Intervista per il numero speciale di Tutti Pazzi dedicato alle distro ed etichette DIY

Per qualcuno potrà apparire arrogante pubblicare su questo blog un’intervista che il buon caro Roberto di Tutti Pazzi mi ha fatto qualche tempo fa in occasione di un numero speciale della sua zine dedicato alle etichette diy e alle distro che gravitano dentro la scena hardcore e punk italiana. Il motivo principale per cui ho deciso di pubblicarla su qui è però solamente la volontà e la speranza che alcune riflessioni che ho avuto il piacere di sviluppare grazie alle precise ed interessanti domande fatte da Roberto, possano essere diffuse e arrivare a più persone possibili, anche a coloro che non hanno avuto la fortuna di acquistare, sfogliare o tenere tra le mani la zine cartacea. Anche perchè, dopotutto, ciò che scrivo o dico a nome di Disastro Sonoro han sempre cercato di essere contributi alla lotta dei/delle punx rivoluzionarx, destinati ad essere discussi, corretti e sopratutto messi in pratica senza perdere tempo. Spetta a noi e a nessun altrx il compito di convertire il punk in fuoco, quindi buona lettura e lunga vita all’hardcore come minaccia per questo esistente!

Presentati ai lettori della fanzine… 

Ciao a tuttx i lettori e le lettrici, i e le punx, che si imbatteranno in questa intervista! Anzittuto parto con il ringraziarti ancora una volta per l’interesse che hai mostrato nel progetto Disastro Sonoro, mai avrei pensato di rispondere ad un’intervista parlando del mio blog e della mia distro nella mia vitaccia da punx di provincia. Probabilmente mai ci avrei pensato perchè affetto da una strana sindrome dell’impostore che mi perseguita ma che spero di poter esorcizzare proprio accettando di rispondere a queste domande. Ecco se proprio devo presentarmi in sintesi sono questo: Stefano, un punx anarchico cresciuto tra metal estremo, tensioni di rivolta e la noia del quieto vivere di provincia pronto ad inghiottire tutto e tutti e a condannarci a morte lenta. 

Come nasce la tua etichetta? 

Per farla breve e leggermente cronologica, la mia distro (etichetta è un termine davvero troppo lontano dalla mia idea di coproduzione, DIY e scena hardcore punk ahah) nasce intorno al 2018 dopo anni e anni di ragionamenti e sopratutto di stima nei confronti di tantissime distro di compagnx e punx che ho conosciuto in giro per concerti e situazioni. Ogni mia serata finiva sempre allo stesso modo: andavo ad un concerto e perdevo la maggior parte del tempo a guardare i dischi delle distro in cui mi imbattevo, discutevo e chiacchieravo con le persone che le gestivano e che mi han sempre dato moltissimi stimoli su cui ragionare e mi ripetevo nella testa “potresti averne una tutta tua e supportare in questo modo la scena!“. Pensavo di non esserne all’altezza ma poi mi son detto: “cazzo ma è il DIY, puoi farlo, è quello che insegnano l’hardcore e il punk dopotutto, buttati e non pensarci più!” ed eccoci qui a distanza di anni a rispondere alla tua intervista caro Robi per un numero di Tutti Pazzi completamente dedicato a etichette DIY e distro che non vedo l’ora di avere tra le mani, sfogliare e leggere! 

