“Le persone non vogliono addormentarsi nella monotonia omologata della provincia” – Intervista agli Horrid Human Condition

Bari, a sud dell’inferno italico. In queste lande disperate, provincia profonda dell’impero, da qualche tempo si muovono gli Horrid Human Condition, una nuova entità dedita a diffondere sonorità crust-grind con un attitudine antagonista e una presa di posizione netta e chiara contro ogni forma di oppressione e violenza esercitata dal potere. Ho avuto il piacere di fare qualche domanda a Carlo, Marino, Claudio e Alessandro e ora potete finalmente leggere le loro idee, le loro riflessioni e le loro parole sullo stato di cose attuali, tanto a livello locale quanto globale. Addentratevi in questa intervista per comprendere cosa sia l’ “orrenda condizione umana” e per saperne di più su questa nuova band, buona lettura e teniamoci prontx a lottare tuttx insieme!

Ciao ragazzi, benvenuti su Disastro Sonoro! Partiamo col botto, a cosa fa riferimento l’orribile condizione umana con cui avete scelto di chiamare la vostra band? Quali sono gli orrori che l’essere umano subisce e di cui è responsabile oggigiorno secondo voi?

Riteniamo che “orrida”, “orribile” o aggettivi simili siano gli unici appropriati per descrivere la condizione umana, sia oggi che in passato e in futuro, cioè fin quando esisteranno dei sistemi di potere che de-umanizzeranno l’umano: in altre parole, la subordinazione di una persona, con tutta la sua complessità e le sue sfaccettature, a un potere – che sia politico, religioso, sociale o morale – la appiattisce, la aliena; viene considerata dal potere come un semplice dato o una risorsa da sfruttare. Quindi, da un lato chi detiene il potere e causa l’orrida condizione umana, e dall’altro una netta maggioranza che la subisce. Da un lato i milioni di braccianti, operai e manovali che lavorano più di metà giornata per ricevere quattro lire vigliacche (cit.) e tornare a casa troppo stanchi per poter pensare o fare qualsiasi cosa. In queste condizioni è difficile pensare o formulare qualsiasi cosa che non sia rabbia, frustrazione e sconforto verso gli altri e, in una certa misura, anche verso di sé.

Dall’altro lato, per esempio, ciò che sta succedendo a Gaza: ogni giorno vediamo il numero delle vittime del genocidio aumentare, sentiamo parlare di trentamila, quarantamila morti, quindicimila bambini uccisi, ma dietro quei numeri c’erano esseri umani con un proprio carattere, delle proprie ambizioni, una propria socialità. Il cinismo con cui questi universi complessi vengono ridotti a numeri astratti da chi li stermina e l’indifferenza di chi, da lontano, gira la testa dall’altra parte sono il trionfo dell’orrida condizione umana.

Quando nascono gli Horrid Human Condition e sopratutto perché? Cosa vi ha spinto a suonare insieme?

Prima di formare la band ci conoscevamo già fra di noi. Ogni tanto scherziamo sul fatto che la “scena metal monopolitana” (virgolette obbligatorie) sia formata da sei-sette persone, quindi giocoforza ci conosciamo un po’ tutti. Marino e Alessandro provengono dal fortunato progetto Blackened Hardcore “laCasta”, ormai giunto a dieci anni di carriera. Mentre Claudio e Marino hanno cominciato a suonare insieme circa quattro anni fa nei Nigredo, un progetto Death ‘n’ Roll. Ma accanto – e in una certa misura anche dentro – questi progetti c’è sempre stata la voglia di suonare qualcosa di più brutale, più diretto, più punk. Il tassello mancante ci è cascato addosso, come un deus ex machina, a un concerto degli Hate & Merda a Molfetta nell’estate 2022: lì abbiamo conosciuto Carlo, che sposava in tutto e per tutto queste nostre idee. Da lì in poi tutto è proceduto spontaneamente.

Da quel che ho potuto ascoltare su youtube suonate un mix brutale di crust punk e grindcore. Come vi siete avvicinati a questi generi, quali sono le vostre influenze principali? Qual è il potenziale di questi genere così antagonisti secondo voi oggi nel 2024?

