Tuttx Liberx, Morte ai Ricchi (da Distrozione)

Yao, non so manco che succede

Vedo sassi volare verso, frate’, la sese

Yao, vedo ragazzi arrabbiati

Che urlano con l’odio: “Vaffanculo la sese”

Oggi è iniziato il processo per i fatti del 26 ottobre 2020 quando la città di Torino conobbe la rabbia di coloro che quotidianamente vengono esclusi e rifilati ai margini, nelle periferie, lontano dai luoghi della città vetrina e dei negozi di lusso. In pieno clima di tensione per il secondo lockdown imposto dallo Stato in nome della cosiddetta “guerra al virus” e in concomitanza con altri momenti di rivolta spontanea contro le restrizioni, il coprifuoco e le difficoltà economiche che hanno attraversato tutta la penisola da Napoli a Milano, quella sera Torino fu letteralmente invasa da una teppa eterogenea pronta a fare deflagrare la propria voglia di riscatto e attaccare i simboli dell’esclusione socio-economica, delle abissali differenze di classe e della ricchezza. Rivolte spontanee e gioiose, scontri e cori contro la celere in antisommossa, saccheggi dei negozi delle grande marche di abbigliamento perché “a me fra non stava bene che io non avevo e tu avevi“. In occasione dell’apertura del processo penso sia interessante e valido condividere un ottimo testo scritto dai compagni di Distrozione ormai un anno fa, un tentativo di analisi su quella nottata di rivolta, un tentativo di dare una lettura diversa alle azioni messe in atto da chi è stanco di una vita fatta di marginalità, esclusione, povertà e repressione. “Tuttx Liberx, Morte ai Ricchi” offre una serie di spunti di riflessione che sarebbe ancora attuale e utile discutere insieme. Infine la decisione di condividere questo testo anche per tornare a ribadire la solidarietà e la complicità con gli/le insorti di quella notte torinese, così come con i/le giovanx rivoltosx scesi nelle piazze del resto d’Italia. Viva i/le giovanx teppistx della guerra di classe, morte ai ricchi!

Infami, infami! Liberate shiptari! Shiptari!
Questi sbirri Macari, Macari
Liberate i cumpari! Cumpari, cumpari, pah!

Tuttx Liberx, Morte ai Ricchi

Guardare alle rivolte di questi tempi con i giusti occhi non è compito facile. Ancor meno facile è il riuscire a farne un’analisi che sia lucida rispetto le motivazioni e le tensioni di chi vi ha partecipato..
La piazza che si è presentata a Torino, così come in altre città, è una piazza piena delle sue contraddizioni, di limiti, priva (o almeno così si suol dire) di contenuti politici… Eppure è innegabile la connotazione di classe. Sia quella attribuita dai giornali alle giovani persone rivoltose (appellandole come le persone delle baenlieue), sia quella che chi era li ha potuto osservare e sentire e che la stessa teppa in qualche modo si rivendica.. Al grido di “ricchi di merda vi è piaciuta la casa in centro!”, al suono delle vetrine di un negozio che si spezzano e crollano, lasciando che un fiume entri a riprendersi ciò che gli è stato sempre negato. Perché come ha giustamente detto un anonimo ragazzo intervistato da una radio locale “io non dico che sia giusto ma se quei pantaloni, che ti dicono che devi assolutamente avere in questa società, tu non potrai mai permetterteli… è normale che te li prendi”. Il giorno dopo l’indignatx cittadinx (e con lxi anche alcunx individualità che di media nei social si dicono “di movimento”) griderà allo scandalo e alla tragedia per qualche coccio di vetro per terra, un po’ di borse rubate e qualche danno collaterale ai dehors dei bar del centro. Qualcunx, come al solito, dirà che spaccare le vetrine è sbagliato perché allontana le persone dalle giuste motivazioni delle manifestazioni. Pochx di questx avranno realmente preso parte alla piazza. Ancor meno saranno mai state in una manifestazione in vita loro. Eppure, dal caldo della loro tastiera e dalla sicurezza del proprio profilo social, da sinistra a destra abbiamo potuto osservare il popolino farsi gonfio d’indignazione per quanto successo. Commercianti e Fascisti del nuovo millennio intanto giocheranno l’arduo ruolo del trapezista e, miracolosamente, cercheranno ancora di cavalcare sia la disapprovazione sociale, sia la rabbia della teppa. La stampa in tutto questo marasma di voci, persone e gruppi non sa più bene dove volgere lo sguardo così decide di buttare tutto in caciare dando un po’ la colpa a chiunque (i noti immigrati fascisti dei centri sociali???) ma stranamente ammettendo che questa volta non si possa assolutamente parlare di una qualche regia in piazza. Non si corre al complottismo mediatico in cui pericolosi anarchicx (anche quando si parla di aree di movimento che poco hanno a che vedere con l’idea anarchica) stanno cercando di fomentare le rivolte ma scrivono, se pur timidamente, che non si sa. che la digos indaga. che gli inquirenti inquerentano… Insomma. Lo stato brancola nel buio. Noi anche.

