“Reinventare l’Oscurità, Distruggere il Patriarcato” – Intervista agli Skulld

Troppo metal per il punk, troppo punk per il metal!“. Si autodefiniscono cosi gli Skulld, band radicata nella tradizione del death metal svedese ma cresciuta con l’impronta e la coscienza dell’hardcore più politicizzato, che un paio di anni fa ha rilasciato il primo devastante disco intitolato Reinventing Darkness. Tra femminismo (satanico), molteplici richiami pagani e mitologici e un’attitudine fortemente antiautoritaria legata a doppio filo alla scena hardcore punk, ho scambiato quattro chiacchiere con la cantante Pamela, con Teo e con Ciuf. E se per Faxneld, nella sua opera “Satanic Feminism“, Lucifero ha rappresentato la liberazione della donna nella cultura del 19esimo secolo, gli Skulld si presentano oggi come una band impegnata a “reinventare l’oscurità” grazie ad un death metal primitivo e occulto che prende nette posizioni femministe e antipatriarcali all’interno di un ambiente troppo spesso machista, sessista, reazionario ed oppressivo come quello metal!

Quando scrissi la recensione del vostro Reinventing Darkness andrai a cercarmi il significato del vostro nome ed avevo scoperto che Skulld era il nome di una norna, figura appartenente alla mitologia norrena. Come avete deciso il nome e perché proprio questo riferimento mitologico?
Pamela: Quando sono arrivata nel gruppo, Monti, Rappo e Teo suonavano già da un annetto e
avevano scritto un bel pò di pezzi, ma mancava la parte dei testi e del cantato. Con il mio arrivo ho portato un pò di quello che mi appassiona e che è legato allo sciamanesimo femminile, astrologia, studi sul matriarcato, antropologia, occultismo e neopaganesimo. L’idea era creare un immaginario metal legato a tutta una serie di aspetti esoterici in chiave fortemente femminista e antipatriarcale.
Da qui l’idea di chiamarci Skulld, una delle Norne, che poi sono molto simili alle Parche greche: delle divinità (femminili) in grado di decidere della vita di noi poveri mortali. Mega metal! Come dici tu, nei testi e in generale nell’estetica degli Skulld si ritrovano molti riferimenti di questo tipo, ad esempio alla mitologia norrena, ma non solo. Ti faccio uno spoiler: uno dei pezzi nuovi parla del mito di Dafne narrato nelle metamorfosi di Ovidio, atto di violenza patriarcale evidente in cui Apollo cerca di violentare Dafne, la quale, piuttosto che cedere a questo Dio arrogante si fa trasformare in un albero.

Una delle tracce che ho preferito del vostro disco di esordio è sicuramente la conclusiva Satanic Feminism, sia per la parte musicale che per quella lirica. Cosa significa per voi la nozione di “femminismo satanico” e come la declinate? Quale ruolo riveste in maniera più generale la tematiche e la lotta femminista nella vostra musica?
P: Ho già in parte risposto a questa domanda spiegando l’origine del nome, ma ci sta approfondire un pò di più (tra l’altro grazie delle domande interessantissime). Gli Skulld nascono come gruppo metal all’interno di un contesto e un’attitudine punk, dove certe tematiche sono assolutamente fondamentali: il femminismo è una di queste. “Satanic feminism” prende spunto da un libro molto bello che porta lo stesso titolo (con l’aggiunta di “Lucifer as the liberator of women in the 19th century culture”). In questo volumone viene capovolto tutto l’impianto cristiano cattolico patriarcale e maschiocentrico portando Lucifero e Eva, grandi reietti della storia, come alleati nella lotta appunto di liberazione di questa tirannia. Mi ha affascinato molto come concetto, e l’ho preso come spunto di tutta una serie di riflessioni più ampie. Il progetto Skulld si richiama proprio a questo: dare spazio a questo tipo di tematiche e suggestioni all’interno del metal (ma non solo), ancora molto legato al “maschile” a mio avviso.

