Veganismo Punk come Cultura della Resistenza

Se non mi fossi approcciato alla scena hardcore/punk durante gli anni della tarda adolescenza, partecipandovi attivamente anche e sopratutto in senso politico in direzione anarchica e discutendo nel corso degli anni con altrx compagnx e punx credo che mai nella vita mi sarei avvicinato con tanta coscienza, motivazione e interesse a questioni più che mai attuali e urgenti quali la liberazione animale, l’antispecismo, il vegetarianismo/il veganismo e altre tematiche affini. Per l’importanza che ha avuto nella mia presa di coscienza politica la relazione tra il punk, l’anarchismo e la lotta per la liberazione animale, appena mi sono imbattuto qualche ora fa in questo articolo pubblicato da DIY Conspiracy originariamente intitolato “Punk Veganism as a Culture of Resistance“, non ho avuto dubbi sulla volontà e il desiderio di tradurlo e pubblicarlo su Disastro Sonoro; anche per ribadire l’estrema importanza di un’analisi e un approccio antispecista per lottare contro ogni forma di sfruttamento, oppressione e repressione che lo Stato e il Capitale quotidianamente mettono in campo nei confronti degli animali umani, degli animali non umani e della natura. Perchè senza liberazione animale non può esserci liberazione umana, e viceversa. E per sottolineare, ancora una volta, come il punk più militante, antagonista e anarchico abbia sempre rappresentato un valido e concreto mezzo per organizzarsi, resistere e attaccare in maniera diretta un sistema economico, politico e culturale fondato sulle gabbie, la violenza, la tortura, la distruzione e la sopraffazione. Affinchè il “veganismo punk” torni ad essere una cultura della resistenza, della solidarietà e dell’attacco!

L’articolo pubblicato da DIY Conspiracy è stato scritto da Len Tilbürger, coautore dell’opuscolo Nailing Descartes to the Wall: Animal Rights, Veganism and Punk Culture, scritto insieme a Chris P. Kale.

Tutto è cominciato con i Crass

Fin dall’inizio c’è stato un certo incrocio tra il punk e la pratica di non mangiare animali. Persone come Joe Strummer erano vegetariane fin dai primi anni Settanta – era stato anche coinvolto nel movimento degli squatter, quindi esisteva una sovrapposizione tra vegetarianismo e sinistra radicale (se non ancora necessariamente, in quella fase, anarchismo). La prima volta che i diritti degli animali o la liberazione animale furono menzionati in una canzone punk fu nel 1979 da parte dei Crass in un brano intitolato “Time Out” dell’album Stations of the Crass, con un testo che faceva un confronto diretto tra la sofferenza degli esseri umani e quella degli altri animali. Da lì, la liberazione animale divenne un tema importante all’interno dell’anarchopunk e di altri sottogeneri del punk. L’influenza dei Crass, e del punk più in generale, ha portato alla diffusione del veganismo e dei diritti degli animali in tutto il mondo e ha influenzato il rapporto tra il veganismo e una varietà di sottoculture musicali, tra cui l’hip-hop e la techno.

Il legame tra veganismo e punk si esprime in modo più deciso e coerente, e più sensato, in relazione all’anarchismo. Una parte di questo legame deriva dal movimento hippie. I precedenti progetti artistici d’avanguardia dei Crass sono un buon esempio di questo legame. Erano già vegetariani prima di fondare la band, partendo dalla loro visione pacifista del mondo ma anche dalla loro opposizione anarchica allo sfruttamento e alla solidarietà con tutte le creature viventi. Molti dei primi punk avevano un sentimento anti-hippie che poteva renderli restii a diventare vegetariani o vegani, per paura di essere etichettati come “mangiatori di lenticchie”, ma furono conquistati dalla potenza etica dell’argomentazione dei Crass. Un caso interessante è quello di Captain Sensible dei Dammed, che si recò a Dial House, la comune in cui i Crass vivevano nell’Essex, per registrare un EP; dopo aver soggiornato lì per una sola settimana, divenne vegetariano e successivamente scrisse e registrò alcune canzoni vegetariane (“Wot! No Meat?”, 1985). I Crass contribuirono a creare una sorta di sintesi tra hippie e punk e il vegetarianismo fu una delle principali preoccupazioni della scena punk degli anni Ottanta.

