FLŌD – FLŌD (2025)

Termine proveniente, con molta probabilità, dall’antica lingua anglo-sassone e che sta ad indicare l’onda o la marea, FLŌD è anche il nome scelto per questo nuovo progetto solista di stanza in Bretagna, Francia, impegnato a suonare musica folk. Progetto che ho scoperto questo pomeriggio, catturato immediatamente dal bellissimo artwork di copertina che accompagna il primo omonimo album e dall’affascinante musica folk che sgorga dalle nove tracce che lo compongono.

Non folk-punk, semplicemente folk. Una musica che, nell’intento del menestrello Klemm (mente, voce, cuore e braccia dietro al progetto), si posiziona come punto d’incontro tra le sonorità tradizionali irlandesi, il folk ambientale e tendenze anarchiche prese in prestito dall’anarcho punk, più nell’attitudine e nel mood generale che nel suono. E’ questo sostanzialmente ciò che ci ritroveremo ad ascoltare addentrandoci tra i flutti e le note di questa prima fatica in studio targata FLŌD, un viaggio attraverso ballate allegre, lente arie, lamenti, melodie e componimenti che si rifanno ad una precisa tradizione musicale che guarda con attenzione in terra irlandese e altrettanto al folk marittimo, con un gusto spiccato per arrangiamenti decadenti ma allo stesso tempo delicati e orecchiabili, a tratti addirittura vicini a certe sonorità indie folk più moderne. Ne è un esempio abbastanza attendibile una bellissima traccia come Ghosts and Shadows, che nelle sue affascinanti armonie sia strumentali che della voce, riesce ad evocare facilmente lo spettro di artisti quali gli Ye Vagabonds o Daniel Norgren. Ma il registro dell’album torna subito su sentieri più tradizionali con la successiva The Shipwreck, brano completamente strumentale che si ispira in maniera palese ai jig e ai reel, due dei più classici stili musicali e di canzoni irlandesi; dove la prima parte del brano in questione è più lenta e malinconica, la seconda si assesta su un’atmosfera danzereccia e ritmi più sostenuti e allegri. Klemm, nelle note che accompagnano il brano, ci racconta che l’ispirazione per comporre quest’aria gli è venuta facendo visita ad un suo caro amico sull’isola di Inisheer, dove rimase rapito dalla bellezza del paesaggio e del relitto di un’imbarcazione che giaceva sulla spiaggia. Tutto il disco è infatti influenzato, a livello lirico-tematico, da storie di mare, dai paesaggi e dalla fauna marini, come da tradizione delle canzoni irlandesi-scozzesi.

A questa fascinazione per il mare, lungo cui si sviluppa tutto il disco, il nostro bardo francese aggiunge qua e là sfumature anarchiche-libertarie, specialmente a livello poetico e lirico, a volte recitate con toni sofferenti, altre con sprezzante decisione; è questo il caso dell’avvincente e ammaliante traccia introduttiva Seabirds, in cui la voce di Klemm recita: “Non serviremo nessuno / Staremo in piedi e ci terremo stretti con gioia / Seguiremo incautamente alcuni sogni dimenticati / E navigheremo verso il vasto mare aperto”. Altre tracce molto evocative, a livello di immagini e paesaggi della mente, grazie allo stile poetico che contraddistingue il cantastorie bretone, sono sicuramente Chimeras, con la sua struggente richiesta al fiume di portare via con sè le speranze e dubbi, The Secret Land, dalle tonalità vagamente americano-appalachiane, e la conclusiva Gone Free, un lamento funebre che si tramuta in canto liberatorio, dedicato alla memoria di una sua cara amica di nome Delphine. Sicuramente è forte e presente l’ispirazione della secolare tradizione musicale irlandese, ma quà e là durante l’ascolto di questo album mi son balzati alla mente svariati artisti che negli ultimi anni stanno provando a dare nuova linfa, in maniera personale e non scontata alla musica folk: Lankum, Mama’s Broke, Matt Elliot, Lisa O’Neill e in ambito più anarchico i più recenti Ancient Hostility e Tüül.

Per concludere questo flusso di pensieri e parole sul primo disco del progetto FLŌD, scoperto per caso e che mi ha immediatamente folgorato, posso semplicemente dire che se volete ascoltare un bellissimo disco di folk tradizionale, anarchico e ambientale allo stesso tempo, mentre vi fate cullare dal lento sciabordio del mare o sognate di naufragi tra i flutti schiumosi tra tuoni, baleni e fulmini, non dovete far altro che lasciarvi incantare dalla voce e dalla musica di Klemm. 

p.s. con questa non-recensione, rompo finalmente gli indugi e do finalmente forma concreta ad un desiderio che occupava i miei pensieri da mesi, ovvero cominciare a trattare su Disastro Sonoro anche di musica folk nelle sue diverse sfumature, da quelle più vicine al punk a quelle più distanti, ma tutte accomunate dal fatto di provenire da circuiti diy e di essere suonate da individualità anarchiche che reputo affini o complici a livello di idee e azioni. Questo perchè specialmente nell’ultimo anno, ho ascoltato tantissimi progetti e artisti validi impegnati a suonare musica folk in maniere che hanno catturato il mio interesse e la mia curiosità. State sul pezzo, prossimamente arriveranno anche delle interviste a tema folk!