Altra traccia interessante è sicuramente Beivi, brano che richiama un’ispirazione pagana e mitologica, facendo direttamente riferimento ad una divinità della cultura Saami. Come siete arrivati a prendere ispirazione da questa figura assolutamente poco conosciuta per chi non è avvezzo a culture, popoli e miti così lontani e diversi dal nostro immaginario attuale?
P: Beaivi è una figura bellissima: la madre renna, regina dell’inverno ma anche della luce che tornerà a breve dopo le tenebre della lunga notte artica. Solcava i cieli nella notte del Solstizio con le corna sulla testa, più grande e più forte del cervo maschio : madre che dà la vita, che riporta la fertilità alla terra dopo la morte invernale. Ci sono testimonianze legate a tutta una serie di rituali fighissimi, tra cui anche l’uso di psilocibina, ma questa è un’altra storia (e altro testo degli Skulld, indovinate quale). Sono molto affascinata da tutta la mitologia sommersa: in questo caso come non pensare a tutta la ritualità legata al Natale, che ora è assolutamente maschile, ma che in origine era femminile. Fa tutto parte di un percorso di riscoperta di miti antichi sui quali c’è stata una stratificazione massiccia, che in parte ce li ha fatti perdere, ma che scavando riusciamo a riportare alla luce nella loro potenza. Miti evidenti se ci pensi: ogni anno assistiamo al ciclo delle stagioni ed è chiaro di come siamo all’interno di un eterno ciclo che si rinnova mese dopo mese.

Nel corso di tutto Reinventing Darkness si può percepire la vostra volontà di costruire un’atmosfera dai tratti ritualistici e pagani. Quanta importanza ha per voi la dimensione più pagana e ancestrale nella vostra musica, nel vostro immaginario e nel vostro approccio anche lirico?
P: E’ un territorio di ispirazione costante, punto di partenza sul quale costruire poi la nostra musica. Trovo tra l’altro che sia tutto molto metal: la mitologia, la storia, le suggestioni esoteriche hanno sempre fatto parte del metal, forse del metal più classico. Perché non approcciarsi a un altro tipo di mitologia, un altro tipo di storia? Mi piace l’idea che leggendo i nostri testi alcuni miti dimenticati vengano riscoperti.

Il vostro primo disco ha visto la pubblicazione grazie ad una vera e propria cospirazione di etichette e DIY e distro dell’underground principalmente hardcore e punk. Che ruolo ricopre per voi una pratica come appunto l’autoproduzione, così centrale all’interno della scena hardcore? Quali sono i vostri legami con questa scena e con le sue pratiche specifiche di lotta, autogestione, orizzontalità e tentativo di contrastare ogni forma di oppressione, discriminazione e gerarchia?
P: Come accennavo prima, proveniamo tutt dal punk e abbiamo tutt fatto parte delle scene punk/hardcore delle nostre città (Cesena, Forlì, Bologna, Imola, Milano). Ci identifichiamo assolutamente più con la scena punk che con la scena metal, perchè sono le nostre origini ed è qui che troviamo la nostra zona di confort. L’autoproduzione, l’autogestione, l’orizzontalità sono assolutamente alla base di quello che portiamo avanti. La nostra sfida è provare a portare questa attitudine nel fare le cose anche nella scena metal, purtroppo da qualche anno staccatisi un pò dal nostro ambiente. Spesso per ridere ci diciamo che siamo “troppo metal per il punk e troppo punk per il metal” ma poi in realtà è proprio quello che vogliamo fare: unire queste due parti che ci caratterizzano.