Tra le cose “evidenti” (a mio avviso ovviamente) c’è una totale assenza di lavoro reale nei quartieri più marginali. Per quanto negli anni vi siano stati differenti collettivi e gruppi che hanno concentrato le loro lotte e le proprie tensioni nei confronti di chi, esclusx dalle politiche sociali di questo paese si è trovatx completamente ai margini. Nonostante anni di lotte, rivolte, picchetti, resistenze, occupazioni e manifestazioni bisogna ammettere che il cosiddetto movimento è rimasto a urlarsi da solo addosso e a crogiolarsi dei risultati ottenuti (ma che non hanno avuto alcun effetto reale)… Intanto (per fortuna) giovani rivoltosx, ignorando totalmente “il movimento” o addirittura schifandolo e pur non essendosi mai affacciate ad una piazza o non avendo mai preso parte ad un “riot” ci supera a sinistra. La polizia non sa come reagire. La piazza esplode nella rabbia di chi è stancx delle scelte di governo, di una vita di stenti, di dover apparire sempre perfettx ed “in tiro”. Si vedono giovani vestitx di tutto punto lanciarsi in grida di gioia mentre corrono contro la polizia in assetto anti-sommossa. Mentre distruggono dehors per costruire barricate, bloccando la polizia in diversi punti e cercando di attaccare ancora. La fiumara di gente non ha né capo, né coda. Non ha un corpo perfetto o una strategia… Persone ben coperte in volto si dirigono in tutte le direzioni, piccoli gruppi si formano e sciolgono in pochi attimi. Quando la polizia carica dietro un angolo la gente fugge veloce ma si ricompatta in diversi punti e attacca ancora. Gli agenti a fine serata sono sfiancati. La piazza non è durata molte ore. Gli sbirri riescono a disperdere i/le manifestanti in diverse vie e la piazza si svuota. Stranamente non partirà questa volta (come spesso accade) una caccia all’uomo da parte di digos e agenti in borghese. Chi quella notte è scesx in piazza riesce ad andarsene più o meno al sicuro girando per le vie del centro. La situazione dopo gli scontri è surreale. Giovani bardatx girano indisturbatx, mentre lontane le forze preposte a mantenere l’ordine osservano impotenti ma meditando forse vendetta.

Nei giorni successivi spunteranno altri appuntamenti. I toni della stampa ovviamente saranno per lo più composti da grida d’allarme. Creando ovviamente un clima di terrore. Immagini di negozianti che impauritx chiudono le proprie attività, mentre la celere e agenti in borghese riempiono le vie dei centri cittadini. Ora che l’ordine costituito si ritrova a dover emanare restrizioni palesemente a favore di padroni e industriali (ma ai danni delle vite di sfruttatx ed esclusx) a colpi di DPCM. Mentre la “classe” dirigente invita alla calma. Le persone impaurite dal clima venutosi a creare disertano le chiamate. O almeno così la stampa vorrebbe venderci la notizia. Vorrebbe dirci che imprenditori e commercianti hanno giustamente manifestato (sventolando bandiere italiane e chiedendo ai propri aguzzini una morte più rapida forse) mentre le individualità criminali che hanno messo in questi giorni a ferro e fuoco le città e le vie del centro sono scomparse. Non una parola su gruppi di giovani che girano per il centro in attesa che qualcosa accada. Niente rispetto Rider che continuano i loro scioperi e manifestazioni. Nulla riguardo chi reclusx nei CPR o nelle galere continua ogni giorno a lottare per la propria sopravvivenza. Mentre lo Stato ci dipinge un immaginario d’obbedienza e restrizioni, mentre i suoi pennivendoli ci descrivono la paura e l’ansia di morire, mentre agenti scandagliano le nostre vite ed i nostri rapporti personali andando ad arrestare molti mesi dopo sia alcunx compagnx in quel di Firenze (per gli scontri avvenuti il 30/10/20) sia diversx giovani accusatx di aver preso parte ai riot di Torino, noi vogliamo ancora ritrovarci nelle strade. Vogliamo ancora urlare di rabbia e vogliamo ancora assaltare il cielo ridendo. Perché alla domanda “se non ora quando” la risposta che più viene istintiva è “sempre!”. Non saremo politicanti in attesa di un tempo maturo e strategie migliori. Saremo vento, saremo tempesta.