Sorrow – Black Crow (2022)

La Polonia ha sempre avuto una scena hardcore punk florida, attiva e per certi versi unica, specialmente nelle sue declinazioni più anarcho e crust. Questo non dovrebbe essere nuovo a chiunque abbia letteralmente divorato dischi di band del calibro di Filth of Mankind, Homomilitia o Silna Wola, tutti gruppi che hanno avuto un grosso impatto musicale e specialmente politico-militante non solo in terra polacca ma anche al di fuori di essa. Concentrando il nostro sguardo solamente sull’ambito crust punk nelle sue incarnazioni più stench, oltre ai già citati e immensi Filth of Mankind, non si può non ricordare band oscure e dalla breve esistenza come Enough e Lost che hanno saputo interpretare il genere in una maniera personale e per nulla scontata. Non stupisce dunque che ancora oggi dalle desolate terre polacche emergano gruppi impegnati a suonare una precisa idea di stench-crust caratterizzato da toni fortemente apocalittici e avvolto da una sorta di epicità oscura e guerreggiante, oltre che teso a compiere incursioni spietate in territori metallici. Ecco che così, più o meno dal nulla, compaiono su un campo di battaglia disseminato di cadaveri e macerie questi Sorrow con il loro album di debutto intitolato Black Crow, pubblicato dalla sempre attenta Sanctus Propaganda.

Se non avessi già sommariamente descritto la musica proposta dai polacchi Sorrow, basterebbe l’artwork di copertina ad opera dell’iconico Sean Fitzgerald per catapultarci in territori stenchcore in bilico tra scenari di guerra post apocalittici, lande desolate dominate da oscurità e morte e atmosfere dai toni pagani e selvaggi. Uno stench-crust che segna un continuum netto con la “scuola” polacca degli immensi Filth of Mankind così come con l’approccio maggiormente votato alla lentezza, alle atmosfere angoscianti e a territori doom dei sottovalutati Lost. Ma i Sorrow sono al contempo molto abili nel sapere riproporre quelle sonorità stench-crust che richiamano alla mente Sanctum, Hellshock o Last Legion Alive e in generale quel periodo storico di revival crust dei primi anni duemila, dimostrando che il genere ha ancora qualcosa da dire e che si può farlo in una maniera tanto convincente quanto abbastanza personale.

Basta infatti il riff iniziale di Frustration, brano che ci introduce a Black Crow, per evocare immediatamente i migliori Hellshock o Sanctum con un piglio decisamente bellicoso, mentre l’atmosfera apocalittica nel suo incedere lento e sofferto di Storm of Swords dipinge magistralmente scenari desolati e campi di battaglia su cui sibila minaccioso un vento di impotenza e morte. Si prosegue su questo sentiero fino alla conclusiva Suffer with Smile, in un tripudio di assalti selvaggi sorretti da riff monolitici e momenti dominati da tensioni apocalittiche, toni oscuri e litanie dal sapore vagamente pagano (come nella titletrack) che ben si sposano con i rallentamenti e atmosfere da “quiete prima della tempesta”.

Se negli anni avete divorato dischi quali “On the Horizon” dei Sanctum, “The Final Chapter” dei Filth of Mankind o qualsiasi registrazione dei maestri Deviated Instinct, questo Black Crow porterà una ventata di putrida aria nuova ai vostri ascolti stench-crust permettendovi di dare tregua ai classici del genere senza però farveli rimpiangere, ma anzi imponendosi con forza, solidità e convinzione e presentando i Sorrow come i nuovi portabandiera dello stenchcore più apocalittico, selvaggio e bellicoso!