Step to Freedom – S/t (2023)

Cosa ci può essere, per impatto visivo ed estetico, di più stenchcore di un barbarico guerriero non morto armato con un ascia rudimentale che si staglia su una distesa infinita di teschi umani, mentre sullo sfondo si scorge una fortezza in pietra che appartiene ad un’immaginario medievale e fantasy non ben definito? Probabilmente niente. E infatti l’artwork di copertina di questo nuovo capitolo della discografia dei russi Step to Freedom è crust in ogni suo singolo schizzo di matita, in ogni suo particolare, in ogni sfumatura del bianco e nero e in tutti gli scenari e le atmosfere che può evocare uno stile cosi immediatamente connaturato al genere sopracitato. Ma non di solo artwork e grafiche accattivanti vive l’homo crust-inhabilis e infatti la band proveniente dalle desolate lande dell’est dell’impero russo note come Nizhny Novgorod, ancora una volta, ci offre un ferale e selvaggio attacco di crust punk radicato in profondità nelle primordiali sonorità della scuola britannica degli anni 80. Muovendo i passi dall’influenza iscritta nelle loro viscere che richiama alla mente nomi storici e seminali come Deviated Instinct, Antisect e Hellbastard e avendo assorbito in profondità la lezione di capisaldi del genere come Welcome to the Orgy o Heading for Internal Darkness, gli Step to Freedom suonano la putrescente, apocalittica e guerresca materia crust punk nella maniera più efferata e furiosa possibile. Se non è propriamente esatto parlare di una via russa al crust, è innegabile che il genere nell’epicentro di ciò che fu l’impero sovietico ha assunto un suo suono e una sua estetica immediatamente riconoscibile; gruppi come Fatum e Repression Attack, nelle loro differenze stilistiche, hanno tracciato la rotta da seguire e tante altre nuove legioni di crusters si muovono in tutta la Russia, innalzando i putrescenti stendardi del crust punk e diffondendo morte, distruzione e desolazione attorno a se. Gli Step to Freedom non smentiscono questo dato, poichè ascolto dopo ascolto si sente in profondità che si è al cospetto di una band che suona quel brodo primordiale noto come stenchcore segnando un continuum inequivocabile con la scuola russa del genere rappresentata da capitoli imprescindibili quali Edge of the Wild e Altar of Destruction.

Avevo lasciato gli Step to Freedom con la breve recensione di The Rotten Era apparsa nell’articolo Stench from Post-Soviet Wastelands, disco del 2019 che già presentava gli elementi che ritroviamo su questo nuovo (e per il sottoscritto, atteso) self titled album in una maniera ancora più matura e consapevole della propria qualità compositiva: un crust punk primitivo, dall’indole bellicosa e dall’efferatezza spietata, ricoperto da una spessa armatura metallica e che si alimenta tramite saccheggi e incursioni in territori di matrice thrash metal e proto-death; una voce barbarica che invita alla distruzione di questo mondo, riff abrasivi e affilati come lame di un ascia bipenne pronti a spazzare via ogni cosa si trovino dinanzi, un tappeto ritmico che sbriciola le ossa e fa tremare la terra sotto i piedi e assoli (a volte dal sapore epico) improvvisi che squarciano l’atmosfera guerresca e apocalittica costruita dalla band russa. Dai radi più efferati rappresentati da tracce come Control Therapy o Chasms of Soul fino ad arrivare ai momento più epici, apocalittici ed oscuri di Pseudo Reality o Dark Fortress, l’approccio degli Step to Freedom rimane costantemente selvaggio e barbarico, mosso da una furia incontrollabile come un berserkr che si lancia sugli schieramenti nemici senza provare timore e incurante della sofferenza, seminando distruzione e terrore ad ogni suo movimento. Forse più marcate rispetto al passato sono le influenze del thrash metal di scuola Sacrilege e il riffing cosi come le parti mid-paced che evocano lo spettro dei Bolt Thrower dell’imprescindibile In Battle There Is No Law, e più in generale una forte impronta metallica che potrebbe far pensare al crossover thrash di certi Concrete Sox.

Trentacinque minuti di crust-massacro che non lasciano spazio per riprendere fiato e distruggono anche solo la possibilità di immaginare momenti di quiete, in un incedere incessante e impetuoso verso la devastazione più spietata e l’attacco brutale che non risparmia niente e nessuno. Dagli abissi dell’underground russo, brandendo l’ascia arrugginita dello stench-crust punk più barbarico e furioso, gli Step to Freedom tornano a scagliarsi contro questa buia epoca in putrefazione, in cui nuove guerre, repressione politica e l’oppressione dello Stato dominano sulle macerie della catastrofe creata dalla fame di profitto dell’economia neoliberista globale. Come a voler lasciare un messaggio chiaro e inequivocabile a questo mondo e alle sue barbarie: “Non avremo distrutto tutto se non distruggeremo anche le macerie“. Non stupitevi se troverete questo disco in qualche oscura crust-lista di fine anno, così come non dovreste stupirvi se non ve ne sarà traccia in quelle classifiche punk patinate di sedicente gente che sa scrivere. Il crust è grande e gli Step to Freedom sono una delle sue ultime agguerrite legioni!