Nuovo comunicato senza numero

“Quale crust rivoltoso si pone il problema di non essere seguito dagli altri? Agisce nel modo che più in quel momento gli aggrada spinto dalla giustezza del suo disastro sonoro, della sua azione, dalla rabbia, dalla passione. Prende atto del pericolo che in quel momento corre, si fa i suoi calcoli, ma certo non si pone il problema della comprensione da parte del “popolo”. Si sente popolo, è popolo. Noi crust anarchici/e dobbiamo semplicemente agire nello stesso modo, non veniamo dalla Luna, siamo oppressi come gli altri, non dobbiamo trattenerci ma correre in avanti, farci trascinare dalla rabbia, dalla passione, non centellinare i passi.”

e ancora

“I tempi non sono maturi! … Chi farà i tempi maturi? E chi ne avvertirà del momento quando lo saranno? E che farete voi allora, perché non lo fate adesso? Voi direte allora: i tempi non sono maturi. … I tempi sono maturi, quando domina l’ingiustizia, quando trionfa il male, quando la misura è colma. … I tempi del disastro sonoro sono maturi.”

la brigata arrabbiata del disastro sonoro

Nuovo comunicato, senza numero, data sconosciuta. Fratelli e sorelle del crust, quali sono i vostri desideri oggi?  Bervi la vostra latta di piscio-birra calda al sapore di sconfitta ascoltando slogan vuoti nei microfoni, oppure forse minare questi bui tempi di merda, farli saltare e vedere le fiamme della rivolta bruciare libere e selvagge? Come ricorda una vecchia canzone di movimento degli anni ‘70, anche oggi tutto il mondo sta esplodendo, dalla Nuova Caledonia alla Palestina; gli oppressi, gli sfruttati, i colonizzati imbracciano le armi, lanciano sassi, costruiscono barricate per resistere e attaccare i responsabili delle barbarie: Stati, imperialismo e Capitale. Che fare quindi? Restare a guardare impotenti o prendere parola, agire in solidarietà e denunciare con una radicale critica gli orrori realisti della guerra e del sistema capitalistico? Drunkards, Disforia e Drömspell, al suono apocalittico del crust punk condensato nei loro tre nuovi dischi, sanno bene da che parte schierarsi e quali parole usare per non essere complici delle barbarie.

Il crust non ci salverà, ma certamente può agire da ideale colonna sonora di questo momento storico che ci deve trovare pronti ai nostri posti, pronti a correre in avanti con rabbia e passione. Buona lettura, con la speranza che le parole possano convertirsi in fuoco.

In ambito crust/d-beat italiano son stati mesi di grandi ritorni e addii discografici. Il primo disco in cui mi sono imbattuto è stato sicuramente Il Nulla che Avanza dei romani DIsforia, attivi nella scena hc/punx dagli anni duemila e vera propria istituzione per quanto riguarda sonorità crust grazie a dischi come L’oblio copre ogni cosa, che personalmente hanno significato molto e influenzato i miei gusti e la mia visione del punk. Con questo nuovo album, i Disforia ricominciano da dove si erano interrotti nel 2017, anno in cui pubblicarono uno split dal titolo Solve et Coagula/La Festa dei Pazzi insieme agli immortali giüvinaster Drunkards (anche loro freschi di ritorno, ma ne parliamo più avanti). Un crustcore irruento, rabbioso e martellante, sorrette magistralmente da serrate ritmiche d-beat e da una efferatezza che chiama in causa i primi vagiti di quel grindcore ancora intimamente legato a doppio filo al suo patrigno hardcore punk. Sonorità, quelle condensate in queste nuove sette tracce, che segnano un continuum tra la vecchia scuola ottantiana e novantiana del crust punk, ma che suonano attuali, fresche e convincenti, cariche di passione e rabbia che ci viene vomitata addosso da vocals ringhianti e incazzate. Liricamente niente di nuovo sul fronte occidentale, i brani si alternano infatti tra pulsioni misantropiche (Odio tutti), invettive blasfeme contro la religione cattolica (Contro la Chiesa) e prese di coscienze abbinate a critiche spietate nei confronti dell’estinzione umana, della distruzione ambientale e del nulla che avanza in nome del progresso. Come sempre i Disforia non nascondono il loro lato più politico e non si risparmiano nel prendere parola contro gli orrori e le barbarie che infestano le nostre esistenze, nel micro quanto nel macro, e questa è una dimostrazione di coerenza e sincerità, di attitudine e di passione verso un genere come il crust punk che, se fosse solo musica, sarebbe fondamentalmente sterile e inoffensivo. Per concludere, un plauso al buon Mauro e ai suoi compagni di battaglia Pablo e Andrea, che sono tornati in grande stile con un disco solido, convincente e che riconferma i Disforia come una delle band più importanti e coerenti della scena crust italiana.

Il seme della pazzia che non avete sconfitto. Son passati vent’anni e siamo ancora qui. Giuvinaster never die!