Cosi a pochi mesi dal momento in cui l’idea di avere una distro si faceva sempre più concreta, contatto i Nofu (una delle mie band hardcore preferite) che all’epoca stavano cercando coproduttori per “Qui ed Ora” (aihmè ultima loro pubblicazione prima di sciogliersi) e proposi loro di dargli una mano nella coproduzione e distribuzione del disco. Non avevo ancora coprodotto nulla, mi sembrava un passo decisamente azzardato e forse troppo lungo iniziare proponendo il mio aiuto ai Nofu, band con cui son cresciuto nel corso degli anni a cavallo tra fine e post adolescenza. Ero convinto avrebbero rifutato e invece con estremo stupore accettaronno mostrandosi profondamente gioiosi, smentendo la mia convinzione e dimostrandomi ancora una volta che pratiche come il do it yourself, il sostegno reciproco, il supporto e la collaborazione andavano davvero oltre tutte quelle dinamiche dell’industria discografica mainstream votata solo al profitto e alla mercificazione. Qui e Ora fu pubblicato da una vera e propria cospirazione diy, le mie copie furono letteralmente saccheggiate nel giro di pochissimo tempo ed ancora oggi rappresenta una delle coproduzioni a cui sono più affezionato e legato. Se oggi Disastro Sonoro esiste e resiste come distro, devo dire ancora una volta grazie alla fiducia che i Nofu mi hanno dato in quel momento e a tutte le band che hanno voluto e accettato una mano da me nella coproduzione dei loro dischi. 

Oltre alla tua etichetta hai anche un bellissimo blog…me ne puoi parlare? 

“Bellissimo” è una esagerazione, ma mi tengo strettissimo questo complimento. Significa che alla fine qualcosa di buono sono capace di farlo e trasmetterlo a chi si imbatte in Disastro Sonoro a in tutti i contenuti che scrivo e pubblico. Si perchè senza blog probabilmente la distro non sarebbe esistita, visto che Disastro Sonoro nasce addirittura nel 2017 e la sua prima incarnazione è esattamente quella di blog/webzine. Diciamo che l’idea di dare vita a Disastro Sonoro nasce principalmente per tre ragioni: mi è sempre piaciuto raccontare e condividere argomenti legati alla musica che ascolto; ho sempre avuto una profonda fascinazione per tutto quel mondo delle fanzine, delle riviste e dei blog di musica e sottocultura punk; e infine per dare una mia personale per quanto piccola forma di supporto alla scena hardcore punk che a quei tempi stavo iniziando ad attraversare e vivere con più frequenza, anche solo attraverso la scrittura di articoli, non-recensioni e interviste. Così molto banalmente, nell’eternità di un’estate terribile, ingabbiato in una provincia deserta e fantasma, tra l’ascolto di un disco dei Kalashnikov Collective e uno dei Negazione, nel luglio del 2017 Disastro Sonoro prende vita con la pubblicazione della mia prima “non-recensione”, ovvero “Solo Selvaggi” degli immortali Contropotere. 

Da quel momento in avanti posso ammettere senza troppi problemi che Disastro Sonoro è stata e continua ad essere uno dei pochi progetti della mia vita in cui riesco ad avere una certa costanza, che continua a darmi nuovi stimoli e che nel corso degli anni mi ha permesso di conoscere, riconoscere e incontrare personalità affini e complici con cui condividere non solo amicizie e gusti “musicali”, ma soprattutto una precisa visione di cosa si intende quando si parla di punk e di hardcore. Una visione che da qualche anno mi piace sintetizzare in un semplice quanto immediato “l’hardcore è ancora una minaccia!”, riconoscendo in questa musica nient’altro che un mezzo per esprimere le proprie tensioni di rivolta, resistenza e attacco a questo esistente perpetuato a colpi di repressione, oppressione, sfruttamento e alienazione in nome del profitto. Come direbbero i/le compagnx di Profane Existence: make punk a threat again! 

Alla fine, sintetizzando, tutto quello che scrivo sul blog, dalle interviste agli articoli con le mie riflessioni, non vogliono essere altro che dei contributi alla lotta dei/delle punx rivoluzionar*, destinati ad essere discussi, corretti e soprattutto messi in pratica senza perdere tempo. Esattamente come vorrei passassero le risposte che sto dando a questa tua intervista. 

Visto che il tuo blog è ricchissimo di notizie,interviste etc….hai mai pensato di farlo cartaceo? Un tuo parere sule zines cartacee,quali conosci e secondo te sono così importanti come contributo nella scena underground? 