Passiamo finalmente a parlare del lato meramente musicale. Le vostre sonorità ad un primo ascolto appaiono come un death metal profondamente radicato nella vecchia scuola (svedese principalmente). Più si scende in profondità nelle vostre tracce più emergono influenze anche di certo revival “stenchcore”/crust primi anni 2000 sullo stile dei primi Acephalix o dei grandiosi Sanctum. Quali sono le band che vi hanno influenzato maggiormente e come definite la vostra musica?
Ciuf: Direi che Entombed e At the Gates nell ambito metal sono i due pilastri che delineano le mie scelte compositive, per quanto riguarda il lato punk invece, bene o male tutti i gruppi crust o d-beat sono presenti nei miei ascolti. In generale viaggiamo su un onda death scuola Entombed, con matrice crust presente in tutti i pezzi del primo disco. Il materiale nuovo a cui stiamo lavorando ha qualche sonorità vagamente più trash e mid tempo, sempre alternati a tupa tupa serrato, d-beat e riff demotivati.
Teo: Come hai detto tu, nel nostro modo di scrivere i pezzi vengono fuori molto le influenze del Death metal più veloce molto tirante al crust ed al d-beat svedese, poi però ci piace anche esagerare con delle metallate. Le band che ci hanno influenzato di più, per dirtene alcune, possono essere tipo Vomitory, Sepultura, Hellshock, Wolfbrigade, Entombed, Nihilist, Zeke, Dismember ecc ecc, potrei stare qui ad elencartene centinaia ma poi quello che viene fuori è tutto molto a sentimento mixando un po di tutto.

Intimamente legata alla domanda precedente: vi sentite di appartenere più alla scena del metal estremo o quella hardcore? Ma soprattutto cosa vi piace e non piace di entrambe le scene?
P: Purtroppo la scena metal si è negli anni sempre più allontanata dal punk/hardcore, come attitudine, come spazi e purtroppo in certi casi anche come idee politiche. Io vengo dagli anni ‘90 dove il metal era punk, o almeno era qualcosa in contrasto con la società. Tante persone della mia generazione si sono avvicinate poi al punk, agli spazi liberati grazie al metal. Ora il metal è visto come qualcosa di “brutto” lasciami passare il termine, popolato da gente di merda e molto mainstream.
Del punk posso dire che negli ultimi anni ho visto, mio malgrado, un certo impoverimento a livello di contenuti: anche il punk sta diventando moda, e in un’epoca in cui tutto è apparenza, soprattutto a Milano ho visto tante giovani persone approcciarvisi più per l’estetica che per i contenuti.


Ciuf: In linea di massima siamo un po tutti più legati all attitude punk, poche pippe da musicista “serio” e più cattiveria, sia come sonorità che come messaggio. Personalmente sono cresciuto con punk rock o hc per poi passare al grind e poco alla volta al metal, dal lato compositivo ma anche come ricerca di suoni affini al nostro genere. Per quanto riguarda le scene sarebbe bello vederle entrambe più unite ma c’è sempre abbastanza divisione soprattutto per motivi di etichetta e contenuti secondo me. Molto spesso in ambienti metal il lato politico viene visto come una menata e basta.


Teo: Veniamo e facciamo ancora tutt* parte principalmente della scena Hardcore/punk, e ci sentiamo più legati a quella realtà, perchè porta avanti esplicitamente certe tematiche e principi di vita che sentiamo parte di noi, ci teniamo anche a far presente che siamo una band antifascista, anti sessista ed anti razzista, cosa che spesso non viene quasi mai esposta da band e certi tipi di contesti soprattutto nel metal. Noi ci teniamo sempre a precisarlo in qualunque contesto sia.

Progetti futuri in casa Skulld? Date live, nuovo disco, ecc.?
P: “Reinventing Darkness” è uscito con un perfetto tempismo il 20-2-20 (data interessante dal punto di viste numerologico, così, per tornare i discorsi che facevamo prima): pochi giorni dopo il mondo è esploso nel delirio del quale facciamo parte da due anni a questa parte. Ovviamente quindi ci siamo fermati con i live, nonostante qualche concerto qui e li siamo riuscit a farlo. Però ci siamo ritagliat dei momenti di prova, soprattutto da quando vivo a Forlì. Quindi abbiamo assolutamente già un bel pò di materiale nuovo e contiamo di registrare abbastanza presto, se tutto va bene quest’estate. Stanno anche ripartendo un pò di live, quindi non vediamo l’ora di suonare un pò di in giro e rifarci un pò di questi due anni di semi-fermo.


Giunti a conclusione di questa intervista, lascio questo spazio a vostra completa disposizione per
aggiungere qualsiasi cosa vi passi per la testa. Grazie ancora mie care/miei cari Skulld!

Bhe grazie mille ancora per le domande fighissime e che ci hanno permesso veramente di entrare
nel dettaglio di quello che portiamo avanti.