Schegge Impazzite di Rumore #09

Ma rifiuto una vita di menzogna e paura!
Rifiuto una vita stabilita da loro!
Rifiuto una vita senza futuro!
Finira’ mai? Finira’ mai? Finira’ mai???

Anche in quarantena non si ferma l’appuntamento con le schegge impazzite di rumore, giungendo infatti al tanto atteso nono episodio! Quest’oggi a tenerci compagnia durante la reclusione nella città contaminata e quarantenata ci saranno il thrash metal delirante dei sardi Abduction, il death metal satanico e femminista degli Skulld ed il d-beat metal-punk dei milanesi Kombustion. Chiuso in una citta’ come una tigre nella gabbia. Non c’e’ niente da capire, non c’e’ niente da sperare, non ci rimane che urlare! Non ci rimangono che schegge di rumore impazzite!

Skulld in concerto

Abduction – Killer Holydays on Planet Earth (2020)

Si narra che durante i rapimenti alieni si possano sentire le note di questo “Killer Holydays on Planet Earth“… Thrash metal demenziale e fieramente ignorante per gli Abduction che tornano finalmente sulle scene con questo nuovo devastante “Killer Holydays on Planet Earth”, in cui i nostri sintetizzano quanto fatto nell’ultimo decennio dai Municipal Waste, dai Gama Bomb e dai brasiliani Violator, lasciando intravedere anche influenze più datate riconducibili ai Sacred Reich. Undici tracce accompagnate da testi deliranti e titoli che non celano l’intento palesemente nonsense e goliardico con cui i sardi si approcciano a quel sound thrash metal tipico del nuovo millennio che non sembra ancora aver del tutto perso il suo fascino. Tanto a livello musicale, quanto e soprattutto a livello di approccio lirico e di immaginario generale, gli Abduction mi hanno felicemente ricordato i Gama Bomb; difatti sulla falsa riga degli irlandesi anche il thrash metal dei sardi è infarcito di riferimenti ad una certa cultura cinematografica “nerd”, ben evidenziata da tracce quali “Grandpa Rick” ispirata dalla serie capolavoro “Rick e Morty”, dalla netta quanto assurda presa di posizione di una canzone come “If You Don’t Like Star Wars We Can’t Be Friends” o dall’iniziale “Uranus Attacck”, la cui accoppiata titolo-testo è degna di un filmaccio horror di serie Z. Thrash metal senza alcuna pretesa di risultare originale o tecnico, ma suonato con passione e con la giusta dose di “demenzialità” perfetto per fare headbanging selvaggio o per ritrovarsi a moshare in solitaria e che troverà sicuramente la sua dimensione ideale dal vivo. Non prendendosi troppo sul serio, mostrando una buona capacità nel songwriting che non risulta mai noioso e anzi mostra molta momenti estremamente godibili, gli Abduction sembrano volerci dire una semplice cosa con questo nuovo, assurdo in tutti i sensi, “Killer Holydays on Planet Earth“: It’s only thrash metal and we like it!

Skulld – Reinventing Darkness (2020)

Skuld, facendo riferimento alla mitologia norrena, era il nome di una norna (termine che etimologicamente significa “colei che bisbiglia un segreto“) che sembrerebbe potesse decidere il destino degli uomini. Tralasciando l’affascinante nome scelto dal gruppo e il suo background ricco di riferimenti alla cultura norrena, le tematiche principalmente trattate nelle liriche sono da ricondurre al mondo dell’esoterismo, del paganesimo  e di qualcosa che può essere definito come satanismo femminista, prendendo in prestito il titolo dell’ultimo brano presente su questo “Reinventing Darkness”. Evocando entità demoniache e forze pagane per lasciarle libere di infestare il regno dei mortali, con “Reinventing Darkness” gli Skulld ci trascinano in rituale esoterico che prende forma sulla base di sonorità death metal vecchia scuola che si rifanno tanto alla scena svedese quanto a certe cose fatte dagli Asphyx, ma con una buona dose di influenze black e hardcore (background da cui provengono i nostri) che affiorano spesso in superficie, con il growl urlato e lancinante della sacerdotessa Pam a farci da guida in questa discesa senza ritorno negli inferi più profondi. Un’atmosfera esoterica e infernale fa da sfondo al nostro viaggio tra le sei tappe di questo “Reinventing Darkness”, un viaggio tra rituali occulti (The Priestess), oscurità opprimente e senza fine (The Longest Hour), femminismo satanico (l’omonimo ultimo brano, uno dei migliori tanto per il contenuto lirico quanto per la parte strumentale) e antiche divinità pagane come nella quarta traccia intitolata Beaivi e incentrata sulla figura della dea del sole della cultura Sami. Tra racconti di donne che nella storia, nel passato così come, purtroppo, nel presente, son vittime di violenze, oppressione e morte da parte di una cultura patriarcale che le ha spesso indicate come streghe, pazze o figlie del demonio quando si sono ribellate e riferimenti a mitologie e rituali pagani, il death metal vecchia scuola degli Skulld colpisce nel segno con il suo mix di atmosfera, brutalità e un immaginario occulto ed esoterico. Rebels of the past, your anger shall rise… Slowly we riot!

Kombustion – Cenere (2019)

È un d-beat/metal-punk nichilista ed estremo quello che ci sparano addosso senza pietà alcuna i milanesi Kombustion, una dichiarazione di guerra senza fine decantata su sonorità aggressive che sembrano non aspettare altro che travolgerci come una furia selvaggia per lasciarci a terra inermi e privi di forze. “Cenere“, questo è il titolo del primo disco in casa Kombustion, ci regala nove tracce a cui si sommano un’intro e un breve outro, una roboante tempesta di d-beat/metal punk che pesca a piene mani dalla scena svedese più moderna e recente e principalmente da dischi come “Pray to the World” dei Wolfbrigade, “Allday Hell” dei Wolfpack e “Sekt” dei Martyrdöd, ma che non nasconde l’intimo legame che lo collega alla lezione seminale di Avskum e Anti-Cimex. Certamente non ci troviamo a livello dei gruppi appena citati, ma durante l’ascolto di questa prima fatica targata Kombustion, che inizia con l’assalto di “Rinnegato“, ci imbattiamo in una serie di tracce quali “Lato Sbagliato”, “Tutto si Spegne” o “L’Altra Faccia del Nulla” che danno l’impressione di trovarsi, impotente e rassegnati, nel bel mezzo di una tempesta che spazza via ogni cosa si trovi sul suo cammino. Altra traccia che inghiotte l’ascoltatore senza lasciar lui nessuna via di fuga è la bellissima “I am the Storm”, pezzo non inedito visto che era già stato inciso e rilasciato nel 2017 ma che in questa versione si riveste di una rinnovata brutalità, come se i Kombustion ci tendessero un’agguato che prende all’improvviso prima di scomparire nel fragore della tormenta. “Non avremo demolito tutto se non distruggiamo anche le rovine» sembrano volerci dire proprio questo, prendendo a prestito una frase accreditata al drammaturgo Alfred Jarry, i Kombustion con la loro miscela furiosa ed esplosiva di d-beat/crust e metal-punk. Spreading darkness, screaming the rage… It’s time to destroy appearing from the storm…

p.s. menzione d’onore per l’artwork di copertina che a parer mio merita moltissimo