Tunonna – Buono (2017)

Questo album è uscito a inizio luglio e appena ho aperto questo blog (che nella mia testa dovrebbe tutt’ora essere una webzine), dopo averlo ascoltato divorandomelo più e più volte, mi sono immediatamente detto :<<devi assolutamente recensirlo su Disastro Sonoro!>>. In realtà per motivi a me del tutto sconosciuti, un mix di mancanza di voglia, di tempo e di altre recensioni durante questa ultima terribile estate, mi ritrovo oggi a inizio ottobre, in pieno e perfetto clima autunnale, con questa splendida opera prima di Silvia a.k.a. Tunonna, punk-cantautrice de Roma, ancora nelle cuffie e ancora li che chiede a gran voce di esser recensita. E allora cosa aspettiamo? E’ giunto ormai il moento di parlare di “Buono” e di Tunonna! Ora o mai più!

L’idea e la voglia di recensire quest’album mi è tornata all’improvviso questo pomeriggio, ascoltandolo come compagnia di sottofondo durante ore di studio universitario, guardando fuori dalla finestra e vedendo un cielo plumbeo e malinconico tipicamente autunnale che ho subito trovato perfetto come immagine per la musica “diversamente allegra” di Tunonna. Avviso per i lettori: questa recensione trasmetterà voglia di vivere, felicità ed altre bellissime emozioni di cui sotto sotto non ce ne frega un cazzo (“sono felice, domenica mi ammazzo”…).

Ricollegadomi immediatamente a quest’ultimo avviso ai lettori, vorrei iniziare a parlare dei singoli brani (10 precisamente) presenti su questo “Buono” partendo da un brano “a caso ma non troppo”, ossia “Allegria”, nona traccia, nonchè la più lunga e appunto “allegra”. Bastano pochi secondi di musica e il primo verso della canzone per capire che l’atmosfera volutamente creata da Silvia con la sua chitarra acustica e la sua voce è tutt’altro che allegra nonostante il titolo del brano dica il contrario. Il testo è un lento climax pregno di malinconia e dalla vena fortemente ironica (come tutti i testi presenti sull’album del resto e come è tradizione di Tunonna), interpretato magistralmente dalla voce sgraziata di Silvia, che dirompe in tutta la sua allegra tristezza nel ritornello che recita così: <<che vuoi di più non sei contento che respiri? prendiamoci un gelato che sono su di giri, felice tutti i giorni e non mi frega un cazzo, sono felice domenica mi ammazzo…>>. Un capolavoro che ricorda a tratti, tanto nella voce di Silvia quanto nella melodia, le primissime fatiche di Kurt Cobain e dei Nirvana, sopratutto per quanto riguarda l’atmosfera creata ed il mood generale del brano.

Altro pezzo che ha rapito il mio cuore al primo ascolto è certamente l’opening track dal titolo emblematico “A Caccia di Peroni”, la solita schitarrata acustica accompagnata dalla voce sgraziata e densa di malinconia di Silvia capace di costruire l’atmosfera perfetta ogni volta. Un pezzo che è una vera e propria dichiarazione d’amore di Tunonna nei confronti della sua più fedele compagna di vita, compagna delle sue serate e delle sue estati (“non c’entra niente che si freddo oppure estate, un euro e venti il prezzo delle mie serate”): la Peroni. E’ una storia d’amore romantica e che appassiona quella che ci racconta Silvia in questo brano, la storia d’amore più importante di tutte nonchè la più sincera, quella che non finira mai e che non potrai mai deluderti: quella tra l’uomo e la birra.

Vi parlerei volentieri di tutti e 10 i brani ma non lo farò per due motivi principali: innanzitutto non so quanti cazzo di voi hanno realmente voglia di leggersi 10 righe per ogni singolo brano (anche se le varrebbero tutte, c’è da ammetterlo), ma sopratutto non ho idea di come rendere a parole le emozioni scatenate in me da questi fantastici brani scritti e suonati da Silvia. Quindi ne ho scelti ancora tre di cui vi parlerò.

