“L’Odio Cresce Ancora” – Intervista a Mauro dei Disforia

Di seguito potrete leggere un’interessante chiacchierata/intervista che ho fatto con Mauro dei Disforia, nome storico della scena crust punk/grind italiana degli anni duemila. Si parlerà del passato, del presente e del futuro della band, si affronteranno questioni riguardanti pratiche di lotta politica quali l’autogestione o l’autoproduzione e si passerà attraverso il ricordo di cosa significasse far attivamente parte della nascente scena crust della penisola, cercando di non incappare nella trappola delle facili romanticizzazioni dettate dalla nostalgia e dal tempo. Lascio la parola a Mauro (che ringrazio nuovamente) e alle sue esaurienti risposte che son certo potranno riscontrare l’interesse di molti, sia di chi ha vissuto l’intensità di quella precisa scena e di quello specifico momento storico insieme a lui, sia chi, come me, condivide il suo stesso modo di intendere la musica punk hardcore ancora oggi nel 2020, sforzandosi di renderla una reale minaccia per questo esistente. In Grind we Crust!

Ciao Mauro, iniziamo l’intervista nel modo più classico possibile: come nascono i Disforia e qual è stato il motivo che vi ha spinto a mettere su tale progetto?

Ciao Stefano, i Disforia nascono nel 2000. Si era da poco sciolto il gruppo punk hard-core in cui suonavo dal 1995 e avevo voglia di suonare roba che sentivo più mia e che mi convincesse pienamente, senza dover fare, musicalmente parlando, troppi compromessi stilistici ed attitudinali come spesso accadeva con la vecchia band. In quel periodo ero molto intransigente (decisamente più di adesso) e non consideravo neanche “punk” ciò che non fosse musicalmente estremo, politicizzato e dissonante. Sottolineo che erano ancora i tempi del boom della Epitaph e della piaga del pop punk e dell’hardcore melodico… Capisci che per me che ero stato folgorato dai Discharge nel 1991, tutta quella merda americana colorata e wannabe, rappresentava (e rappresenta tuttora) l’antitesi al punk! Aveva quasi più senso il grunge… In tale ottica, reclutato il batterista, un ragazzetto del giro thrash metal (scelta non casuale dato che avevo bisogno di qualcuno che andasse oltre il tupa-tupa suonato a cazzo), buttammo giù 4/5 pezzi e successivamente ci preoccupammo di trovare un bassista ed un cantante. Per la voce si propose subito Davide, che suonava il basso nel mio precedente gruppo, ed essendo un malato di death metal svedese e grind-crust, fu perfetto per il ruolo. Completata la line-up, la linea da seguire fu chiara fin dall’inizio: fare crust con testi in italiano!

Io purtroppo sono arrivato tardi essendo nato nel ’95, puoi raccontarci com’era la scena crust/grind italiana di inizio anni duemila?

Praticamente sei nato assieme alla scena crust in Italia (ride). Erano i tempi d’oro del crust italiano… Per rendere l’idea, parliamo di tutto il contrario di quello che è adesso il punk nostrano! C’era una rete di contatti epistolari a livello internazionale ed ognuno si sbatteva per organizzare e fare qualcosa di concreto: tutti cercavano di organizzare serate, si coproduceva, si facevano fanzines, compilations e ognuno aveva una propria distro. C’era di certo una maggiore consapevolezza e la musica andava di pari passo con l’attivismo politico… Ma soprattutto c’era gente! Ormai la scena punk in Italia, salvo qualche eccezione, pare essersi ridotta a quattro gatti che postano selfie sui social network e ai gruppi che stampano più magliette che dischi per alzare due soldi. Anche ai banchetti nei concerti i ragazzi guardano solo le toppe e le magliette, i dischi non se li fila nessuno.Non dico che fosse un paradiso perché, per alcuni aspetti, anche la scena crust-punk per molti è stata solo una sorta di moda del momento.

Cosa vi ha spinto a scegliere di esprimere la vostra rabbia e le vostre tensioni proprio attraverso generi come il crust ed il grindcore?

Personalmente ascoltavo thrash metal nel 1988 e ho mosso i primi passi in ambito più estremo con la Earache Records ascoltando Napalm Death, Carcass & co. poi scoprii il punk nel 1991 e capii quale fosse la mia strada. Suonare crust nel 2000 è stata la sintesi del mio background musicale ed il modo migliore per esternare le mie idee.