Claudio: Musicalmente io mi sento molto vicino al Crust Punk delle origini, quello nato a metà-fine anni 80 direttamente dalla scena Anarcopunk europea (per fare alcuni nomi, Indigesti o Wretched nella scena italiana, Discharge, Doom e Electro Hippies in quella inglese). Per definire questi generi hai usato il giusto termine, “antagonisti”: per loro natura resistono alla mercificazione che ha investito altri generi musicali, anche all’interno del punk stesso (“Crass, not Clash”). Spero non si perda mai, e nel mio piccolo spero di mantenere vivo, lo spirito antagonista degli anni 80, nonostante le condizioni siano nettamente peggiorate sia nel panorama musicale che più generalmente in quello sociale.

Marino: A grandi linee Crust Punk e Grindcore sono le 2 influenze di base. Ispirano noi tutti da sempre pure in altri progetti ma in questo li abbiamo resi più marcati. Ci hanno ispirato molto anche l’hardcore più spinto come anche Powerviolence, D-beat e il Death/Grind. Insomma tutta l’evoluzione estrema del punk che seguiamo da quando siamo ragazzini. Il potenziale non ha mai limiti quando è dettato dalla passione.

Carlo: Mi ci sono avvicinato in giovane età, circa 12-13 anni, quando mio padre mi comprò a sorpresa una copia di “Choosing Death”, un libro sulla nascita del Crust Punk/Grindcore/Death Metal. Da lì entrai nel tunnel e ancora oggi non riesco a uscirne. Batteristicamente parlando la mia influenza principale è sempre stata quella di Mick Harris (ex-Napalm Death), mi entusiasmava la sua determinazione, passione, attitudine, e ovviamente anche la sua concezione di blast-beat (“it’s just a Chaos UK beat! Anyone can do it” cit.). Grazie a lui ho imparato ad avere il giusto mindset per suonare/vivere questo genere. Per citarne altri il grande Gabe Serbian (R.I.P.) dei The Locust e Randy Odierno dei Disrupt, da cui ho preso molta ispirazione per perfezionare il mio d-beat. Musicalmente invece le influenze sono tante, non mi limito al solo Crust Punk e sottocategorie per gli H.H.C. . Per dirti: alcuni dei brani scritti da me sono d’ispirazione Post-Hardcore, Sludge, Noise Rock (Breach, Dystopia, Unsane ecc.). Riguardo il potenziale, credo che questo sia il genere migliore per dare sfogo alle nostre frustrazioni e ai nostri sentimenti di dissenso, d’altronde è questo il motivo che ci spinge a volerlo fare.

Alessandro: Amo particolarmente questi due generi, infatti è uno dei motivi per cui decisi di entrare a far parte del progetto. C’è una lista infinita di band che ammiro profondamente e che sono fonte d’ispirazione. Napalm Death, Discharge, Amebix, Dystopia, Dropdead, Tragedy, tanto per citarne alcune. Penso che il Crust ed il Grindcore abbiano un ruolo importante nella musica estrema come forma di protesta, cercando di trasmettere all’ascoltatore tutto il disgusto e l’assoluto dissenso nei confronti della la società in cui viviamo.

Cosa significa per voi suonare questa musica a Monopoli e più in generale nel sud dell’Italia? Quali sono le maggiori difficoltà che riscontrate e invece gli aspetti più positivi?

In realtà non abbiamo trovato molte differenze, a livello di mentalità e approccio alla scena, fra le realtà del nord e quelle del sud. Ciò che abbiamo notato, nel caso specifico di Monopoli, è un inaspettato interesse da parte del pubblico più giovane, soprattutto quello non inserito nelle “nicchie” di musica estrema che si vengono inevitabilmente a creare. Secondo noi è un segnale molto positivo, ci indica che le persone non vogliono addormentarsi nella monotonia omologata della provincia ed evidentemente il nostro modo di esprimersi è quello che più gli si addice. Non possiamo che esserne onorati.

Cosa potete raccontarci dell’attuale stato della scena hardcore punk e metal underground pugliese? Quali sono le realtà più interessanti sia a livello di collettivi e spazi sociali sia di band?

Se si parla di Puglia hardcore storicamente si parla di Taranto, che ha una scena che da trent’anni si mantiene sempre attiva (e cattiva!) con gruppi come SFC e i vecchi Hobophobic, che ora sono sfociati nei progetti Carne e Sud Disorder. A Bari è tutto relativamente più recente ma più unito: non è raro trovare serate con gruppi hardcore che si alternano a gruppi Death/Thrash Metal. Interessantissimi per noi gli Strebla (Noisecore/Post-Hardcore), che si stanno facendo conoscere anche nel resto d’Italia, i Torba (Post-Hardcore/Sludge) e i Vilemass (Technical Death Metal).