L’idea e la voglia di rendere Disastro Sonoro una fanzine cartacea esiste dal giorno zero e rimane viva nella mia testa ancora oggi. Durante l’estate del 2019 ho provato addirittura a iniziare a lavorare seriamente ad una versione fisica e cartacea ma poi, principalmente per mancanza di capacità grafiche e di impaginazione degne di una pubblicazione e per la mia incapacità di riconoscere un qualsivoglia valore e validità in quello che faccio, ho rimandato il progetto fino ad oggi. Però, senza creare aspettative che rischierebbero di non esser mantenute, posso annunciare che i lavori per un primo numero di Disastro Sonoro cartaceo potrebbero riniziare a breve e vedere la luce in un futuro nemmeno troppo remoto. 

Il desiderio e l’intento di rendere Disastro Sonoro una fanzine nascono principalmente dal fatto che trovo le fanzine in versione fisica più interessanti dal punto di vista della condivisione e della possibilità di intrecciare rapporti reali con individualità affini all’interno della scena e della nostra comunità. Certamente una piattaforma come il blog permette una maggiore esposizione e una maggiore facilità nel raggiungere un pubblico più ampio di lettori, ma è davvero questo che ricerchiamo? Personalmente no. Se parlo e scrivo di punk non lo faccio di certo per avere mille lettori, avere mille condivisioni o per aver chissà quale seguito. Al contrario il motivo che mi spinge tuttora a scrivere di punk e hardcore, oltre ad una passione viscerale per questa musica e sottocultura, è sempre e solo la possibilità di incrociare e condividersi con individualità affini nelle tensioni, nelle pratiche e nei desideri nei confronti di questo esistente di merda. Quindi si, credo che una fanzine cartacea renda più semplice la possibilità di conoscersi e riconoscersi costruendo relazioni più intense e reali fatte di scambi, discussioni e contrasti, abbattendo quella barriera artificiale e spersonalizzante rappresentata da uno schermo e da quelle dinamiche di condivisioni, like e “follower” che sono l’opposto di ciò che ricerco in una scena e in una comunità come quella punk e hardcore. Fanzine cartacea per me continua a far rima con “qualità” invece che con quantità. Dove per qualità si intende l’interazione che esiste tra chi scrive e pubblica e chi riceve e sfoglia le pagine. 

Per concludere, cercando di essere il più breve possibile nonostante non conosca il dono della sintesi, le fanzine che negli anni hanno catturato il mio interesse e al contempo ispirato sono diverse, da quelle più storiche e che guardo con ammirazione da anni come la tua Tutti Pazzi a quelle che definire fanzine forse è troppo riduttivo visto la mole di contenuti che ospita come la bellissima Lungi da Me. Una fanzine che vorrei consigliare a tuttx è Just a Nightmare di Alex dei Disease, fanzine interamente dedicata al d-beat e al cosiddetto raw punk che viene pubblicata mensilmente in perfetto stile DIY! 

Come nasce una tua coproduzione? Ti è mai capitato di seguire una band anche nella stesura di un lavoro oppure in fase di registrazione? 

Il modo in cui nasce una mia coproduzione è molto semplice e segue un principio che ho adottato dal primo giorno in cui ho aperto il blog, ovvero non sprecare tempo ed energie con qualcosa che non mi piace. Mi spiego. In moltissimi blog, webzine, fanzine e riviste che trattano di musica ci si imbatte spesso in recensioni negative di wannabe “critici musicali di professione” che perdono tempo ed energie a parlare male di una band o di un album. Che senso ha tutto questo? Sopratutto per quanta riguarda il nostro piccolo mondo, che senso ha perdere tempo a “recensire” band o dischi che non ci piacciono o di cui finiremmo per parlare con toni negativi? Ecco perchè da sempre su Disastro Sonoro ho deciso di parlare di band e dischi che mi piacciono e che mi ascolto volentieri, lasciando spazio ad una forma spontanea e sincera di supporto e passione. Praticamente allo stesso modo mi approccio alle coproduzioni, cercando di dare una mano a band a cui son legato in termini di amicizia, di stima o con cui condivido tensioni, pensieri e attitudini, che suonano qualcosa che mi interessa o, ancora meglio, che fanno già parte dei miei ascolti. Proprio per questo preferisco coprodurre band il cui disco sono sicuro sarei io il primo ad ascoltare dieci volte di fila o a comprare se lo trovassi in un’altra distro ad un concerto. Tutti i dischi che finora ho avuto la fortuna e il piacere di coprodurre torno ad ascoltarli costantemente, dal già citato “Qui e Ora” dei Nofu all’ultimo devastante split tra i One Day in Fukushima e gli indonesiani Aftersundown! 

