C’erano una volta un disco powerviolence, uno grindcore, uno post-punk, uno d-beat/hardcore e uno emo… Non è una imbarazzante barzelletta da vecchio punx ma il nuovo, diciassettesimo appuntamento con Schegge Impazzite di Rumore. Se leggere nella stessa frase powerviolence e emo vi ha fatto venire un mancamento, cercate di ripigliarvi al più presto perchè non potete assolutamente perdervi i cinque dischi di cui vi parlerò nelle prossime righe; cinque dischi che tra estremismo sonoro e presammale emotiva sapranno come catturare i vostri cuori, infestare le vostre menti ma soprattutto tortura le vostre orecchie. Quindi bando alle ciance, risparmio il fiato per i tempi che verranno e vi lascio in balia delle ultime fatiche di Failure, Plague Bomb, Astio, Potere Negativo e Coxtola!

Failure – Obstinate (2024)
Quando uscì il primo s/t album dei Failure nel lontano 2017, ci andai sotto come un tossico. Che discone ragazzi, ne conservo gelosamente la mia copia e chissà quante cazzo di volte l’ho ascoltata nel corso degli anni! A distanza di tanti, troppi anni di silenzio, inframezzati da uno split con gli Ona Snop e dalla partecipazione alla compilation Hit Mania Violence, finalmente i Failure tornano a battere il loro sentiero di fallimento e terrorismo musicale con questo nuovissimo e devastante Obstinate. Dieci schegge di potere-violenza impazzito condensate in sette minuti, un hardcore punk suonato in maniera forsennata e violenta che alterna ritmi velocissimi a cambi di tempo repentini, con una raffica di blast beats infinita e un muro di suono che avanza incessante verso la distruzione di tutto ciò che trova sulla sua strada. Fastcore, powerviolence o hardcore punk, chiamatelo come meglio credete perchè in fondo la sostanza non cambia: ogni brano presente su questo nuovo mini album è una lezione di violenza e un breviario della distruzione sonora. Come da tradizione del genere, le tracce non superano mai il minuto di durata e proprio per questa caratteristica l’ascolto di Obstinate sembrerà una vera e propria imboscata con colpi che arrivano da tutte le parti e non lasciano tregua. I Failure emersero in un periodo estremamente fertile per le sonorità fastcore/powerviolence della scena hc italiana e non è difficile capire perchè siano ancora oggi tra le migliori realtà a suonare questo genere in Italia e in tutto il panorama europeo. Obstinate è un disco da ascolta e riascoltare, un disco che rappresenta al meglio cosa significhi suonare questo esatto stile di hardcore punk veloce, brutale e violentissimo. Fallimenti e potere violenza, tutto il resto è noia!

Plague Bomb – Human Obsolescence (2024)
Finalmente dopo tanti annunci che hanno coltivato in me aspettative e curiosità, il debutto dei romani Plague Bomb è qui tra noi e sono certo non ci farà dormire sonni tranquilli per un bel pò di tempo. Nati dalla mente di quel brutto ceffo di Pompeo, istituzione della scena estrema e hardcore romana, e altre persone dai gusti musicale poco rispettabili e rassicuranti, questa bomba pestilenziale a base di grindcore deflagra in maniera distruttiva e disumana senza lasciare scampo a niente e nessuno. Human Obsolescence, titolo di questa prima fatica in studio per i Plague Bomba, è una dichiarazione di intenti fin dal principio; un compendio di estremismo musicale e di distorte visioni sul mondo che ci circonda suddiviso in dieci tracce efferate che si susseguono così serrate da togliere il fiato. Alla base del sound della band romana c’è sicuramente un’ingente dose di grindcore vecchia scuola con sfumature più moderne suonato con attitudine, maturità e qualità; ad esso si aggiungono altre amenità sottoforma di estremismo sonoro che spaziano dal death metal al powerviolence e che rendono la proposta dei Plague Bomb ancora più devastante e brutale. Le liriche sputano parole al vetriolo e sono impregnate di rabbia nei confronti dello schifo quotidiano che impesta le nostre esistenze: sfruttamento, fame di profitti, ricchi di merda, disillusione e angoscia diffuse, visioni paranoiche sul futuro e l’umana obsolescenza. Una prima fatica che lascia ben sperare per il futuro e che rende molto semplice fantasticare sulla brutalità ancora più accentuata dei Plague Bomb dal vivo. Potete anche provare a dormire sonni tranquilli ora se ne avete voglia, ma Human Obsolescence è un incubo ad occhi aperti che continuerà a tormentarvi e terrorizzarvi, senza lasciarvi alcuna possibilità di fuggire.. Un breviario del terrorismo musicale, niente di nuovo sul fronte occidentale, ma solo mazzate, macerie e ossa triturate… cosa si potrebbe volere di più da un disco grindcore?

Astio – Bocche Stanche (2023)
Dopo aver parlato dei due dischi più brutali di questa diciassettesima puntata di Schegge Impazzite di Rumore, possiamo finalmente riprendere fiato e dedicarci a sonorità più orecchiabili e tranquille, ma non per questo banali o scontate. Niente terrorismo musicale quando schiacciamo play e partono le prime note di Bocche Stanche, traccia che da il titolo a questo nuovo disco dei trentini Astio. Niente assalti sonori brutali, ma sonorità che si rifanno al post-punk e a certe realtà della scena peace-anarcho punk britannica degli anni ottanta. Bocche Stanche degli Astio è stato pubblicato da Agipunk Records e la stessa etichetta diy del buon Coppa li descrive come un mix tra i Wipers e i greci Chain Cult; se sicuramente è una descrizione non troppo lontana dalla proposta musicale dei trentini, i sei brani presenti sul disco sono riusciti in più momenti a ricordami le cose migliori fatte da band come Vex, A Touch of Hysteria e di un’altra band greca che risponde al nome di Hekate. Le indovinate e godibili melodie di stampo post-punk e le linee melodiche anthemiche della voce sono due degli elementi che risaltano di più nella proposta degli Astio, mentre i testi si concentrano su come i magri tempi contemporanei alimentino la letargia, la disillusione e l’inazione di fronte allo sfruttamento economico e all’imminente catastrofe ambientale. Un disco che merita più di un ascolto perchè è tanto immediato quanto ricco di sfumature e perchè non sono moltissimi i gruppi che suonano un mix di anarcho-peace punk e post-punk così riuscito, intrigante e piacevole.

