Cruz – Confines de la Cordura (2022)

E’ stato difficile per me nel corso di questi anni non fossilizzarmi in maniera quasi ossessiva nell’ascolto di Culto Abismal, prima fatica in studio dei catalani Cruz datato 2016 e coprodotto da quella Neanderthal Stench records a cui ho dedicato uno speciale l’estate scorsa. Un disco che ho a dir poco consumato, ascoltandolo e riascoltandolo infinite volte tante da averne perso il conto, attendendo con ansia e curiosità un nuovo capitolo nella discografia della band di Barcellona, un nuovo esemplare che proseguisse sul sentiero di un death metal vecchia scuola che affonda le sue radici nella tradizione più marciulenta, putrida e oscura del genere, mantenendo però stretti ed evidenti legami anche con una certa attitudine crust punk. Finalmente sul finire dello scorso settembre i Cruz sono riemersi dagli abissi impenetrabili del silenzio in cui erano piombati e hanno dato in sacrificio rituale a tutti noi il nuovissimo Confines de la Cordura, disco che segna un continuum perfetto con il precedente lavoro ma che mostra contemporaneamente una band ormai giunta a completa maturità, pienamente consapevole dei suoi mezzi e con un songwriting granitico; un disco e una band che non accettano compromessi per la loro aggressività e che non risparmiano niente e nessuno.


I sette capitoli che compongono Confines de la Cordura si diramano assumendo la forma di un macigno opprimente di death metal che guarda ai grandi nomi del passato, dai Bolt Thrower agli Autopsy, dalla scuola svedese ai primissimi Ashpyx, senza mai recidere completamente quel cordone ombelicale che, da un lato, lo lega ad un’immediatezza espressiva e un’attitudine di stampo (crust) punk e, dall’altro, enfatizza rallentamenti e momenti votati alla creazione di atmosfere angoscianti, putrescenti e asfissianti grazie ad improvvise e labili incursioni in territori tipicamente doom metal. Sette tracce che si alternano sapientemente tra momenti più contenuti e granitici, veri e propri assalti di metallo della morte votati a sbriciolare ossa e a seminare terrore come Als Peus de la Creu e Infamia Insular, e altri caratterizzati da un minutaggio più elevato e dall’esplorazione di desolate lande che lambiscono rallentami di stampo doom, dove i Cruz si concentrano sulla costruzione di un’atmosfera oscura, soffocante e vagamente apocalittica e orrorifica come in tracce del calibro di Els Murs Errant o nella conclusiva L’Alè de la Cripta. All’immediatezza di Culto Abismal infatti sembra che i catalani con questo loro nuovo capitolo abbiano preferito concentrarsi su un suono più ragionato e strutturato, ricorrendo all’ utilizzo di midtempo e linee melodiche dalle tinte oscure per costruire un’atmosfera sinistra, più opprimente e tetra rispetto al passato, riuscendo a gestire al meglio sia i momenti in cui lasciare spazio a vere e proprie imboscate guidate dai riff di matrice old school death metal e altri in cui i rallentamenti e le atmosfere si ritagliano un ruolo di protagoniste per far crollare nell’oscurità e nell’angoscia l’esperienza di ascolto di Confines de la Cordura. Quarantuno minuti di miasmi pestilenziali, una lenta discesa negli abissi verso un orrore senza fine e un viaggio senza rotte prestabilite verso i confini della sanità, un disco che suona come la sentenza ad una dannazione eterna che non risparmia nessuna forma di vita. Un ritorno tanto atteso quanto assolutamente non deluso, almeno per il sottoscritto, che incide in maniera indelebile il nome dei Cruz tra le realtà più valide del death metal europeo in ambito underground.