Rompere il silenzio…

Ammetto che è’ molto complicato introdurre le seguenti righe…

Come avete potuto ben notare, Disastro Sonoro è piombato in tombale silenzio da novembre ad oggi, senza dare spiegazioni (se non alle persone più vicine) né segnali di vita. Ho ragionato molto in questi mesi sulla possibilità di scrivere qualcosa per rompere tale silenzio, ma tra procrastinazione e altre questioni ho sempre rimandato. Credo però che il momento sia giunto ed eccomi quindi qui a scrivere queste righe. 

Mi piacerebbe spiegarvi in maniera coerente e chiara le motivazioni che mi hanno portato a mettere in stallo Disastro Sonoro fino a questo momento, perchè penso di avere una certa responsabilità nei confronti di tuttx coloro che seguivano ciò che pubblicavo, con le band con cui avevo in ballo interviste e che hanno “subito” la mia sparizione e con quelle poche individualità che magari si sono domandate “come mai Disastro Sonoro non pubblica più nulla?”, “che fine ha fatto quello stronzo di Stefano?”.

Era da qualche tempo che sentivo maturare in me la convinzione di star andando avanti per inerzia nello scriver recensioni, interviste e articoli vari. Inerzia che si concretizzava anche nel sentirmi in dovere di presenziare a questa o quella situazione punk, a quel concerto o quel benefit; un’inerzia dovuta non tanto alla mia disaffezione nei confronti del punk inteso sia musicalmente che come mezzo di una radicale seppur parziale critica all’esistente, ma più come conseguenza di un “ruolo” che mi ero auto-assunto e che stava diventando sempre più pesante, seguendo molto di più la motivazione estrinseca (il voler/dover far parte di una scena ed essere riconosciuto come parte di essa) rispetto a quella intrinseca (quello che faccio mi fa stare ancora bene?). Un’inerzia dovuta all’essere Disastro Sonoro prima che Stefano.

Tutte queste riflessioni si sono sommate ad alcune recenti delusioni legate a doppio filo alla mia “militanza” (per qualcuno sicuramente non avrò abbastanza “punti scena” per parlare di ciò, ma sticazzi) nella scena punk, specialmente legata ad amicizie (o sedicenti tali) e collettivi, a persone di cui provavo stima e che ritenevo affini. Delusioni che mi hanno fatto soffrire, emotivamente e psicologicamente, principalmente per avermi obbligato a fare i conti con la distanza esistente tra i valori professati a parole e le dinamiche reali tra le persone. Per aver visto all’interno di un ambiente che speravo (illudendomi) immune, atteggiamenti e logiche tossiche di un mondo esterno che ho e abbiamo sempre cercato di mettere in discussione e distruggere, con evidentemente scarsi risultati. Delusioni nate anche dal notare la mancanza di una comunione di intenti e visione su cosa sia il punk, l’hardcore e quant’altro, che hanno portato a scontri e rotture anche pesanti all’interno del collettivo di cui ho fatto, orgolgiosamente, parte. Perché al di là di ogni questione personale e politica, mi rivendico tuttora l’esperienza del collettivo Extreme Noise Rho e le persone che ne hanno fatto parte. Rotture, scontri e scazzi di cui ho sicuramente la mia parte di responsabilità, visto che son sempre stato una persona profondamente polemica e spesso fin troppo moralmente critica. Un cagacazzo, in poche parole. Un cagacazzo, ma non un infame come qualcuno ha cercato di spacciarmi. 

Sono arrivato ad un punto a settembre, dopo l’ultimo concerto che ho organizzato insieme ai compagni e le compagne di Villa Occupata, in cui ho sentito il bisogno vitale di prendermi una pausa, di staccare e quasi di scomparire da una scena e un giro che, con tutte le mie contraddizioni e la mia mancanza di costanza, han fatto parte della mia vita negli ultimi (quasi) dieci anni. Prendere una pausa per sanare delle ferite, per ricercare serenità, per ritrovare motivazioni, per capire quale strada stessi seguendo e se fosse ancora quella che avrei voluto seguire, eccetera. Ed ecco allora che da novembre ho lasciato che Disastro Sonoro piombasse nel silenzio, prendesse polvere abbandonato nell’angolo più buio della mia soffitta mentale. 

Con queste righe ci tengo inoltre a chiedere scusa a tutte quelle persone che nei mesi mi hanno scritto e cercato e che non hanno avuto risposte. Scusate, ma a posteriori posso dirvi che non era facile per me in quei momenti parlare come Disastro Sonoro e non come Stefano, obbligandomi a mettere da parte la mia salute mentale, il rancore, la rabbia e la delusione. A tempo debito ogni intervista che avete fatto lo sforzo di scrivere verrà pubblicata.

Forse nessuno aveva bisogno di queste righe, di questo sfogo, di queste motivazioni. Forse le sto scrivendo più per me stesso che per voi. Forse sentivo il bisogno di esser sincero e trasparente con coloro che hanno sempre supportato Disastro Sonoro e che hanno avuto un minimo di stima nei confronti di Stefano, prima ancora come persona che come punk. Ma se le ho scritte è sicuramente perché questo silenzio assordante era diventato un peso insostenibile anche per me.

Grazie per il tempo che dedicherete a leggervi queste righe nate come flusso di coscienza, pensieri e parole che vengono dalla pancia più che dalla testa. Ci si rivedrà presto sotto ad un palco, nel pogo o dietro alla distro. Sperando potranno essere ancora notti bellissime e giorni migliori…