Potere Negativo – Benvenuto all’Inferno (2024)
E’ dai tempi de Il Mondo che Crolla che seguo con interesse le gesta musicali dei Potere Negativo, tanto da averne scritto una recensione proprio su queste pagine nel lontano 2018. Perciò non appena ho saputo che sarebbe uscito, finalmente, il loro primo album di debutto vero e proprio, ho aspettato di ascoltarlo con estrema curiosità. Benvenuto all’Inferno non ha deluso le mie aspettative e anzi, mi ha fatto ricordare nitidamente il perchè mi piacque così tanto quella prima demo tape della band di Sondrio. La situazione generale, attorno alla quale la musica e i testi dei Potere Negativo prendono forma e di cui si nutrono, non è poi cambiata poi molto dai tempi de Il Mondo che Crolla; anzi se mai è cambiata, lo ha fatto nella maniera peggiore, avviandosi sempre più velocemente verso un crollo inesorabile, rovinoso e spaventoso. In tempi di merda come quelli attuali in cui il pianeta terra e l’essere umano mondo sono ormai avviati a passo spedito verso una fine inevitabile, la civiltà del progresso e i mostri da essa creati hanno intrapreso da decenni la strada dell’autodistruzione, mentre attorno a noi vivi morenti si ostinano a perpetuare un’esistenza vacua e artificiale, a ripetere giorni vuoti e tutti uguali fino alla morte a cui ci hanno condannati. Le sonorità che caratterizzano le nove rabbiose, intense e veloci tracce che compongono Benvenuto all’Inferno si rifanno alle incarnazioni più contemporanee di quello che chiamiamo “raw punk” e che non è altro che un ibrido infernale e minaccioso di hardcore punk, crust e d-beat. In un continuum che parte dai Wretched e Indigesti e arriva ai più recenti Golpe, Skalp o Spirito di Lupo, l’attacco sonoro dei Potere Negativo, così come i loro testi di protesta, è impregnato di rabbia, irruenza, denunce, nette prese di posizione e una certa dose di disillusione nei confronti dell’esistente e delle barbarie quotidiane. Un disco hardcore punk immediato, senza troppi fronzoli, che parla della realtà attorno a noi in maniera diretta e comprensibile e che, in sostanza, suona classico e allo stesso tempo fresco, probabilmente tutto quello che si potrebbe volere da musica del genere oggi nel 2024.

Coxtola – Certi giorni sono peggiori di ieri (2024)
Certi giorni sono peggiori di ieri... niente di più vero. E’ una frase che mi son ritrovato a ripetermi spesso nel corso degli anni, specialmente nei momenti più difficili e disillusi in cui era facile vedere tutto nero, senza speranze e senza trovare una via di uscita da una spirale di malessere e paranoie. Certi giorni sono peggiori di ieri è il bellissimo titolo del disco con cui i Coxtola tornano sulle scene e vi avviso, preparate i fazzolettini prima di abbandonarvi al suo ascolto. I Coxtola infatti suonano una musica profondamente emotiva e sofferta il cui fulcro sono liriche intimiste e dense di emozioni personali ma che hanno la forza di essere altrettanto collettive e condivise. Perchè in fondo i Coxtola “suonano quella roba lì con amore dal 2012”. Un suono che si rifà alla tradizione emo/post-hardcore italiana più indipendente e underground, con sfumature di certo post-punk più moderno ma che viene suonato con una attitudine tipica dell’hardcore italiano di band quali i Kina o gli Affranti e che, proprio grazie a questo atteggiamento, riesce a bilanciarsi in maniera estremamente valida tra i momenti più emotivi ed emozionali e quelli più rabbiosi e tormentati. Se volete un’idea delle sonorità della band di Sondrio prendete le band sopracitate , aggiungete un po’ di Fine Before You Came, l’unicità poetica dei mai dimenticati Batien e rarefatti echi dei Diaframma (in certe melodie new wave della chitarra) e non andrete molto lontano da tracce come Chiuso a Riccio, Cao)))s o Quello che resta. Un ascolto che, come spesso accade con dischi di stampo “emo”, non passa di certo senza lasciare la sua traccia profonda ma anzi tocca precise corde, pensieri e ricordi, specialmente grazie ai testi davvero ben scritti, intimi e riflessivi con cui è facile immedesimarsi e fare propri, sentendosi un po’ meno soli e sconfitti nella sofferenza in questo mare di merda che è l’esistenza quotidiana che spesso malediciamo. Un disco che, appena finito di ascoltare, lascia pezzi di se sparpagliati ovunque, da raccogliere con attenzione e prendersene cura, in solitudine o con persone amiche e affini. Ed è vero che certi giorni sono peggiori di ieri… così come certi dischi sono porti migliori e più sicuri di altri, anche nel dolore. Grandi Coxtola, gran bel disco… è ora di asciugarsi le lacrime e buttare via i fazzolettini.