Proseguiamo infatti con il mio pezzo preferito dell’abum: “Mia Nonna”. Il testo è contraddistinto dalla solita ironia di Silvia, ma questa volta quello che emerge e che per lo meno io ho sentito ascoltando tale pezzo è un’emozione che non saprei descrivere a parole, un’emozione a metà strada tra la malinconia e la felicità innocente da bambini che, coniando un neologismo, mi permetto di nominare “felinconia” (o malincità, siate voi a decidere quello più appropriato, a me sinceramente fan cagare entrambi). Il testo di “Mia Nonna”, mettendo da parte per una volta la maschera dei duri e puri, racchiude tutto quello che chiunque di noi vorrebbe dire alla propria nonna. Non stupitevi se ascoltando questa traccia vi ritroverete con gli occhi lucidi a ricordare i momenti dell’infanzia (e non solo), le puntate di Forum, i soldi per il gelato anche a vent’anni (spesi rigorosamente per tutt’altro),il sempreverde “copriti che fa freddo prima che ti prendi qualcosa”, le domeniche a pranzo a casa della nonna di cui, anche se ti rompi il cazzo, non puoi farne a meno perchè in fin dei conti li con lei ci stai bene. In questa canzone Silvia si è sinceramente superata e la frase che rappresenta al meglio questo pezzo non può che essere la seguente: <<nonna non piangere devo pur crescere magari arrivacce vecchi come te>>. Lacrimoni.

L’ultimo pezzo di cui vorrei parlare nello specifico è “A Natale siamo tutti più parenti” che si muove sulle stesse cordinate di “Mia Nonna” in quanto ad emozioni e atmosfere create. Un pezzo che trasuda nostalgia e ricordi dei cenoni e dei pranzi di Natale passati con i parenti, dei regali imbarazzanti che fingi apprezzare, il divano che chiama dopo essersi riempiti di cibo, le partite a carte e a tombola, la tradizionale diatriba “pandoro vs panettone”, le domande scomode dei vecchi parenti e tutto il resto che rimane impresso nella memoria fino al prossimo Natale e che in fin dei conti rende “piacevole” questa giornata di festa. Nostalgia distillata e di rara bellezza.

A chiudere l’album c’è infine una grandissima cover; sto parlando di “Dora Daccela Ancora” degli indimenticati Prophilax, canzone che vede un featuring con Fabio Ceppaflex Pinci, il cantanto appunto del suddetto gruppo.

Tunonna a.k.a. Silvia parla di vita quotidiana, parla della vita di tutti i noi, con una semplicità e una immediatezza spiazzanti e grazie alla sua voce sgraziata e emozionale riesce a trasmettere un vortice di emozioni che cattura l’ascoltatore come se fosse lui stesso ad aver scritto i testi. E questa è una qualità che pochi artisti possono vantare. Silvia è spontanea, sia quando nei brani è preponderante il suo lato irriverente e ironico (vedasi pezzi come “Marco Jeans e la profonda quanto ilare “Gelardo), sia quando a farla da padrona è l’alone di malinconia e introspezione con cui racconta la vita di tutti i giorni. E parla di tutto ciò con un perfetto stile cantautoriale, accompagnata solamente dalla sua chitarra acustica. Tunonna è Silvia, ma in fin dei conti siamo un po’ tutti Tunonna. Non credo si possa aggiungere altro in merito a questo “Buono” e a Tunonna, quindi vi lascio con un solo consiglio: ascoltatevi queste 10 canzoni il prima possibile, non ve ne pentirete.

“Ho un cuore fatto strano che soffre la bellezza…” canta così Silvia in “Allegria”. Ed è per questo motivo forse che piango, ma non di tristezza, dinanzi a quest’album. Preparate i fazzoletti, ne avrete bisogno.