Quali sono stati inizialmente i gruppi che ti hanno influenzato a livello personale? E quali quelli che hanno influenzato il progetto Disforia?

Come dicevo ho avuto diverse influenze musicali che vanno dal punk italiano anni ’80 a quello inglese e svedese, fino al thrash/death metal, passando per la darkwave. All’epoca, ma anche adesso, impazzivo per Discharge, Doom, Extreme Noise Terror, Wretched… Decisi di mettere su i Disforia dopo aver letteralmente consumato “A world of no beauty” dei Disgust.

Cosa volevate e volete trasmettere a livello di tematiche con la vostra musica?

Sicuramente il disgusto per lo schifo che ci circonda e per una larga parte del genere umano, il disagio quotidiano per non voler essere parte di una società che ci reprime, ci condiziona e ci annichilisce con il passare degli anni.

Cosa significa per te Mauro e per voi Disforia suonare punk? Che importanza hanno pratiche come l’autogestione e l’autoproduzione e come vi ci siete rapportati negli anni all’intento della scena punk?

Suonare punk è semplicemente il modo di esprimere ciò che siamo. Abbiamo sempre frequentato attivamente situazioni occupate ed autogestite, alcuni di noi, sono stati o sono tuttora occupanti in alcuni C.S.O.A. qui a Roma…I Disforia sono il “classico gruppo da centro sociale” (cit.), in 20 anni di attività, abbiamo suonato esclusivamente in centri sociali. Le volte che abbiamo suonato nei locali si contano sulle dita di una mano.

Ribadisco spesso sulle pagine di Disastro Sonoro che per me il punk non è solamente musica, ma un mezzo per diffondere un messaggio di lotta a questo esistente ben preciso e per costruire percorsi con cui attaccare un sistema economico che ci sacrifica ogni giorno sull’altare del profitto di pochi. Quanta importanza ha avuto e continua ad avere questa dimensione di lotta per te e per gli altri membri dei Disforia?

Sono aspetti ancora molto importanti che incidono inevitabilmente sul rapportarsi alla vita: attraverso di essi si cerca di portare avanti un discorso di coerenza, anche se con qualche inevitabile compromesso. Quando diventi grande e non puoi più permetterti di fare lo stronzo in giro come hai fatto per decenni, ti ritrovi a dover affrontare la vita in modo diverso. Tutto ciò crea una maggiore frustrazione e, ti garantisco, che anche l’ottica e le prospettive cambiano.

Spesso si sente ripetere che i gruppi Grind e crust abbiano tematiche trite e ritrite. Pensi che siano ancora di attualità i testi che avete scritto come Disforia su dischi come “L’Oblio copre ogni cosa“?

Credo proprio di si… E penso lo saranno ancora per un bel po’ purtroppo. Anzi, vedo che la situazione va anche peggiorando!

Quanto sono diversi i Disforia dei primi dischi da quelli del vostro ultimo lavoro “Solve et Coagula” del 2017?

La matrice è sempre la stessa dato che sono io a fare musica e testi, ma dalle prime registrazioni in cui avevamo un suono più trashettone c’è stato un progressivo spostamento verso sonorità decisamente più estreme. Ognuno degli amici che si sono alternati all’interno dei Disforia nel corso degli anni, ha espresso se stesso mettendo una parte del proprio essere nel groove e quello che trasuda dalle registrazioni ne è il risultato. L’odio cresce ancora…

Possiamo affermare che il progetto Disforia sia tutt’ora attivo? Progetti futuri?

E’ attivo, ma con i suoi tempi, come sempre, e lo porterò avanti finche campo! Abbiamo registrato nel 2019 sette nuove tracce che sono in attesa di essere mixate per essere pubblicate su un nuovo vinile. In più, emergenza Covid19 permettendo, per festeggiare i primi 20 anni del gruppo, farò uscire una edizione limitata su CD del nostro primo demo del 2001, rimasto ad oggi inedito.

Mauro siamo giunti alla conclusione di questa chiaccherata, sei libero di aggiungere qualsiasi cosa ti venga in mente

Concludo limitandomi a ringraziare te per lo spazio dedicatoci e chi continua ancora a sbattersi e a supportare il giro punk… E noi!

(A) IN GRIND WE CRUST (E)