Kontatto – Fino Alla Fine (2017)

Immaginate se i Wretched dei seminali “In Nome del Loro Potere Tutto è Stato Fatto” (1983) e “Finirà Mai?” (1984) fossero cresciuti a stretto contatto con la scena d-beat/crust svedese a cavallo tra gli anni ’80 e i primi ’90 e, pur preservando tutto il loro grezzume e la bellezza annichilente del loro “caos non musica”, avessero appreso la lezione di Avskum, Driller Killer e Anti Cimex e, per quanto riguarda il gusto per certe linee melodiche di immediato impatto, di Disfear e in parte dei Wolfpack/Wolfbrigade, cosa ci troveremmo ad ascoltare quest’oggi? Oppure provate a pensare se gli Eu’s Arse del primordiale “Lo Stato ha Bisogno di Te? Bene, Fottilo!” (1982) suonassero il punk-hardcore a la maniera selvaggia e distruttiva dei giapponesi Death Side, cosa ne verrebbe fuori? Se avete risposto senza pensarci troppo “i Kontatto”, beh cari miei vi posso assicurare che il risultato finale difficilmente potrebbe suonare troppo diverso da questo “Fino Alla Fine”, ultima fatica in studio per i nostri cinque punk bolognesi. Dopotutto l’influenza primordiale dei Wretched (e degli Eu’s Arse) sulla musica e sulle liriche dei Kontatto può essere considerata una costante nella ormai pluridecennale carriera dei nostri; costante che i Kontatto hanno saputo trasformare fin dagli inizi in un loro punto di forza, riuscendo a reinterpretare questa lezione, fondamentale per chiunque si approcci al punk-hardcore in Italia, in maniera del tutto originale e personale e questo è merito soprattutto della loro indiscutibile qualità nel songwriting e dell’ottima tecnica strumentale che contraddistingue Marzia dietro le pelli, Koppa e Febo alle chitarre e Ago al basso. Per non parlare poi delle vocals abrasive e corrosive di Mario che ricordano in molti passaggi una versione ancora piú grezza e incazzata della voce di Giamario dei soliti Wretched. Inoltre possiamo notare come i bolognesi non si facciano alcun problema ad omaggiare in maniera palese lo storico gruppo punk milanese già a partire dalla copertina sulla quale possiamo gustarci un punk raffigurato in bianco e nero che indossa proprio una maglietta dei Wretched.

Ma quali spensierati e leggeri, i Kontatto mostrano fin da subito le loro intenzioni e la loro attitudine sincera, spazzando via ogni dubbio (caso mai qualcuno ne avesse ancora) sull’essenza del loro punk hardcore con l’iniziale “Rifiuto”, una mazzata diretta sui denti che ci inizia a questo “Fino alla Fine”. Un pezzo che non lascia spazio ad interpretazioni fuorvianti su ciò che che li anima e che li spinge ancora dopo anni a concentrare tutto il loro odio e la loro rabbia nelle undici tracce che compongono questo “Fino Alla Fine” e che ci colpiranno violentemente senza lasciarci via di scampo. “Rifiuto”, stando a quanto ci dicono gli stessi Kontatto, é una delle primissime canzoni da loro scritte nel lontano 1998 e concentra in pochi minuto tutta l’avversione che i nostri nutrono nei confronti di autorità e istituzioni repressive ed oppressive come l’esercito, la chiesa, la politica parlamentare o la polizia; rifiuto di ogni logica di potere, di ogni forma di oppressione, di governo e di sfruttamento.  Si tratta dunque di “una sorta di manifesto che nel corso degli anni non è mutato” per i Kontatto e per tutti coloro che hanno scelto “una vita agitata” (citando i Contrasto) abbracciando l’ideale anarchico e la lotta rivoluzionaria contro Stato e Capitale.