Diventiamo Militanti

Le cose si allontanarono presto dall’approccio pacifista del vegetarianismo post-hippie in direzione di una scena che incoraggiava l’azione diretta militante contro coloro che traevano profitto dallo sfruttamento degli animali. La band che meglio rappresenta questo cambiamento sono stati i Conflict. I Conflict erano molto più “spigolosi” dei Crass, molto meno interessati al pacifismo. In questo senso erano più in linea con il più ampio movimento anarchico dell’epoca (gruppi come Class War, Anarchist Communist Federation, Direct Action Movement e Black Flag). Non rifuggivano dalla “violenza” che comportava l’azione diretta e il danneggiamento delle proprietà: erano disposti a lanciare un mattone contro la vetrina di una macelleria, a danneggiare le infrastrutture che sfruttano gli animali, a infliggere un danno economico a quell’industria. Il conflitto rappresentava un passaggio a qualcosa di molto più vicino all’Animal Liberation Front (ALF) – e naturalmente avevano diverse canzoni che celebravano l’attivismo dell’ALF (ad esempio “This is the ALF”, 1986).

La storia racconta che Colin Jerwood dei Conflict è venuto a conoscenza dello sfruttamento degli animali quando lavorava come imbianchino in un mattatoio. Jerwood rimase scioccato da ciò che vide e tornò al mattatoio con una videocamera, fingendosi uno studente che stava facendo delle ricerche, per catturare i filmati dell’orrore che stava accadendo. I Conflict proiettarono queste immagini su uno schermo alle loro spalle quando si esibirono. La reazione di alcuni punk fu in linea con il filone anti-hippie, fino ad assumere una posizione anti-vegetariana. Immaginate: anche se a questi punk vengono mostrati gli orribili abusi che avvengono ogni giorno nei mattatoi, essi sentono una sorta di costrizione da macho a “farli valere”. Questo è ciò che i Conflict stavano affrontando, stavano cercando di trasmettere un messaggio a persone che non erano ancora vegetariane. Oggi diamo per scontato che ci siano così tante persone, non solo punk, che sono vegetariane e vegane: è la “norma”, è ciò che la gente fa. Ma i Conflict sono stati dei veri pionieri nella diffusione del veganesimo.

Non erano solo i Conflict, ovviamente. Altri gruppi del sottogenere anarcho punk scrivevano canzoni in merito alla liberazione degli animali: gruppi come Flux of Pink Indians, Zounds, Subhumans, Rudimentary Peni, Icons of Filth. Ma i Conflict, e forse anche gli Antisect, sono stati i più incisivi sul tema. E non si trattava solo di gruppi musicali: le prime zine punk che avevano come tema i diritti degli animali includevano Fack, Guilty of What?, New Crimes e Tender Mercy (Worley, 2017). Le zine hanno continuato a svolgere un ruolo chiave nella diffusione del veganismo e della liberazione animale tra i lettori punk: innumerevoli zine includevano ricette vegane, alcune erano addirittura completamente dedicate alla cucina vegana. Nel corso degli anni, alcune delle zine che si sono concentrate sul veganismo e sulla liberazione animale includono Artcore, Bald Cactus, Last Hours (nata come Rancid News), Headwound, Ripping Thrash e Meat Raffle.