Per rispondere alla seconda parte della tua domanda, purtroppo devo dirti di no, non ho ancora avuto la fortuna di seguire una band anche nella fase di stesura di un disco o in quella di registrazione, ma è sicuramente un processo che prima o poi mi piacerebbe condividere con qualche gruppo. 

Tu graviti nella scena milanese…come la giudichi? Credi che si sia un pò perso quello spirito che contraddistingueva la scena HC/Punk di anni fa oppure noti una continua crescita? 

Il mio approccio nei confronti della scena hardcore punk è storicamente polemico ma per il semplice fatto che io sono una persona sostanzialmente istintiva e dunque spesso mi lascio trasportare dall’impulsività ed emotività quando vedo, leggo e percepisco qualcosa che si distanzia in maniera netta dal mio sentito e le mie tensioni. 

Fatta questa premessa, parlando nello specifico della scena milanese posso solo spendere parole d’amore e di affetto perché mi ha accolto e fatto sentire a casa dal primo giorno in cui ho iniziato a frequentarla. Ricordo ancora i complimenti e le parole di stima ricevuti da tantissimx individualità appartenenti alla scena milanese durante i primi anni di esistenza del blog, quando mi ritrovavo a scrivere i live report dei matinee in T28 o di qualche concerto pomeridiano in Villa Vegan. Blog che mi ha permesso di stringere amicizie e relazioni reali con tantx individualità che hanno attraversato o continuano ad attraversare la scena milanese e non. 

Io credo sinceramente che lo spirito non si sia mai realmente spento, ma che in alcuni momenti potrebbe aver dato l’impressione di essersi sopito per una serie di ragioni che non starò qui ad elencare. C’è anche da dire che la scena milanese è si ampia e variegata ma allo stesso tempo molto unita e capace di essere comunità prima ancora che solo “scena musicale” . E secondo me questa unità l’ha dimostrata sia nel corso degli anni con l’organizzazione delle devastanti 5 Giornate DIY, sia dallo scoppio della pandemia ad oggi, riuscendo, con tutte le difficoltà del caso e le criticità, a prendersi momenti di confronto per tentare di continuare a costruire momenti di condivisione come taz, concerti e situazioni simili. Per fare due esempi che mi son molto a cuore e in cui ho potuto toccare con mano un senso di comunità e unione reale della scena, ci tengo a ricordare la Taz in Corvetto del Luglio 2020, prima taz post lockdown, e la due giorni per i 23 anni di Villa Vegan di questa estate. Due situazioni che hanno visto la partecipazione di davvero tantissime persone e di momenti legati all’hardcore e al punk che andavano oltre la semplice forma concerto, con spazio lasciato anche a presentazioni di libri, serigrafie, distro o documentari.  

Documentari come il recente Uragano negli Occhi prodotto da FOA Boccaccio rappresentano una testimonianza molto fedele di cosa è stata la scena hardcore milanese dal 2015 ad oggi, non solo in termini di musica ma anche e soprattutto di pratiche quali l’autorganizzazione, il DIY o le autoproduzioni. Una retrospettiva che mostra come la scena milanese anche negli anni più recenti è stata viva e fertile e che probabilmente “lo spirito continua!” nonostante tutte le difficoltà reali o apparenti. 

