Quattro band davvero hardcore di cui non privarvi mai più

Krav Boca, Ludd, Rake-Off e Lou Quinse. Stili e suoni diversi (dal punk-rap-mandolino all’extreme folk metal), la stessa attitudine, rabbia e fastidio. Vi racconto quattro nuove e meno nuove potenti realtà molto incazzate: ascoltateli, o sarà peggio per voi.

Risposta-dissing all’articolo di Rockit.it scritta di getto per noia e perché ho evidentemente un sacco di tempo da perdere. Ma anche (o principalmente) come ridicola scusa per parlare di quattro band/dischi “hardcore” (qualsiasi cazzo voglia dire visto che wannabe recensori di professione lo utilizzano a caso a quanto pare) che meritano spazio e attenzione. Personalmente (ma io non ci capisco un cazzo) nell’hardcore ci ho sempre visto e ricercato l’attitudine e la tensione di critica, diserzione, sabotaggio e offensiva nei confronti dell’esistente, dimensioni che vanno al di là del mero stile musicale. Molte parti, così come il titolo, sono riprese direttamente dall’articolo in questione (che non vi linkeró) ma in un’ottica volutamente di rovesciamento e detournement. Distorcendo il titolo di un ep di qualcuno che forse di hardcore ne sapeva più di molti altri (me in primis), ovvero i Posion Idea, è sempre buona cosa ricordare, anche durante la lettura di questo articolo, che “Music Critcs are Pretentious Assholes!

Verrebbe da chiedersi: ma i Lou Quinse fanno hardcore? No, nel senso stretto del termine assolutamente no. Non troverete nessun riferimento ai Minor Threat, agli Agnostic Front o ai Negazione. I nostri fanno un mix di folk metal, metal estremo (black e death), melodie popolari e cultura occitana. Ma l’attitudine che muove il progetto Lou Quinse da quindici anni a questa parte è hardcore nel senso più profondo e viscerale, se con hardcore intendiamo anzitutto quella tensione politica (e personale) che porta a prendere una netta posizione contro questo esistente di merda regno dell’oppressione, della repressione e dello sfruttamento. Iniziamo col dire che parlare di folk metal è sempre terreno impervio e difficoltoso, perchè spesso ci si ritrova impantanati in ridicole formule e richiami alla tradizione poco ispirati. Ma nell’ottica dei Lou Quinse il ricorrere a cornamuse, violini e altra strumentazione piegata alla costruzione di melodie folk, rappresenta lo scenario perfetto su cui narrare storie antiche di resistenza anticlericale e di popolazioni di montagna in lotta contro i poteri centrali che hanno sempre tentato di sottometterli e distruggere il loro mondo e le loro usanze. La musica della band piemontese è infatti ricca di richiami a canti, racconti e storie legate alla tradizione popolare, quella più rurale e alpina, una storia ricca di sommosse, resistenze e lotte contro i ricchi, i padroni e i poteri costituiti. Trovano spazio nei loro testi e nei brani anche riferimenti al brigantaggio, alla dura quanto semplice vita contadina o ad un “satanismo” che ha le sue radici in una tradizione popolan pre-cristiana e pagana da “genti di montagna” o da “genti della selva”. E cosi in Chanter Boire Et Rire Rire, uno dei brani più iconici dei Lou Quinse, ci si può imbattere in un rifacimento della classica “La Leggera“, canto originariamente romagnolo contro il lavoro salariato e lo sfruttamento; mentre in Purvari E Palli si raccontano le gesta del brigante cosentino Domenico Straface facendo ricorso anche all’uso del dialetto calabrese. In altri brani ancora vengono narrate storie di eretici e lotte anti-eclesiastiche di movimenti come quello dei Catari, ormai sepolto dalle polveri della storia. L’extreme folk metal dei Lou Quinse può piacere o meno, ma l’attento lavoro di riscoperta e narrazione di antiche storie e cronache popolari di resistenza al potere e tentativi di oppressione è assolutamente lodevole e ricco di spunti di riflessione, validi e attuali ancora oggi. La resistenza e la ricerca di libertà dei popoli di ieri vivono in quelle di oggi, perchè la storia la scrivono le genti in rivolta. E dunque vadano sull’ostia la fabbrica e il padrone!