L’album prosegue con un altro brano anthemico come solo i Kontatto sanno scrivere. Sto parlando di “Liberi Armati Pericolosi”, titolo che è una citazione di un film poliziesco all’italiana degli anni ’70 ma che a differenza dell’opera cinematografica non fa riferimento a tre ragazzi annoiati dell’alta borghesia che delinquono per divertimento, bensì è un’invettiva chiara contro un’altra categoria di delinquenti, ossia coloro che nascosti dietro una divisa, armati di manganello, seminano morte e violenza in nome della legge. Coloro che ricoprono il ruolo repressivo di braccio armato dello Stato e a difesa dei privilegi della classe dominante. Una presa di posizione netta e assolutamente condivisibile quella espressa dai Kontatto in questo secondo pezzo, sicuramente a livello anche di riff e melodie, uno dei migliori dell’album.

“Avete Perso”, brano con cui prosegue l’album, è bile corrosiva allo stato puro che i bolognesi sputano in faccia alla “massa di carcasse incapace di decidere con la propria testa”, senza fare troppi complimenti. “Fate Schifo” urla la voce abrasiva di Mario e non credo serva aggiungere altro. Si continua con un altro pezzaccio come solo i Kontatto sanno scrivere e il cui titolo è un altro tributo ad un famosissimo thriller degli anni ’80, ossia “Sotto il Vestito Niente”. Canzone che nei riff, nell’assolo e nel martellante ritmo d-beat suonato dalla Marziona, mi ha ricordato molto il sound dei giapponesi Death Side e le cose fatte nel loro strabiliante “Wasted Dream”.

“Non serve venite dall’altra parte del pianeta per essere illegali in un contesto, geografico e politico che sia. Chi rifiuta di amalgamarsi alla massa è clandestino anche all’interno dei patrii confini. Con forza e rabbia ci teniamo a gridare la nostra condizione di clandestinità all’intento di questa sporca società. Siamo tutti clandestini!”. Questa è la spiegazione che danno i nostri cinque Punx bolognesi preferiti al sesto pezzo “Sono un Clandestino”. La capacità dei nostri di costruire linee melodiche e vocali che si stampano immediatamente in testa è sicuramente uno dei loro punti di forza da sempre e questa sesta traccia, sospsesa a metá tra melodie/riff scuola hardcore svedese (Wolfbrigade su tutti) e suoni sporchi di casa Wretched, ne è un esempio perfetto con il suo ripetere incessante <<Sono un clandestino in fuga per la libertá, non mi avrete mai!>>. Ennesimo pezzaccio anthemico scritto dai Kontatto e certamente uno degli episodi migliori del disco. Grido disperato di liberazione e libertá da urlare a squarciagola ai concerti.

Ma giungiamo finalmente al vero e proprio manifesto dei Kontatto e probabilmente a mani basse il pezzo che si staglia su tutti gli altri per qualità, liriche e bellezza. Sto parlando della title-track di questo “Fino alla Fine”, brano in cui i nostri concentrano tutta loro esistenza pluridecennale, la loro passione, la loro coerenza di ideali, la loro attitudine sinceramente punk e anarchica. Inoltre il mood generale e alcuni passaggi sopratutto vocali (“prima o poi capirai” per fare un esempio) mi hanno ricordato il cavallo di battaglia dei pluricitati Wretched “Spero Venga la Guerra”. Canzone che è il riassunto migliore di una presa di coscienza avvenuta durante un percorso iniziato dieci anni fa e che si è rafforzata tappa dopo tappa, disco dopo disco. Un percorso che da “Disillusione” del 2008, passando per “Mai Come Voi” del 2010, e approdando oggi a questo “Fino alla Fine” mette nero su bianco un messaggio di fondamentale importanza che vale per i Kontatto e per tutti noi: <<È troppo presto per arrendersi ma è troppo tardi per cambiare e ricominciare fa zero, o per approdare a lidi che non ci interessano. Nel corso degli anni abbiamo imparato tanto ma non abbiamo nulla da insegnare se non una cosa: sii te stesso, fino in fondo.>> Capolavoro. Fino alla fine, sempre noi stessi. Fino alla fine senza compromessi!

