Marthe – Sisters of Darkness (2019)

In estrema sintesi quello che vi troverete ad ascoltare su questo “Sisters of Darkness” non sarà altro che epico ed oscuro heavy doom metal di altissimo livello. Lunga vita alla cospirazione delle sorelle dell’oscurità!

La proposta musicale di questa nuova creatura che si cela dietro l’affascinante monicker “Marthe” è attraversata da un filo conduttore che partendo dai Cirith Ungol di “One Foot in Hell” arriva fino agli Amebix più atmsoferici, riuscendo ad unire nello stesso calderone di influenze i Celtic Frost di “Into the Pandemonium”, le sonorità tipiche degli Isengard, l’epicità dei Bathory della doppietta “Hammerheart”/”Twilight of the Gods” e il doom di scuola Pagan Altar o Witchfynde General, facendo suonare il tutto come un estremo heavy metal epico pervaso da un’oscurità impenetrabile e opprimente. 

Andiamo con ordine con qualche nota biografica interessante. Chi si cela dietro questo monicker? “Marthe” è il progetto solista di Marzia, storica batterista dei Kontatto, ed il nome da lei scelto vuole richiamare il pianeta rosso e l’origine stessa del suo nome di nascita, ossia il significato di “dedicata a Marte”. Stando a quanto scritto dalla stessa Marzia il progetto trova la sua genesi nell’agosto del 2017 e prosegue nella stesura dei brani nell’agosto 2018.

“Sisters of Darkness” è una demo che si compone di soli quattro brani tutti caratterizzati da una durata superiore ai 6 minuti. Il viaggio in compagnia delle “sorelle dell’oscurità” inizia con la splendida titletrack accompagnata da un ispirazione lirica per cui vale la pena spendere due parole. A quanto sembra la traccia vuole richiamare la Accabadora, figura femminile del folklore sardo rappresentata come una donna di mezza età vestita completamente di nero. Il compito di tale figura era quello di portare la morte liberatoria alle persone anziane e agli infermi perché, seguendo le credenze tradizionali, dato che solo la donna era in grado di generare la vita, di conseguenza solo ad una donna era possibile indossare i le vesti della mietitrice, di colei che apre le porte al regno dei morti. 

Passiamo probabilmente a quella che ritengo essere una delle mie due tracce preferite insieme alla conclusiva “Awake Arise Silence”, ovvero “Married to a Grave”, anch’essa accompagnata da un background lirico del tutto affascinante che parla d’amore e di morte allo stesso tempo. Per dirla con le parole usate dalla stessa Marthe “noi non siamo altro che una pietra fredda destinata a nascere e morire in solitudine“. A livello musicale il pezzo fin dal primo ascolto mi ha portato alla mente tanto gli Amebix di “Monolith” quanto i Bathory di “Hammerheart”, difatti le cavalcate di chitarra e le melodie che dominano “Married to a Grave” conferiscono un’atmosfera di epicità oscura all’intero brano, in un crescendo solenne che non lascia indifferenti.

La terza traccia intitolata “Ave Mysteris” vuole essere un’ode a tutte quelle popolazioni che mantengono tuttora un legame primordiale con la natura, riuscendo  vivere in armonia con essa. Sempre parafrasando le parole di Marzia, il brano è stato ispirato durante un viaggio in Lunigiana (letteralmente “Terra della Luna”), sua terra natia, ma non vuole essere un omaggio “patriottico” a radici o tradizioni pre cattoliche e romane, bensì una considerazione su quanto, in ogni epoca, ogni forma di potere abbia messo in atto una vera e propria distruzione sistematica di culture, terre e popoli, nell’intento di sottometterli e governarli cancellandone ogni traccia di diversità. Tutto questo, a livello musicale, prende la forma di un’ode epica accompagnata da un’atmosfera generale che richiama sia i Cirith Ungol sia un certo doom metal e da cori cantati con voce pulita e ricca di pathos da Marzia, come se il brano voglia essere allo stesso tempo un ricordo fortemente evocativo e un epitaffio in memora di qualcosa che il potere attraverso la brutale lezione del “dividi et impera” ha tentato di estirpare per sempre dal ricordo e dalla Storia.

Giungendo alla conclusione di questo viaggio chiamato “Sisters of Darkness” ci si imbatte in un brano che personalmente ritengo rappresenti al meglio la proposta dell’entità denominata Marthe. Sto parlando di “Arise Awake Silence”, 11 minuti di puro heavy metal epico ed estremo, introdotto da una sorta di mantra salmodiante e da un atmosfera evocativa che poi esplode in tutta la sua potenza distruttrice, ma allo stesso tempo epica e oscura, ricordando al mio orecchio tanto i Primordial e quanto Bathory, con le vocals quasi scream di Marzia che ripetono “Awake Arise Silence” in modo sofferto. Sembra di ascoltare una ninnananna cantata dalla Morte a qualcuno che sta ormai per abbandonare il mondo dei vivi per abbracciare l’oscurità di una dannazione infinita. Un canto dedicato all’oscurità e a quanto sia labile la vita. Un’ode che risuona nell’ora più buia, quando la Morte prende per mano e ci conduce verso il silenzio eterno.

Se cercate un disco di heavy metal estremo vecchia scuola, in cui proto black, lentezza doom, atmosfere apocalittiche di certo crust inglese degli anni ’80 e brevi incursioni in territori epic metal convivono e si amalgamano in maniera sublime quanto oscura, questo Sisters of Darkness è il disco che fa per voi e che non dovreste farvi scappare per nessuna ragione al mondo!