Liberazione Animale e Punk

La fine degli anni Settanta, quando il punk fece capolino nella coscienza pubblica, coincise con la formazione e l’ascesa dell’Animal Liberation Front (ALF). La genesi inizia con la Band of Mercy, formata nel 1972 da attivisti provenienti dalla Hunt Saboteurs Association. L’obiettivo della Band of Mercy, che prende il nome da un gruppo di giovani della RSPCA del XIX secolo, era quello di compiere danni materiali e sabotaggi economici in difesa degli animali. Iniziarono la loro campagna distruggendo i fucili e sabotando i veicoli dei cacciatori rompendo i finestrini e tagliando gli pneumatici. Alla fine il gruppo cambiò nome in Animal Liberation Front, per sottolineare che si ispirava alle lotte di liberazione anticoloniali. Uno dei fondatori era Ronnie Lee, che faceva parte di un gruppo punk, così come molti altri attivisti dell’ALF. Questi due gruppi – i punk anarchici e gli attivisti per la liberazione animale – si sono uniti e sono stati coinvolti nello stesso ambiente radicale. È in parte il rapporto con il punk che ha visto il movimento di liberazione animale crescere in direzione anarchica. Quando l’ALF iniziò a svilupparsi e a prendere parte a un maggior numero di azioni, utilizzò lo stesso immaginario e lo stesso logo usato dai punk -Ⓐ (la “A” cerchiata).

Il movimento di liberazione animale non avrebbe raggiunto le vette che ha raggiunto se non fosse stato per questa relazione con il punk: per un periodo prolungato, gli attivisti sono stati impegnati in più azioni e hanno causato più danni economici nel Regno Unito rispetto al resto della sinistra rivoluzionaria messa insieme. L’influenza si estende anche oltre l’ALF. Ad esempio, gli Hunt Sabs si sono formati negli anni ’60, ma sono diventati un gruppo di attivisti anarchici radicali alla fine degli anni ’70, con l’arrivo degli anarco-punk (che erano stati politicizzati da gruppi come i Crass e, più tardi, i Conflict). Ciò che attirava le persone verso il sabotaggio della caccia era in parte la stessa cosa che attirava le persone verso il punk, ovvero l’attivismo fai-da-te: basato su un processo decisionale consensuale, ottenuto attraverso piccoli gruppi di persone che si riunivano senza fare appello a un’autorità esterna, organizzandosi senza gerarchie. Era un modo per mettere in discussione i valori tradizionali e per riconoscere la “liberazione totale”: le diverse forme di oppressione e di dominio si intersecavano ed erano causate dagli stessi fattori che venivano mantenuti, sostenuti e rafforzati dallo Stato capitalista. Hunt Sabs divenne anarchico e adottò molti dei principi organizzativi e dei significati culturali anarchici proprio perché molti punk si unirono al movimento.

Un altro fattore in comune tra gli anarchici nelle scene punk di tutto il mondo è il progetto Food Not Bombs. Nella scena punk indonesiana, ad esempio, il vegetarianismo e il veganismo sono molto meno diffusi, ma le azioni di Food Not Bombs sono incredibilmente estese, e sono vegetariane, costituendo un punto di riferimento per la sensibilizzazione vegetariana e vegana all’interno della cultura punk. E questo vale per tutto il mondo, quindi che ci si trovi in Malesia o in Indonesia, in Russia o in Sud America, in Europa o in Sudafrica o negli Stati Uniti, Food Not Bombs è un’azione associata al punk ed è vegana (o almeno vegetariana). La liberazione animale così come viene praticata in “Occidente”, e in particolare l’inquadramento degli Hunt Sabs all’interno di una tradizione particolarmente inglese di toff in cappotto rosso a caccia di volpi, non si è trasmessa in tutto il mondo come Food Not Bombs. È un legame molto forte.

Il punk ha dato al veganismo un’enorme spinta in termini di consapevolezza; così tante persone sono venute a conoscenza degli aspetti politici dei diritti degli animali grazie al punk, attraverso le zine, le band che cantano canzoni sui diritti degli animali o le bancarelle di distribuzione con volantini e materiale informativo. Più che per la sensibilizzazione, il punk è stato fondamentale per la raccolta di fondi: concerti benefit e uscite discografiche per Hunt Sabs e l’ALF. Questi beneift costituiscono un’importante connessione concreta tra il punk e la lotta per i diritti degli animali, orientando i processi quotidiani di produzione culturale del punk verso cause attiviste.

