Make Rho Fast Again! – Fast Night in SOS Fornace

Sabato 21 maggio 2022. A distanza di (quasi) tre anni esatti dall’ultimo concerto hardcore DIY a Rho, nella desolata e paranoica provincia di Milano, le sonorità fast, grind, violence e metalpunk hanno nuovamente invaso il centro sociale SOS Fornace, in un tripudio di rumori altissimi, poghi selvaggi, alcolismo molesto e mazzate nello stomaco in nome del metal, dell’hardcore e dello spirito che continua! Una Fast Night organizzata, in collaborazione con SOS Fornace, da Extreme Noise Rho DIY, un collettivo appena nato (ma con volti noti e arcinoti della scena milanese) che promette (o minaccia, vedete voi) di riportare e diffondere il verbo del terrorismo musicale e dell’estremismo sonoro nella provincia rhodense, attraverso la pratica dell’autogestione e un’attitudine do it yourself. Cerchiamo di andare con ordine, anche se a noi dell’ordine frega un cazzo di niente, per parlare di questa prima Fast Night e delle band di amici e amiche che hanno reso possibile la serata. E state pronti alle prossime lezioni di estremismo sonoro che arriveranno a breve, perchè stiamo tornando carichi a pallettoni!

Suicide by Cop

Ad aprire le violente danze ci hanno pensato i giovani e selvaggi Judith, nuovissima band brianzola (vaffanculo Monza-Brianza) impegnata a suonare un d-beat metalpunk veloce, con un sacco di tiro rock’n’roll e che fa scapocciare malissimo dal divertimento, dall’inizio alla fine. Primissimo assaggio metal della serata per tutti i e le presenti, i nostri hanno dalla loro dei pezzi dai tratti anthemici e che difficilmente lasciano impassibili, ma se non vi piacciono gli Inepsy e i Motorhead non potete capire i Judith e forse non ve li meritate nemmeno. Nota inutile ma visto che questo non è un live report ma un racconto di una vera e propria serata in famiglia, mesi fa il cantante di questi Judith sarei potuto essere io, ma fortunatamente hanno trovato nel buon Raven un frontman più bravo e soprattutto estremamente più bello di me, quindi si può dire che Defo e gli altri ci hanno visto lungo. Giovani fuoriclasse del metalpunk, ma meno cover dei The Cure perché i ragazzi piangono eccome e I need more fire to burn tonight!

Judith

“Morte all’America e al burro fuso!” … Subito dopo i Judith ci hanno pensato i Botaoshi a riportare la serata nelle coordinate di un fastcore/powerviolence veloce, furioso, incazzato e profondamente in your face. Ma cosa cazzo si dovrebbe mai dire ad un gruppo giovanissimo e potere-violentissimo che fa una cover di “Aragosta Irachena” di Peter Griffin? Assolutamente niente, esatto. Fanno tutto giusto, lo fanno bene, sono fast come la serata prevede, sono potere-violenza come se fossimo tornati nel 2016, sono bravx, quindi facciamo silenzio e per una volta scordiamoci che sono di Cuneo, quindi praticamente francesi. Compatrioti dei già potere-violentissimi Rice Filth, viene lecito domandarsi se stia emergendo prepotentemente una new wave of Cuneo powerviolence. Staremo a vedere, intanto vi si vuol bene anche se non ho ancora capito cosa cazzo vuol dire Botaoshi. Loro promossi a pieni voti, io rimandato a settembre. Il potere-violenza cuneese invade Rho, la cittadinanza trema!