Si apre così il nuovo disco dei Drunkards, guerrieri post atomici delle lande alessandrine che da vent’anni portano avanti la loro missione distruttrice a colpi di thrash metal, hardcore punk, crust e altri ingredienti esplosivi e che minano le certezze della gente per bene. Si apre dunque con una netta, sfacciata e convincente dichiarazione di intenti questa nuova fatica in studio intitolata Inferno sulla Terra, che da finalmente un seguito al devastante split del 2017 con i Disforia citato poche righe sopra. Il ritorno dei Drunkards è di quelli attesi e che non deludono le aspettative, perchè questi punx giuvinaster sanno come scrivere pezzi avvincenti, sanno come suonare la loro miscela di thrashmetalpunx per farla risultare incendiaria e spietata e soprattutto non hanno ancora perso neanche un milligrammo di attitudine e passione, di rabbia e di bisogno di urlare in faccia a tutti lo schifo e lo sdegno verso le barbarie dei nostri tempi, la guerra imperialista su tutte. C’è anche una forte componente di divertimento stradaiolo tipicamente rock’n’roll e punk nella musica e nell’atteggiamento dei Drunkards, ma questo non va mai a minare la tensione riottosa e la critica sfacciata che animano i componenti della band e che rendono la loro musica visceralmente e genuinamente politica e militante. Undici tracce che scorrono via come una mitragliata in pieno petto, undici schegge punk che sono un vero e proprio arsenale di artiglieria HC, undici inni alla distruzione, alla reazione violenta, all’assalto di questo mondo per contrastare l’inferno sulla terra creato da padroni, oligarchi, autocrati e capi di stato che giocano alla guerra e alla devastazione ambientale. Industria del dolore (che ospita alla voce Valeria Disagio se non vado errato), Operazione urano, Ground Zero sono solo alcune delle tracce che mi hanno colpito maggiormente, ma sarebbe un errore tralasciare le altre e non ascoltarle come elementi inscindibili le une dalle altre all’interno un disco intero che pur non essendo un concept album, funziona meglio grazie ai legami tra le differenti tracce. Un grande ritorno per i Drunkards, tra cavalcate metal, riffing speed-thrash, ritmiche d-beat, atmosfere crust-apocalittiche, irruenza hardcore, creano un disco davvero valido e che finisce per farsi ascotlare in loop, attendendo solo il momento in cui poter ascoltare le nuove tracce dal vivo, mentre al posto del palco si creano crateri di bordello.

Forza metal, forza punx, forza giuvinaster! 

p.s. dopo svariati ascolti, rimpiango ancora di più di non aver potuto partecipare alla coproduzione per via delle classiche tasche vuote.

Dopo due grandi ritorni di nomi storici della scena crust punk italiana, devo però parlarvi di un terzo ritorno che ha il sapore di un addio, di un addio troppo precoce e inaspettato. Infatti i Drömspell, band romana ma con il cuore e le radici nel d-beat hardcore svedese, nonchè uno dei gruppi italiani che ho ascoltato con più attenzione e costanza negli ultimi 4 anni, annunciano lo scioglimento con il loro nuovo ultimo disco intitolato Il Vento della Follia. Dopo aver pubblicato nel 2020 un disco clamoroso del calibro di Barbarie Futura che non so quante volte avrò messo sul giradischi, aspettavo con curiosità un nuovo album targato Drömspell ma mai mi sarei aspettato che la sua pubblicazione avrebbe sancito la fine di un progetto musicale così figo. Le parole che accompagnano l’annuncio del nuovo disco lasciano però una speranza, ovvero che più di un addio si tratti di un arrivederci, poichè scrivono i Drömspell, “nell’ombra saremo per un po’, fino a data da destinarsi.”. Nonostante tutto questo, Il Vento della Follia è un disco assolutamente devastante, senza cedimenti o debolezze e che continua dove si era interrotto Barbarie Futura, sintetizzabile in un sempre valido: il vento scandinavo soffia su Roma. Si perchè i romani prendono ispirazione dalla scuola d-beat/hardcore svedese in tutte le sue emanazioni temporali, dagli anni ottanta ad oggi, dagli Anti CImex ai Wolfbrigade. Un crust che saccheggia gli elementi migliori del metal estremo, ma che rimane coerentemente punk e che avanza distruttivo e impetuoso tra atmosfere apocalittico-catastrofiche e assalti a lama sguainata nelle quali le ritmiche d-beat fanno tremare la terra e danno ritmo all’attacco. Sei tracce più intro che suonano più oscure e tormentate rispetto al precedente Barbarie Futura, ma che non rinunciano mai ad affrontare a viso aperto l’ascoltatore, a turbarlo senza chiedere permesso e a fargli muovere la testa forsennatamente o le mani in preda ad un air drumming implacabile. A gusto personale alcune tracce spiccano su altre, anche se il disco nel suo complesso si assesta su un livello altissimo di songwriting, di intensità e coinvolgimento, di qualità e di attitudine; tra queste sicuramente Radici nella rinuncia, Cattedrale delle ceneri e la conclusiva Spettri senza realtà, che in momenti diversi chiamano alla mente i migliori Anti Cimex, Driller KIller, Wolfpack e Disfear. Forse sarò troppo drastico ma credo che i Drömspell lasceranno un grande vuoto dietro di loro, nonostante Il Vento della Follia sia un testamento d’addio che occuperà per moltissimo tempo le mie cuffie e i miei ascolti. I venti scandinavi della follia hanno sferzato su Roma, adesso rimangono solo tenebre e ombra. Ancora una volta siamo obbligati a scegliere: d-beat o barbarie?

Parole della band: “È fuori il nostro ultimo album. Raccoglie il suono di anni passati insieme negli stessi spazi, delle ore di viaggio che abbiamo condiviso e delle nottate senza fine nelle quali ci siamo conosciuti e persi. rivendichiamo il significato di questi suoni Che hanno trovato luce e si sono fatti strada tra tutte le tensioni e le difficoltà, l’impegno che il non essere soli comporta.”