Ho visto che avete suonato alla Masseria Autogestita Foresta e in altre situazioni di autogestione e occupazione. Cosa significa quindi per gli Horrid Human Condition far parte di questi luoghi e di un certo modo di intendere la socialità e la lotta politica?

Claudio: Io ritengo che un determinato modo di concepire e fare musica sia legato a doppio filo a un determinato modo di concepire e fare politica. Il punk è (o dovrebbe essere) un genere diretto, senza compromessi, che va dal basso verso il basso, che distrugge ricostruendo: con quella stessa rabbia con cui urliamo di genocidio, alienazione, sfruttamento e soprusi si va a costruire qualcosa di nuovo. I centri occupati e autogestiti sono il luogo per eccellenza in cui questo spirito si coglie, in cui una serata hardcore non è concepita come quell’attimo di ribellione estemporanea previsto dal sistema ma come un momento di socialità attiva, in cui acquistiamo la consapevolezza di essere una massa critica e non un semplice insieme di individui. Già di per sé partecipare a una serata in un centro occupato, da musicista, organizzatore o semplice spettatore, è un atto politico, perché stai dimostrando a tutti gli sgherri della Thatcher che un’alternativa esiste eccome, e se oggi ci “accontentiamo” di menarci tutti insieme sotto un palco di uno stabile restituito al popolo, domani chissà. 

Liricamente, da cosa siete influenzati e cosa vi ispira? Quali argomenti cercate di trattare nei vostri testi e che messaggi volete trasmettere?

Alessandro: Prendo ispirazione da eventi negativi che accadono nel mondo. Tragedie, soprusi, discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili sono sempre più frequenti e pare che la situazione peggiori sempre più. Nei testi tratto argomenti come l’ingiustizia sociale, la guerra, la religione e lo sfruttamento intensivo del nostro pianeta causato dall’avidità dell’uomo. La mia è una feroce critica verso il sistema, che strizza l’occhio sempre dalla parte di chi opprime e favorisce solo determinate classi privilegiate.

Avete recentemente suonato con uno dei grandi nomi della scena metalpunx italiana (e non solo), ovvero gli Overcharge. Come sono andate le due date insieme a loro? Avete degli aneddoti da raccontarci?

Marino: L’esperienza con gli Overcharge è stata strepitosa. È stata fortemente voluta da me che ne sono stato il fautore e organizzatore delle 2 date: una nella nostra città di origine, Monopoli (Bari), grazie al supporto del Kambusa ROCK BAR, e l’altra con l’aiuto dei ragazzi di Masseria Foresta a Crispiano (Taranto). Tutti nella band abbiamo contribuito prestando strumentazione ai ragazzi atterrati qui in aereo. Loro si sono rivelati degli ottimi compagni di viaggio oltre delle persone simpatiche e disponibili, nonché grandi soci di bevute. Come si dice l’alcol unisce!

Finora non avete ancora pubblicato nulla ne in digitale ne in formato fisico, ma solamente registrazioni caricate sul vostro canale youtube. Come mai questa scelta? Avete in programma di pubblicare a breve un disco anche in formato fisico?

Carlo: La scelta è determinata dalla volontà di dimostrare che siamo attivi, e di fornire a chi ci segue del materiale su cui farsi una (parziale) idea di quello che siamo. Oppure questa scelta è solo una scusa per “temporeggiare” in qualche modo. Perché sì, (mini-spoiler) abbiamo un full-lenght pronto, auto-prodotto lo scorso dicembre presso lo SLAP Studio (Castellana Grotte). Siamo lì lì per ultimare gli accordi presi per la pubblicazione, con ovviamente copie fisiche annesse. Non vogliamo entrare troppo nel dettaglio, ma ti possiamo assicurare che fino ad allora faremo di tutto per mantenere lo spirito vivo.

Siamo arrivati alla fine regaz, grazie ancora per il tempo che dedicherete alle mie domande. Un abbraccio grande e speriamo presto di vederci a qualche data qui al nord, Potete aggiungere qui tutto quello che vi passa per la testa, dajeeee

Ci vediamo sotto palco, pront* a menarci, decostruire e lottare tutt* insieme.

Grazie a te!