Slavery – S/t (2022)

La violenza chiama, i venti del caos soffiano sulle rovine delle città degli esser umani; gli Slavery ruggiscono intonando urla di guerra primitive e si preparano a sferrare il loro ultimo assalto mortale contro l’umanità, condannandola all’estinzione e al collasso finale. Nessuno rimarrà illeso e niente verrà risparmiato quando la tempesta di barbarico e selvaggio stench-crust avrà inghiotitto tutto quanto senza lasciare scampo, perchè gli Slavery sono completamente sordi alle urla di disperazione e terrore. 

Dalle lande desolate della Repubblica Ceca, lo scorso anno finalmente gli Slavery hanno fatto emergere dall’oscurità il loro primo album, innalzando al cielo il putrido stendardo dello stenchcore più barbarico, feroce e primitivo che mente umana possa concepire. Da tempo considero la band di Praga come una delle realtà crust più interessanti, valide e coerenti attive nella scena europea e ho sinceramente atteso con impazienza la pubblicazione della loro prima fatica in studio, anche perchè avevo consumato all’inverosimile Kniha stínů! e Údolí Zimy!, le due tracce che avevano pubblicato come promo del disco addirittura nel 2021. Gli Slavery sono fieri portabandiera di quelle sonorità stenchcore che, avendo come punto di partenza la primordiale lezione dei Deviated Instinct e dei primissimi Bolt Thrower, sono state magistralmente interpretate e diffuse come un morbo marciulento nel mondo da band del calibro di Filth of Mankind, Sanctum e delle altre varie legioni barariche che hanno imperversato e guerreggiato nei primi anni duemila. Un suono efferato, riff capaci di costruire scenari apocalittici tanto quanto di assumere le sembianze di asce bipenni pronte a ridurre in macerie e cadaveri ciò che si trovano dinanzi, una batteria che martella dal primo all’ultimo secondo di questo disco e in grado di far tremare la terra sotto i piedi e le vocals cavernose, primitive e profonde che sembrano annunciare dichiarazioni di guerra e devastazione ad ogni sillaba pronunciata, questi sono gli elementi che rendono il primordiale brodo stench-crust punk degli Slavery un vero e proprio breviario delle barbarie e una minaccia spietata all’umanità sull’orlo dell’imminente apocalisse. Pur non reinventando il genere, nella loro musica c’è tutto quello che piace a noi amanti delle sonorità più paranoiche, nichiliste, post-apocalittiche e marciulente del punk: le atmosfere oscure e desolate tipiche dello stenchcore degli albori, il crust punk più feroce e selvaggio, le incursioni votate al saccheggio in territori metallici ed estremi, tutti ingredienti che concorrono a rendere questo s/t album degli Slavery un disco monolitico e inarrestabile nel suo incedere verso la totale distruzione e l’assalto barbarico di questo mondo. Menzione d’onore anche allo splendido artwork che, per quanto non si debba mai giudicare un disco dalla copertina, rappresenta la cornice perfetta per la musica e per le atmosfere evocate dalla band ceca.

Se sembra anche a voi che il 2022 sia stato un anno estremamente fertile per il crust punk in tutte le sue forme, non vi state di certo sbagliando e infatti anche questo S/t album degli Slavery entra senza esitazioni in una mia personale top ten dei dischi crust dell’anno appena trascorso. E dunque vi do solo alcuni consigli: non perdete tempo, comprate il disco, ascoltatelo e siate pronti a farvi investire dalla furia distruttiva e dai venti barbarici di questo ottimo esemplare di stench-crust!