Up the Vegan Punx

Il punk ha avuto un’influenza diretta sulle persone che ascoltavano quella musica, ma ha anche fornito una base culturale che ha sostenuto l’attivismo radicale nel corso dei decenni. Il veganismo è diventato parte dell’identità collettiva punk e anarchica. Va benissimo dire “sì, mi impegno personalmente a essere vegano e a lottare per la liberazione degli animali”, ma se non hai una cultura che ti sostiene è molto difficile da mantenere. Lo si vede sempre, amici che erano vegetariani in gioventù non sono più vegetariani o vegani perché non hanno avuto più quella rete, quella cultura di sostegno: è ciò che ha creato il punk ed è ciò che altre culture stanno ora ricreando nei loro schemi estetici. Il veganismo è stato un elemento fondamentale per sostenere e costruire una cultura punk anarchica di resistenza in tutto il mondo. Un nuovo libro – Smash the System: Punk Anarchism as a Culture of Resistance, pubblicato da Active Distribution (2022) – celebra proprio questo tipo di culture punk e in tutto il libro si percepisce l’importanza del veganismo e della liberazione animale per l’identità collettiva punk.

In contesti politici e ideologici diversi, la liberazione degli animali ha fatto parte delle scene punk di tutto il mondo. Ad esempio, nella Repubblica Ceca post-comunista le fanzine punk dei primi anni ’90, come Hlučná Lobotomie, hanno dimostrato la loro inclinazione verso l’anarchismo verde opponendosi al militarismo e all’energia nucleare e sostenendo le attività dell’ALF. Nel Sudafrica post-apartheid vediamo che la diffusione del veganismo è stata influenzata dai punk anarchici; nel Venezuela socialista (di Stato) apprendiamo che i punk anarchici sono entrati a far parte di movimenti sociali di base che includono il movimento anti-globalizzazione, il sostegno alla liberazione degli animali e ai gruppi vegani e la solidarietà con i prigionieri politici; in Cina gruppi hardcore come i Gouride (狗日的), dello Yunnan, hanno canzoni che promuovono il veganismo e denunciano l’imperialismo e il consumismo.

Nella nostra zine Nailing Descartes to the Wall (2015, nuova edizione 2020) abbiamo affrontato la critica di “lifestylism” mossa alla scena punk da anarchici non punk; il vegetarianismo e il veganismo sono spesso legati all’accusa che i punk sono “solo lifestylist” e non veri anarchici. Questa critica ignora il ruolo di politicizzazione che il punk ha in termini di diritti degli animali e la base culturale che sostiene e supporta l’attivismo. L’effetto è stato incredibilmente pervasivo e duraturo: i dischi della fine degli anni Settanta e degli anni Ottanta mantengono questo impatto ancora oggi, e questo perché sono prima di tutto parte di una cultura attiva di cui la gente vuole far parte. È dichiaratamente legata all’intrattenimento, al divertimento. È proprio qui che risiede la forza del punk: non è sterile e noioso e non è una lezione. Se diventate vegani o vi date al sabotaggio solo perché è quello che fanno i “ragazzi più fighi”, allora è fantastico! È un buon punto di partenza, come nessun altro. Ci sono ancora alcuni “anarchici materialisti” che non riescono a vedere oltre la punta del loro naso per apprezzare l’importanza di tutto questo, anche di fronte all’immenso impatto che la sovrapposizione punk/anarchico/vegano/liberazione animale ha avuto su centinaia di migliaia di persone.

Riferimenti

  • Captain Sensible & The Missus (1985), “Wot! No Meat?”, Animus Records.
  • Conflict (1986), “This is the A.L.F.”, The Ungovernable Force, Mortarhate Records.
  • Crass (1979), “Time Out”, Stations of the Crass, Crass Records.
  • Jim Donaghey, Will Boisseau and Caroline Kaltefleiter (eds) (2022), “Smash the System!”: Punk Anarchism as a Culture of Resistance, Karlovac: Active Distribution.
  • Len Tilbürger and Chris P. Kale (2015), Nailing Descartes to the Wall: Animal Rights, Veganism and Punk Culture, London: Active Distribution (new edition published 2020).
  • Matt Worley (2017), No Future: Punk, Politics and British Youth Culture, 1976–1984, Cambridge: Cambridge University Press.