Tornano in un tripudio di riff e mosh senza pietà i romani Rake-Off, veri e propri alfieri di quel thrash metal/hardcore/crossover che pur passando gli anni non stanca mai nemmeno per un secondo. Tornano a distanza di tre anni con il nuovo e attesissimo “Observing Madness“, dieci schegge impazzite e devastanti di crossover thrash che segue il sentiero tracciato dalla miglior tradizione degli anni 80 e da un certo revival bandana thrash. Un sound robusto e immediato che riesce a mixare alla perfezione l’anima più hardcore (qualcosa del sound newyorkese vive nella musica dei Rake-Off) che emerge perfettamente nello spazio lasciato anche a certi breakdown e quelle sonorità classicamente crossover/thrash metal che possono richiamare veri e propri mostri sacri del genere come Nuclear Assault, Anthrax (omaggiati con la cover di “Deathrider” posta a conclusione del disco) e i “più recenti” Municipal Waste. Riff affilati, assoli mega metal, batteria che pesta come non ci fosse un domani, la giusta dose di groove e vocals dal piglio decisamente hardcore, sono questi gli ingredienti che rendono “Observing Madness” un disco che non lascia momenti per riprendere fiato come se ci trovassimo nel bel mezzo di un pogo violentissimo e senza fine. Siamo a fine gennaio e probabilmente ci siamo già imbattuti in uno dei dischi più potenti e devastanti del 2022, cosa cazzo dovremmo volere di più? Band come i Rake-Off sono una manna dal cielo per tutti gli amanti di sonorità crossover tra thrash metal e hardcore punk!

Mentre mi accorgo di essermi volutamente perso per strada una non doverosa non-recensione de Il Fuoco non si è Spento dei torinesi Bull Brigate, uno dei dischi punk italiani a cui son stato più indifferente negli ultimi dieci anni, più in là, tra Trento e Rovereto è apparso come fulmine a ciel sereno “Un Silenzio Vivente” dei Ludd, nome storico dell’hardcore antagonista e anarchico degli anni duemila. Con i Ludd ritorna a gamba tesa quell’hardcore militante che, in 10 tracce, racchiude dentro di se il politico che è personale e il personale che diventa politico, in un continuo intrecciarsi di queste due dimensioni e in una continua comunicazione tra tensioni insurrezionali. Quel silenzio vivente del titolo che forse è un invito a continuare a bruciare sotto la cenere, pronti a tornare ad incendiare questo mondo il più presto possibile, pronti ad essere ancora agguati e alture. Agire qui ed ora, senza più farsi divorare dall’attesa convinti che la misura si colmi da sé (come ci suggerisce la canzone con cui si apre il disco).

Ancora una volta il livello lirico è altissimo e fa trasparire quel gusto poetico tipico di certa tradizione hardcore italiana degli anni 90. Se volessimo dirla con i Contrasto: “la poesia è un avvertimento, la poesia è azione” e questo “Un Silenzio Vivente” dei Ludd ne rappresenta un’ottima riconferma. Un disco di intenso hardcore punk militante, rabbioso ma non confuso, furioso ma non caotico e che conosce molto bene il gusto delle melodie e delle linee melodiche che emergono soprattutto nell’alternanza delle voci (maschile e femminile). L’hardcore punk nella ricetta dei Ludd non è altro che un bomba pronta deflagrare per risvegliarci dal torpore della pacificazione sociale, per sovvertire il quieto vivere che ci condanna a morte ogni giorno, per distruggere la società dello spettacolo e del dominio della merce, per far risplendere le fiamme della nostra gioia tra le macerie di questo mondo dominato da Stato e Capitale. Undici canzoni che sono veri e propri avvisi agli insorti e ricette per il caos. E un disco come questo non poteva che concludersi con “Omaggio“, una canzone di lotta, di tensioni comuni, di affinità, di solidarietà e complicità che ci fa sentire meno soli e impotenti nell’attacco a questo esistente. Altre parole sarebbero superflue; citando direttamente i Ludd: “A te compagna, a te fratello, a te sconosciuto.”

Ancora una volta verrebbe da chiedersi: ma i Krav Boca fanno hardcore? Okay no, fanno perlopiù rap imbastardito da influenze punk e melodie mediterranee grazie al godibile utilizzo del mandolino, ma i Krav Boca, vero e proprio collettivo musicale militante con membri provenienti da Francia, Marocco e Grecia potrebbero benissimo aprire un concerto dei Moscow Death Brigate senza che nessuno batta ciglio, perché entrambi i progetti sono sperimentatori delle forme sonore realmente devianti e alternative, combattive e politicamente offensive. Basta il titolo del loro ultimo lavoro “Barrikade” per accorgersi dello spirito belligerante, militante e antagonista che anima il progetto stanziato a Tolosa e di come i contenuti e le liriche siano i veri protagonisti principali della loro musica. A differenza di altri progetti più recenti sempre in ambito rap che fanno della militanza un citazionismo e un ricorso ad un’immaginario forse anche troppo enciclopediche, un po’ Carlo Lucarelli e un po’ I Bellissimi a Mano Armata, l’impressione è che la musica dei Krav Boca non sia neanche l’aspetto principale, per quanto curata e ricca di sperimentazioni, ibridazioni e personalità, ma subordinata alla necessità di condividere e lanciare vere e proprie dichiarazioni di guerra a questo esistente di repressione, oppressione, sfruttamento e alienazione. Attitudine e approccio tipico dell’hardcore rap militante vecchia scuola, ma con una rabbia e un’esigenza espressiva istintiva e sincera che sono più attuali che mai, per rialzare le teste, imporre le nostre voci e andare all’attacco di questo mondo. Organizzarsi, agire e costruire barricate. Krav Boca è il suono delle strade e dell’offensiva che verrà.