Una delle caratteristiche della scena hardcore e punk milanese che mi ha sempre affascinato è stata l’esistenza di molti collettivi e realtà differenti, ma che facevano di queste differenze una forza e una possibilità di incontro, condivisione e costruzione di momenti e situazioni. Sono tanti i collettivi o le realtà occupate ed autogestite della scena milanese a cui son legato e di cui ho stima, ma non starò qui a fare un elenco stile lista della spesa. Ci tengo però a sottolineare che se da una parte un’esperienza unica come quella delle 5 Giornate DIY è “finita” essendo qualche anno che non si ripropone una situazione simile, dall’altra collettivi più recenti e giovani come Giorni Neri o realtà occupate come Villa Vegan o T28 hanno dimostrato e continuano a dimostrare che organizzare concerti legati a doppio filo con pratiche quali benefit, solidarietà e lotta politica è ancora qualcosa di attuale, possibile e assolutamente fondamentale. 

Infine credo sarebbe sbagliato parlare di una crescita, perché oggettivamente una scena come quella hardcore punk è per sua natura “di nicchia” (senza dar a questo termine nessun tipo di accezione valoriale). Sicuramente quello che sto riuscendo a vedere ultimamente è però la capacità di recuperare quel senso di comunità, unione, collaborazione e supporto che è fondamentale per sopravvivere e dare nuova linfa vitale a tutte quelle pratiche legate all’hardcore e al punk come occupazioni, autogestioni, autoproduzioni e lotte

Capita che alcune bands in puro stile DIY facciano trovare sui propri lavori il famigerato bollino SIAE(per svariati motivi)….ciò può essere compromettente per un’attitudine prettamente HC/Punk? 

Di impatto mi verrebbe da rispondere “Death to capitalist hardcore” citando il titolo di un fondamentale disco dei Sore Throat. Volendo approfondire la mia posizione, nel mio personale approccio al punk e all’hardcore non c’è spazio per velleità di profitto o scendere a compromessi con le dinamiche dell’industria discografica mainstream. Se suoni un certo genere musicale con un’attitudine o un’etica DIY dovresti farlo in netto contrasto non solo con questo mondo ma anche con i suoi strumenti e la sua tendenza a rendere tutto merce e a mediare ogni interazione e relazione attraverso la ricerca di un profitto. Senza inutilmente illudersi in una scena punk realmente rivoluzionaria o quanto meno mossa da tensioni insurrezionali nei confronti di un’esistente dominato dallo Stato e dal Capitale, quanto meno dovremmo continuare a ribadire che pratiche come il do it yourself o l’autoproduzione non possono diventare modi alternativi per vendere una merce “sedicente alternativa” come può essere un disco punk hardcore, una fanzine o una maglietta serigrafata. Quindi si, in sostanza per come mi vivo io questa determinata scena, accettare di presentare il bollino SIAE sul proprio disco (così come fare pagare più di un tot una fanzine, un album o un libro) entra in contrasto netto con i motivi che dovrebbero spingere a registrare, stampare e diffondere un disco punk hardcore. 

Per dirla con i Tear Me Down, che son stati sicuramente più chiari e conciso del sottoscritto: “No, non ci servono astuti produttori, bottegai e commercianti, usurai e tirapiedi, contiamo su di noi, stiamo in piedi da soli. Sangue, sudore e lacrime: e’ questo il punk hc. Hc autogestito per la sovversione, unire le forze, annientare l’oppressione, unita’ d’ azione…rivoluzione!” 

Fanzines,distro,labels etc….ma alla fine mi pare che il tutto gira sempre attraverso le solite persone….possibile che non si trovi uno sbocco per riuscire ad ampliare un determinato discorso? 

Stavo per rispondere a questa domanda poco sopra quando mi hai chiesto della scena milanese. Per me il discorso è molto semplice. Non sbagli certamente a sostenere che tutto giri attorno e attraverso le solite persone, ma la realtà dei fatti è che siamo in pochi e che un ricambio generazionale all’interno della scena (quantomeno quella milanese che conosco meglio) tarda ad arrivare. Quali siano le cause di questa difficoltà nell’ incontrare e attirare nuove individualità forse non è così impossibile da sapere, ma necessita sicuramente un profondo e impegnativo processo di autocritica che dovremmo tuttx noi compiere. 

