“New Wave of Obtuse, Absolute and Regressive Metal” – Intervista ai Barbarian

C’è poco da dire per introdurre i Barbarian e il loro black/speed metal fieramente ottantiano, tanto primitivo e battagliero quanto epico. Bastano aggettivi come “absolute”, “obtuse” o “regressive” ad accompagnare nel corso degli anni la loro personale visione del metal, per comprendere senza possibilità di errore quale sia l’attitudine e l’approccio della band fiorentina alla materia del metallo proto-estremo. Un’approccio letteralmente barbarico che non fa prigionieri e non lascia tregua, che non riconosce alcun dio o padrone a cui inginocchiarsi. Attraverso il loro “regressive metal” infatti i Barbarian interrogano il presente con una domanda fondamentale: abbiamo davvero bisongo di cosi tante pecore e tanti pastori oggi? Che i barbari si scatenino, che le orde barbariche vadano all’assalto di questo mondo issando lo stendardo dell’heavy metal più ottuso e assoluto!

To no god shall i kneel, hail to the barbarians!

Ciao Borys! Partiamo con alcune note biografiche: quando, dove e perché nasconono i Barbarian?

I Barbarian nascono a Firenze a fine 2009 con una formazione diversa da quella attuale. C’era semplicemente una gran voglia di suonare del metal primitivo e grezzo. All’epoca Hellhammer/primi Celtic Frost erano i nostri numi tutelari, ma poi è partita in maniera molto naturale questa evoluzione che ha portato a integrare insieme un sacco d’idee che attenevano al metal dei primi anni ’80 in generale. E continua a piacerci così tanto farlo che siamo ancora qui.  Senza questo piacere non avremmo potuto continuare, non siamo mai stati mossi da altro, è proprio un impulso incontrollabile verso il metal.

Fin dagli inizi accompagnate la vostra musica con un immaginario, un’estetica e artwork di copertina che richiamano quell’epica fantasy dai toni barbarici e oscuri simil Conan, ecc. Cosa vi affascina di simili scenari? E di conseguenza, com’è nata l’idea di chiamarvi con un nome che sembra una vera e propria dichiarazione di intenti come Barbarian?

Riguardo all’immaginario ti rimando a una domanda successiva. “Barbarian” rimanda facilmente a Conan, è il primo riferimento che il vocabolo evoca per noi tutti, sia per quanto riguarda il film che la saga scritta da Howard. Il termine in sé nasce per indicare i selvaggi, i non civilizzati, chi era estraneo alla cultura greco-cristiano-borghese. I barbari erano reietti ma orgogliosi di esserlo, oltre che una concreta minaccia per lo statu quo. Ecco qua un tema portante del gruppo.

Musicalmente siete una band capace di rievocare suoni e attitudine profondamente old school, di un metal ottantiano e di un periodo ben preciso in cui speed, black e thrash facevano ancora tutti parte di un brodo primordiale in evoluzione verso lidi di proto-extreme metal. Al contempo nella vostra musica avete lasciato sempre più spazio a toni, melodie e atmosfere che richiamano certo epic metal classico. Quali sono dunque le band che vi hanno influenzato maggiormente e che continuano ad influenzarvi? E perché unire l’anima più proto-black con quella più epic?

L’heavy metal pettinato e con le camicie bianche con le maniche a sbuffo è affascinante, idem per le mutande di pelo, ma noi siamo un po’ cafoni e non ci piacciono le cose rassicuranti. C’è che il metal è bellissimo e ne ascoltiamo così tanto che una miriade di impulsi si fondono assieme e non si riconoscono più, ci scordiamo pure noi della loro origine. Siamo cresciuti col metal anni ’80 e poi con quello anni ‘90, siamo diventati tutto quello che ascoltiamo. Ma, soprattutto, siamo cafoni. Gruppi? Mah, ti posso buttare lì un sacco di nomi molto ovvi, ma se sono tali è perché sono imprescindibili: Hellhammer/Celtic Frost, Manowar, Kreator, Judas Priest, Sodom, White Spirit, Coroner, Irons, Bathory, Anti Cimex, Venom, Motorhead, Diamond Head, Running Wild, Metallica, Paradise Lost, Obituary, Master/Deathstrike, Carnivore, S.O.D., Amebix…

Rimanendo a parlare del vostro personale approccio al metal vecchia scuola, negli ultimi album avete presentato sempre un brano molto esplicativo per quanto riguarda il vostro approccio a questo genere. Su “Cult of the Empty Grave” una canzone come “Absolute Metal”, sul successivo “To No God…” troviamo “Obtuse Metal”. Vi va di spiegarci cosa intendete quando definite il vostro metal “assoluto”, “ottuso” o “regressive”?

