Guardami negli occhi, non ho più paura.

Vago senza equilibro tra vortici di volti impenetrabili che mi scrutano in maniera famelica, alla ricerca di una smorfia di dolore o di un sorriso beffardo che possa tradire emozioni a cui non son in grado di dare nomi. Riesci a vedermi? Hai voglia di affondare i tuoi denti nella mia carne marciulenta?

Scorci di squarci che si aprono sui nostri corpi divorati dal tempo e dal timore di essere osservati da sguardi complici. Sguardi che si potrebbero fingere tali per una frazione di secondo, prima di scomparire nuovamente nel buio dell’indifferenza, abbandonandoci alla spaventosa solitudine di noi stessi.
Guarda il mio corpo, affonda le unghie, divorami prima che lo faccia l’alba. Non ho il coraggio di chiederti nient’altro. Non ho più paura dei tuoi morsi.
Stringi nuovamente quelle mani attorno al mio collo, silenzia questi mostri, non voglio più sentire le loro confuse grida; lascia che si perdano nella notte infinita vinta dall’assordante silenzio della nostra ennesima, grandiosa, sconfitta. Fragili ma inafferrabili, come il vento che soffia prima della tempesta. Come l’odore dell’aria dopo un temporale estivo. 

Bestie nate per provare dolore, incapaci di riconoscere il sapore di un effimero quanto labile attimo di gioia. Quanto è difficile comunicare, quanto è complicato farti approdare alle rive delle mie voragini più profonde e spaventose quando il mare è in burrasca e inghiotte anche il vuoto. Non restare ferma lì in bilico, tuffati e prova ad annegarci.

Prima che il giorno ci sorprenda rendendoci nuovamente due sconosciuti ingarbugliati per colpa di una voglia insaziabile, per un tiro mancino del sadico destino o per mortale abitudine alla noia. Assapora le mie inquietudini prima che tutto sia altro da noi, con quelle labbra velenose che mi sussurrano le tue voglie e le tue ombre. Riesci finalmente a vedere questo sangue che scorre come fiume in piena? Il silenzio la fuori conosce un milione di lingue e io, almeno per questa notte, non voglio stare solo. Ho perso nuovamente il filo dei tuoi desideri, mi rimangono solo manciate di frammenti qui tra queste mie mani sporche, mentre scivoliamo sempre più giù verso gli abissi della nostra miseria.  Un lamento annoiato, l’incoerenza soppressa, saliva e insoddisfazione sulle labbra, l’insofferenza per un equilibrio mai trovato e per le sue macerie.

Uniti in un abbraccio che ha il sapore acre del sangue raffermo. Fanculo, c’è una luna bellissima sta notte. Stringimi ancora più forte, confonditi col mio respiro, divorami senza pietà, ma non lasciar segni del tuo passaggio su questo corpo mai completamente messo a nudo. Guardami negli occhi ora che non ho più paura. Accetta la mia resa, come se in fondo servisse a qualcosa. Divorami.