Tornando invece a parlare di qualità vs quantità, l’ampliamento di un “nostro” discorso dovrebbe avere come fine principalmente non un obiettivo numerico, bensì qualitativo. Che importanza ha se ad una serata o ad una taz vengono TOT persone se il modo in cui la maggior parte di esse si vive e attraversa una determinata situazione e/o spazio non si distanzia poi molto dal modo in cui pagherebbero per andare in un locale, una discoteca o in un pub?  

Da punx anarchico e sempre con il dente avvelenato, ribadisco che non mi interessa ampliare un discorso se quel discorso deve scendere a compromessi con dinamiche che non appartengono all’hardcore e al punk come tensioni, pratiche ed etica prima ancora che come generi musicali. Se vado ad un concerto o organizzo una taz lo faccio per condividere tensioni che mi spingono ad agire e organizzarmi con personalità affini e complici, non certo per ricercare un pubblico più ampio che paga per ascoltarsi la band X, poga e poi se ne torna a casa, rendendo di fatto i nostri spazi e le nostre situazione nient’altro che una brutta copia “alternativa” della socialità mediata dalla merce e dal Capitale. 

Se ampliare il discorso significa invece incontrarsi e conoscere persone con cui condividere pratiche, tensioni e una precisa visione del punk, allora si credo che tuttx ne siamo d’accordo e forse ci fa sentire un po’ disillusi questa difficoltà nel non riuscire a condividere con individualità altrx e nuove le nostre pratiche e i nostri orizzonti che oltrepassano i confini della scena e del mero lato musicale

Puoi svelarmi qualche tua anticipazione per il 2022 ? 

L’unica anticipazione che ti posso dare praticamente per certa è che i Suicide by Cop, band di amicx impegnata a suonare death-grind tritaossa, stanno ultimando le registrazioni del nuovo disco e che sicuramente Disastro Sonoro sarà impegnata nella sua coproduzione. Invito tuttx non solo ad andarvi ad ascoltare la demotape pubblicato due anni fa, ma assolutamente di vederli suonare dal vivo appena ne avrete l’occasione!  

Un’altra band che mi piacerebbe coprodurre nel corso del 2022, per questioni di amicizia e di gusti musicali, sono i nuovissimi Misophonia, band noise-violence nata da pochissimo ma con facce arcinote della scena powerviolence, fastcore e grindcore milanese. Anche loro hanno appena pubblicato un’ep promo intitolato “…It’ Shit” che senza forse merita più di un ascolto. E se vi capita non perdeteveli dal vivo che sono una macchina da guerra, ve lo assicuro. 

A te le ultime parole…. 

Essere punx per ribadire ancora una volta che non si tratta solo di musica o di rumore, ma di schierarsi e di agire sempre in direzione ostinata e contraria attraverso pratiche quali l’autogestione, la solidarietà e l’azione diretta, spinti dalla rabbia verso l’esistente che ci opprime ogni giorno e da tensioni sovversive verso quest’ultimo. Per riconoscere individualità affini e complici con cui respirare insieme, cospirare e tornare a rendere l’hardcore una minaccia reale. Perchè il punk di tutte queste tensioni dovrebbe essere il mezzo e mai divenire un fine innocuo fatto di slogan urlati in un microfono impotente. Lasciarsi condannare a morte nell’apparente quieto vivere o insorgere e tentare di sovvertirlo? Rimanere immobili nella ripetizione inoffensiva della nostra stessa musica, ingabbiati in una scena che rischia di soffocarci, o armare realmente le parole che urliamo e cantiamo, per sferrare colpi mortali a questo mondo che vogliamo vedere ridotto in macerie?  A noi la scelta, senza scordare che oggi più che mai prendere posizione significa farsi terra bruciata attorno. A noi il compito di convertire le parole in fuoco. Lo spirito continua, l’hardcore è ancora una minaccia! 

Lunga vita alle cospirazioni DIY e a tutte le distro impegnate a diffondere la minaccia del punk e dell’hardcore in tutte le sue forme!