In Faith Extinguisher c’era anche Total Metal, e sul nuovo disco ci sarà Regressive Metal. Il nostro è un metal che cita, ma in cui si perdono le fonti della citazione, è un metal “in sé” che sbattiamo in faccia a tutti quelli che amano le parrocchie e pascersi nella sicurezza dell’appartenenza. Non amiamo le greggi, ma neanche i pastori, diciamo che siamo piuttosto la frusta sul groppone delle pecore.

Pochi giorni fa Hell’s Headbangers ha annunciato la pubblicazione del vostro nuovo album intitolato Viperface. Vi va di annunciarci qualcosa su questo nuovo capitolo in casa Barbarian? Musicalmente sarà più simili ai vostri vecchi lavori o proseguirà sulle coordinate di To No God Shall i Kneel lasciando dunque maggior spazio alle influenze Epic metal di Omen, Manilla Road, ecc.?

Il disco è in continuità col precedente. Ogni nostro disco ha sempre ripreso dove aveva lasciato il precedente. Viperface è un disco che, a parte un paio di pezzi, necessita di un po’ di attenzione per essere apprezzato. Il che è un problema perché oggi i dischi si ascoltano on-line, senza attenzione e con molta fretta. Per questo capita che a volte qualcuno ci liquidi con sufficienza. In realtà riteniamo di avere una marcia in più proprio in quegli aspetti che sfuggono a un ascolto superficiale, per esempio la struttura dei brani, oppure la cura negli arrangiamenti o nelle metriche e nella musicalità dei testi. Del resto con molta facilità ci vengono affibbiate un sacco di etichette diverse e anche molto lontane fra di loro, questo dimostra che nella nostra musica c’è molto da assimilare e che ci vuole tempo per farlo. Siamo dei cavernicoli sofisticati dopotutto. Siamo fermamente convinti di avere un approccio molto personale al metal e che la nostra musica abbia un valore molto più elevato di tanti gruppi pluri-osannati. Se non ci è riconosciuto, comunque, pazienza, noi ci divertiamo un sacco, come dimostrano tutti i dischi che abbiamo pubblicato in 13 anni.

Spostandoci un momento a parlare del lato lirico, quali tematiche cercate di trattare nei vostri brani e cosa vi ispira nella scrittura? Vi interessa trasmettere dei messaggi o semplicemente scrivete ispirati da tematiche (dark)fantasy? Ve lo chiedo perché un titolo come To No God Shall i Kneel mi ha sempre evocato sensazioni simili a un “No Gods no masters” degli Amebix, con una forte impronta libertaria.

To No God Shall I Kneel è una citazione che formalmente richiama i Manowar ai più, però nella sostanza siamo effettivamente più vicini gli Amebix, è vero.  Diciamo che l’ibrido è grottesco magari, però all’interno della cornice dai toni epici e roboanti ritorna in continuazione il tema del rifiuto di qualsiasi tipo di autorità e in particolare delle sue incarnazioni che attengono alla religione. Il particolare contesto immaginario che utilizziamo, epico ed eroico, permette una grande libertà espressiva, ci permette di giocare a nostro piacimento.  Se i Barbarian fossero un libro epic fantasy, il protagonista sarebbe in lotta contro Dio e contro l’abiezione dei suoi seguaci. Non a caso i testi di Viperface sono ispirati ai 6 capitoli dei Canti di Maldoror di Lautréamont. Certo, vale il solito discorso fatto per la musica, per chi ha voglia e tempo, i testi vanno decodificati con calma. Sotto un primo livello si troveranno tanti riferimenti e temi, non propriamente “messaggi” perché altrimenti scriverei opuscoli e farei comizi, ma sicuramente suggestioni mature per essere còlte.

