Sator – Scorching Sunlight (2019)

Ho già avuto modo di parlare dei genovesi Sator e della loro opprimente e a tratti psichedelica ricetta di doom/sludge metal su queste pagine ai tempi di “Ordeal“, disco rilasciato nel 2017.  Sono molto contento di tornare a parlare di loro in occasione della recente uscita della loro ultima fatica in studio intitolata “Scorching Sunlight”. Le influenze che compongono il muro di suono costruito dai nostri vanno ancora una volta ricercate nelle sonorità di gruppi come gli Eyehategod, gli YOB, i Saint Virus, giungendo ad assorbire sia i toni apocalittici dei Neurosis che la rabbia hardcore dei Black Flag.

La copertina ad opera della fantastica Valeria Desa (autrice anche del logo al sapore di black metal di Disastro Sonoro) è perfettamente esplicativa del vortice di sensazioni che ci inghiottite appena ci addentriamo nell’ascolto di quest’ora di asfissiante doom/sludge metal. È come essere in balia di un mare in burrasca mentre cala un’oscurità impenetrabile, tra anime dannate che si dimenano per rimanere a galla e mani che emergono in superficie cercando di catturarci per trascinarci giù negli abissi senza luce né salvezza, nelle profondità più recondite del nostro inconscio in cui la musica dei Sator risveglia angoscie, paure e mostri pronti a divorarci la psiche.

Stando alle parole dei genovesi Sator, l’idea da cui prende vita l’intero comparto lirico della titletrack “Scorching Sunlight” ha preso forma durante un viaggio in Islanda, una terra in cui si è immersi nella natura più selvaggia e primordiale. La disillusa presa di coscienza di quanto sia insignificante l’essere umano dinanzi tanto alla maestosità quanto alla brutalità della natura, così come l’apparentemente inevitabile destino di un’umanità che si è condannata a all’estinzione, prendono vita sotto forma di un devastante ibrido di opprimente e lacerante sludge metal e rallentamenti doom metal che contraddistinguono la mezz’ora della titletrack, nonché traccia con cui inizia il nostro viaggio in questo “Scorching Sunlight”. Una maestosa esperienza in cui ci troviamo a dover fare i conti con momenti e sensazioni contrastanti, dai rarefatti momenti di quiete ai continui ed improvvisi moti tempestosi che dominano l’intera struttura del brano, piombando in un vortice di generale smarrimento e totale impotenza. Il tutto è accompagnato e scandito dalle lancinanti vocals di Valerio che prendono le sembianze di strazianti grida di angoscia e rassegnazione, amplificando in questo modo la sensazione di ansia mista a terrore che dilania e lacera quel che resta della nostra sanità mentale. “Mesmerism” e “Lament“, le altre due tracce che insieme alla cover di “A Forest” dei The Cure, completano le tappe di questo viaggio attraverso “Scorching Sunlight” risultano essere meno furiose e opprimenti rispetto alla titletrack, impegnandosi invece nella costruzione di un’atmosfera ipnotica e dai tratti allucinati e dal riffing psichedelico.

Rassegnazione, smarrimento, angoscia dilaniano interiormente mentre si continua a lottare tra le onde di un mare tempestoso, in cui i brevi attimi di quiete appaiono sotto forma di miraggio al punto che inizia a farsi strada nella testa l’idea che lasciarsi affogare sia l’unica, tragica, soluzione. E mentre l’oscurità viene trafitta da una cocente luce del sole, anime dannate iniziano lentamente a comburere, donando all’eternità i loro lamenti strazianti che si mischiano ai nostri in un vortice di follia. “Scorching Sunlight” è un disco a parer mio maestoso con cui i Sator dimostrano di saper plasmare la materia doom/sludge in modo personale costruendo un’atmosfera fortemente evocativa, estraniante e al contempo disturbante. Another time, in the name of suffering…