Difficile scrivere parole per i pezzi che verranno dopo la title-track, ma ci proveró per l’amore incondizionato che provo nei confronti dei Kontatto e per quello che ha saputo trasmettermi “Fino alla Fine”, lavoro che ritengo senza troppi problemi la cosa migliore uscita nel panorama punk italiano in tutto il 2017. Torniamo a parlare delle canzoni che ritengo essere piú interessanti presenti sulla lato B del disco. Certamente impossibile rimanere passivi e impassibili dinanzi alla rabbia e all’odio tramutati in musica del pezzo “Spettri di Morte”, un pezzo più attuale che mai visto che si scaglia contro il ritorno (ma se ne erano mai andati?…) del morbo nazifascista, uscito dalle fogne, a causa della crisi economica e dei flussi migratori, e che sta infestando le strade con il suo tanto di morte. Senza entrare in divagazioni storico-politiche, per chi vede i due fenomeni estremamente collegati, è innegabile che ogniqualvolta il capitalismo si trovi in una situazione ciclica di estrema crisi, esso si serva della forza reazionaria e controrivoluzionaria per eccellenza (il fascismo) per scatenare e alimentare la guerra tra poveri e in questo modo per spegnere sul nascere ogni possibilità di insurrezione della classe sfruttata, sia autocotona che migrante. Il messaggio del pezzo è chiaro: Sempre contro ogni forma di fascismo!

Il disco si chiude con l’ennesimo brano-manifesto scritto dai Kontatto. “Non è Competizione” difatti fa riferimento alla filosofia di vita e all’attitudine DIY che anima e tiene in vita la scena punk. Non c’è competizione, non c’è ricerca di profitti, fuori dai coglioni le logiche di domanda/offerta tipiche del mercato e dei locali patinati. La strada che scegliamo di seguire noi tutti, chi organizza concerti, chi tiene vivi e vive gli spazi occupati, chi stampa dischi, chi suona, chi disegna locandine e flyer e pure gli stronzi come me che scrivono su fanzine o blog, è quella dell’autogestione, del Do It Yourself, del fare le cose per passione e non per guadagnarci, della complicità e della solidarietà tra compagni e compagne, della condivisione delle gioie e dei fallimenti, della lotta antagonista. Perché il punk non è solo musica, non mi stancheró mai di ripeterlo. Per alcuni il punk è moda, è un genere musicale come tanti altri, è competizione. Riprendendo quanto scrivono i Kontatto, condividendolo totalmente: <<Noi continueremo per la nostra strada… Sempre in salita ma con abbastanza fiato per gridare in faccia a quelli come loro che il Punk è unione e non competizione!>>

Il biennio 2016/2017 è stato certamente incredibile per quanto riguarda le uscite in ambito D-Beat/Hardcore, basti pensare a “List” dei Martyrdöd e a “Run With the Devil” dei Wolfbrigade, ma anche al meno noto “Ancora” degli Odio di Oakland. Questo “Fino Alla Fine” dimostra nuovamente che i Kontatto posono essere annoverati tra i migliori esponenti del genere a livello internazionale, con i loro brani anthemici e diretti, le loro liriche schierate, la loro attitudine punk, la loro passione sincera e la completa maturitá che hanno ormai raggiunto a livello di songwriting e di qualitá tecnica. Aggiungiamoci poi il fatto che hanno dalla loro parte una particolare caratteristica che pochissimi gruppi possono vantare: le canzoni che scrivono si stampano in tedta e ci rimangono impresse a lungo! “Fino alla Fine” è quindi tutto ciò che dovrebbe essere un disco punk, suona 100% Kontatto e parla la lingua dell’insurrezione, della rabbia, dell’anarchia. Album da avere a tutti i costi e da consumare a furia di ascoltarlo! 

Fino alla fine, per sempre noi stessi. Fino alla fine senza compromessi!