Nel corso degli anni avete suonato anche in contesti di centri sociali occupati e autogestiti. Cosa significa per voi suonare un certo tipo di metal in questi luoghi solitamente più affini a generi quali punk, hardcore e crust? Che rapporto avete con una dimensione più politica, autogestita e DIY come questa?

Non è una dimensione che ci è certo estranea, siamo cresciuti anche col punk e con l’hardcore, e il nostro primo concerto si è tenuto 12 anni fa al CSA Next Emerson di Firenze. Il nostro approccio a tutto quello che sta intorno ai Barbarian è da sempre orientato al DIY, quindi suonare in posti occupati o affini è una naturale conseguenza, non il contrario. Negli anni mi è capitato di incontrare situazioni molto (e magari più) DIY anche al di fuori di CSA, ecc. Poi, se vogliamo approfondire, per quanto ci riguarda DIY non equivale certo a pressappochismo, si tratta di avere il controllo di quanto avviene intorno al gruppo e di operare con cura proprio perché siamo noi ad avere tutto in mano. Etica, ma anche un po’ di nevrosi forse…

A proposito di scena musicale e di dimensione più politica, cosa ne pensate della scena metal italiana? Quali sono le band secondo voi più valide attualmente a riproporre un certo tipo di metal (speed, proto black, thrash, ecc.)? E quali sono invece gli aspetti più negativi di questa scena secondo voi?

Metal e politica… il metal non c’entra molto con la politica in senso stretto. Possiamo ascrivere il DIY alla politica volendo, ma in senso più lato, si tratta del “modo” di fare musica, non del “contenuto”.  A voler essere pignoli poi, il rapporto tra musica e politica è comunque molto problematico. Secondo me la musica non è lo strumento migliore per fare politica. Nonostante tanta musica politicizzata, storicamente i casi di gruppi o musicisti che siano riusciti ad avere una vera rilevanza politica si contano sulle dita di una mano monca, i Crass in primis per esempio. Avere un testo che racconta che la guerra è brutta  o che la vivisezione è inutile mi va benissimo, sono perfettamente d’accordo, ma non è politica, è informazione. Il metal in Italia riflette quello che è il metal nel mondo, quindi si nota una deriva regressiva (non nel senso del nostro Regressive Metal, ma nel senso di Marcuse, cioè reazionario) nel corso degli anni, e questo non è solo legato all’affermarsi del NSBM, sarebbe banale. Lo trovo un fenomeno più generale che investe il regresso della società e la scena metal, in quanto molecola societaria, mantiene tutte la caratteristiche della sostanza più grande. Magari sarò io ma, nonostante il metal anni ’80 non fosse mai stato molto legato alla politica, ne ho sempre avuto una percezione “progressiva”. Per il resto la scena italiana, attenendoci alla musica, è pienissima di gruppi di ogni sorta di qualità. Fra le sottomarche che citi (quindi senza andare troppo nell’estremo di death e black) mi vengono in mente al volo Bunker 66, Hatred, Hellcrash, Vultures Vengeance, Noia, Overcharge, Extirpation, Baphomet’s Blood,  Temptress… mi sto sicuramente scordando tantissimi nomi. Posso aggiungere i Children ofTechnology, in cui suono io, e i Kinetik, in cui suona Sledgehammer.

Al di là del nuovo Viperface che vedrà la luce a breve, prossimi progetti in casa Barbarian? Avete già in programma tour o date?

L’attività live sta piano piano riprendendo, ci sono ancora tanti strascichi post-covid, e non riguardano la debolezza o la tosse, ma i locali chiusi. Al momento abbiamo delle date locali programmate e un festival in Repubblica Ceca con Nifelheim e Torr. Altre cose sono in fase di elaborazione.

Giunti a conclusione di questa intervista vi lascio tutto lo spazio che volete per aggiungere qualsiasi altra cosa vi passi per la testa. Lunga vita ai Barbarian, lunga vita al regressive metal!

Grazie per l’intervista, lunga vita alle fanzine e ai Manowar!