miliare del grindcore dei già citati maestri Terrorizer. Chi è l’autore della copertina? Ci vuoi parlare di come ti è venuta l’idea?

L’autore della copertina è Fabrizio, il quale, preso da un raptus artistico, ha iniziato a fare magheggi e collage in bianco e nero su Photoshop. Il background musicale, per quanto riguarda la tematica, ha fatto il resto.

Ultima domanda, anch’essa banale e scontata quanto la prima, ma che ci volete fare, è questa la triste vita di un giovane punx che scrive su un blog: che progetti avete per l’immediato futuro? Avete già in mente di far uscire qualcosa di nuovo? Concerti in vista?

Attualmente siamo in fase di registrazione del nostro disco, che conterrà non solo i brani della demo, ma anche numerosi inediti.

Dopo l’album abbiamo in cantiere vari lavori, primo fra tutti uno split con i grinders indonesiani Aftersundown.

Per quanto riguarda l’attività live, il prossimo 25 novembre siamo all’A-Bestial Fest#10 che si terrà all’ExCaserma di Bari e, infine, il 2 dicembre allo Spartaco di SMCV (CE) con i deathcorer Despite Exile e tante altre band, e in tal proposito, ci teniamo a ringraziare rispettivamente Stefano e Antonio per averci invitato.

Liberi di concludere l’intervista come meglio credete; sono ben accette dosi distillate di misantropia e nichilismo così da chiudere in bellezza il tutto.

Ciao.

OLTRE LA MUSICA, OLTRE IL RUMORE. DISASTRO SONORO