La misofonia viene indicata come una forte intolleranza a suoni e rumori. Probabilmente la reazione di rigetto, sofferenza e intolleranza è l’unico obiettivo che si pongono i Misophonia quando attaccano a suonare. Un mix devastante di noise-core, powerviolence e grindcore che ha come unico interesse dichiarato quello di distruggere le orecchie, imporre la dittatura del proletariato e scagliare dissing contro tutto e tutti, pure contro se stessi perché non bisogna provare pietà per niente e nessuno. Tra un “torno indietro nel tempo e voto per Stalin” scandito con fare solenne dal batterista e un’introduzione da applausi del cantante che recita “volevamo dedicare questo concerto a Fabrizio Quattrocchi perché ci ha fatto vedere come muore un italiano“, i 15 minuti di dissing-violence dei Misophonia hanno fatto una strage di cuori e di stato. Musicalmente ancora una volta non si capisce un cazzo perchè c’è tutto quello che vi da fastidio: è noise, è violence, è grind, ci sono i blast e i cambi di tempo, i timpani fischiano e le orecchie sanguinano, la confusione regna sovrana e lo spettro del comunismo si aggira per il centro sociale Fornace. Ci sono un via-parrino, un bergamasco, un pugliese e un filippino (dategli ancora del giapponese se ne avete il coraggio), non è una barzelletta del cazzo ma il working class blast beat per il comunismo e la libertà, contro i nemici del proletariato, i giornalisti di Vice, i wannabe Bastianich nella scena hardcore e altri infami di ogni ordine professionale. Fuck on the Fornace Beach, w la Jugoslavia, w Tito!

Dopo una rivoluzione d’ottobre al sapore di noise-grindcore, serviva assolutamente un piano quinquennale metalpunk per riequilibrare le sorti della Storia e per imporre la vittorie definitiva della metal-classe operaia. Ed ecco allora che il partito dei warriors Kombustion decide di regalarci una mezz’oretta abbondante in cui metalpunk, crust e d-beat si alleano per portare distruzione, non fare assolutamente prigionieri tra i presenti e scagliarsi senza pietà contro tutti “i nemici del vero metal che hanno provato ad eliminarci“. Unico punticino a sfavore dei Kombustion, la mancanza dell’imprescindibile occhiale war metal, mancanza che però non ha intaccato la furia metalpunk dei nostri Manowar preferiti e nemmeno la voglia di pogare dei e delle malcapitati in quel di Fornace. Bravi e belli, belli e bravi, sicuramente una delle migliori band “crust in senso lato” attualmente in circolazione, la prossima volta però voglio il momento ballad come a Sunset Strip negli anni 80. Noi non siamo i Wolfbrigade, fate i Motley Crue!

Kombustion

Chi se non i Suicide by Cop potevano accompagnarci verso la chiusura delle danze? Chi se non la band di casa a fare pogare fino all’ultima goccia di sudore alcolico i e le presenti prima di lasciarli nelle mani del post serata a ritmo di hip hop americano, Dj Gruff e In the Panchine? Death-grind implacabile, brutale, spietato, tritaossa e assolutamente devastante per loro, un live in cui tra mosh selvaggi e headbanging spezzacollo non c’era mezza persona che ha osato stare ferma immobile. Qualcuno, in mezzo al pogo, ha addirittura commesso un fallo intenzionale non sanzionato, ma in sala var hanno ripreso il tutto e quindi potrebbe arrivare una squalifica. Tutti bravi, dal batterista macchina da guerra alla bassista più metal di tutte che ha subito un sabotaggio dal suo stesso pedale ma non si è lasciata scalfire, dal chitarrista macina riff al cantante con tanto di bandana per fare capire cosa significano anni di metal-militanza. I Suicide by Cop sono tornati a suonare in Fornace a distanza di tre anni da quel devastante concerto degli Extreme Smoke 57 e si dimostrano ancora una volta una delle realtà più solide e brutali della scena estrema lombarda, quindi se non li chiamate a suonare in giro forse è perché vi piacciono i Dark Tranquillity e non capite un cazzo di metal e della vita in generale. Rho odia ancora, i Suicide by Cop possono (e devono) blastare!

Suicide by Cop

Per concludere questo delirio-live report, una nota di merito doverosa per la scelta (che fa tanto 2006) di mettere post concerti l’hip hop invece della solita trash o della tekno, perché se preferite la cassa dritta a 9mm di Vincenzo da Via Anfossi forse non possiamo essere amici. Lo sbirro mi punta, i’ll be feroce like Nadia Desdemona Lioce!