Chaos non musica vol.2 – Seppellite il mio cuore in Villa Occupata

Forza i lucchetti, viola i giardini segreti, il futuro è da cercare in quelle pozze d’acqua nera che sembrano morte, ma riflettono il cielo.

Pedante, rindondante, ripetitivo fino allo sfinimento ma, vi prego, quando lascerò il mondo dei mortali (o dei vivi morenti, fate un po’ voi) seppellite il mio cuore in Villa Occupata. Lo so che ripeto questa frase come mantra da più di un lustro, ma non trovo parole migliori per dimostrare il mio affetto viscerale per un luogo e uno spazio come Villa Occupata che negli anni, a seconda delle sue molteplici incarnazioni vista la sua natura poliforme, ha significato molto per me sotto ogni punto di vista, dal punk alle tensioni politiche passando per amicizie, complicità e affinità. Avrei anche una seconda richiesta, se possibile. Quando seppellirete il mio cuore in Villa, fate suonare i Kalashnikov o quanto meno mettere come marcia funebre/inno di gioia una canzone a scelta tra Nere Sono le Cinghie dei Fucili o L’Algebra Morente del Cielo. 

Bene dopo questo incipit delirante e assolutamente poco interessante, parliamo di cose ben più serie. Il concerto di sabato sera in Villa Occupata dal nome Chaos non Musica vol. 2 è stato un momento bello, intenso ed emozionante come non ne vivevo da tempo all’interno della scena punk e che credo abbia riacceso in me qualcosa di cui sentivo la mancanza. Una di quelle serate che mi fanno tornare a battere il cuore prepotentemente per tutto ciò che il punk può essere, deve essere e so che potrà continuare ad essere. Una serata in cui, dopo un ultimo anno di disillusione e rassegnazione, mi ha fatto nuovamente sentire che altre individualità sentono visceralmente le mie stesse tensioni verso l’esistente, verso questi tempi di merda e verso l’alienazione che attanaglia le nostre vite. Ma sopratutto mi ha mostrato che è ancora possibile vedere il punk come collaborazione, complicità, unione ed emozioni e questo grazie alle tante persone presenti che si sono sbattute in ogni senso e forma possibile ed immaginabile: chi ha organizzato, chi ha chiamato le decine di distro presenti, chi ha suonato, chi abita Villa, chi si è sbattuto al bar o all’ingresso e chiunque abbia urlato a squarciagola ogni parola, perdendo la voce nel microfono, uniti in un abbraccio denso di emozioni e ricordi che fa sentire meno soli e sconfitti anche solo per il tempo di una notte. Abbracci da cui ripartire per una vita radicalmente diversa.

Una serata che mostra le due anime della Milano punk hardcore attuale: da un lato un gruppo/un collettivo storico, in giro da troppi anni per ricordare quanti e che continua a sbattersi per il punk, per il diy e per tutto quello che ci gira intorno, tenendo vivo un certo modo di intendere questa sottocultura e questa musica. Dall’altra giovanissime leve che battono i loro sentieri, seguendo le orme della storia che fu l’hardcore del passato e della città meneghina in particolar modo. Da un lato i Kalashnikov e il loro anarco-romanticismo punx, dall’altra Narkan e Cranial Putrefaction e le loro propagazioni di chaos non musica suonate con tutta la rabbia e l’urgenza espressiva giovanile che hanno in corpo e che inietta nuova linfa vitale nella scena, nei cuori e nelle menti di ognuno di noi.

Sono stato il primo in questi anni a domandarmi criticamente e a volte addirittura a lagnarmi eccessivamente sul perchè la scena punk hardcore milanese sembrasse poco attraente per nuove leve, per giovanissimi nuovi e nuove punx che avrebbero potuto combattere la stagnazione e un certo immobilismo, diffondendo idee fresche e prendendoci a schiaffoni con rinnovato entusiasmo e voglia di fare. Sabato sera però sono stato felicemente smentito, e quello che ho potuto vedere e che mi ha riempito di gioia, è un trend che forse esiste da almeno un paio d’anni. Tantissime facce giovanissime, tantissime ragazze e ragazzi adolescenti o appena maggiorenni che erano li per supportare le band dei loro amici Narkan e Cranial Putrefaction in primo luogo, ma che hanno portato quella famosa ventata d’aria fresca che si è abbattuta su tutto e tutti come un tornado implacabile, libero e selvaggio.

Da un lato i Kalashnikov che fanno un regalo a tutte e tutti, tornando a suonare dal vivo con Milena alla voce, cantante originale del gruppo che non si esibiva con loro da almeno dieci anni e di cui sentivamo una sincera e profonda mancanza. Dall’altra i Narkan che fanno un vero e proprio release party del loro nuovissimo disco “Sorvegliare e Punire” pubblicato poche ore prima del concerto e i Cranial Putrefaction che aprono le danze al suono del grindcore più marcio, devastante e attitudinalmente coerente possibile.

Che dire del concerto? Le parole sono sempre la tomba delle emozioni, quindi è difficile spiegarvi cosa ho provato e percepito nell’atmosfera attorno a me, negli occhi di tante persone che ho visto cantare, ballare, pogare e abbracciarsi. Ad aprire le danze ci hanno pensato per l’appunto i giovanissimi brianzoli che rispondo al nome per nulla rassicurante di Cranial Putrefaction che al suono del loro grindcore spietato e brutale hanno iniziato a far spaccare le ossa a giovani e meno giovani presenti alla serata, mostrando ottima attitudine e una manciata di pezzi davvero vincenti. Successivamente è toccato ai Narkan, giovanissima band chaos punx milanese che ha tutte le qualità della migliore gioventù: rabbia, attitudine, parole al vetriolo, convinzione e tantissimo da dire e urlare nel microfono. I Narkan per quanto giovani non hanno bisogno di troppe presentazione perchè è più di un anno che sono in giro e suonano a destra e a manca, facendosi le ossa e dimostrandosi ottimi sia dal punto di vista musicale che da quello dell’atteggiamento e delle idee politiche. Ennesimo live all’insegna di quello che loro stessi/e definiscono “chaos punk” che chiama in causa i Wretched e i Peggio Punx (apoteosi alla cover di “Scemo”) ed è bellissimo vedere come la loro urgenza espressiva sia contagiosa per i presenti, specialmente per i tanti e le tante loro coetanei/e. Forse la speranza è nei cuori, nelle voci e nelle teste di questi giovanissimi e queste giovanissime punx.

foto gentilmente offerta da Max

Dopo il vero e proprio release party di “Sorvegliare e Punire” dei Narkan, arriva il momento che probabilmente tanti se non tutti aspettavano da tutta la serata e molti anche da più di dieci anni: il ritorno dei Kalashnikov dal vivo con Milena alla voce. Il loro concerto si apre con Bandiere da Bruciare, una delle prime canzoni con cui ho conosciuto e con cui mi sono innamorato dei Kalashnikov quasi dieci anni fa, potete quindi capire da soli l’emozione che ho provato in quel momento. Hanno poi proseguito con la titletrack de L’Algebra Morente del Cielo, primo disco che ho acquistato dei Kalashnikov nella mia vita, potete dunque nuovamente solo immaginare il coinvolgimento emotivo che ho provato in quel momento. Emozionante, quasi da lacrime e fazzolettini, sentire canzoni con cui son cresciuto e mi son formato la mia idea di punx, di anarchia e di scrittura, cantate da Milena, voce originale del gruppo che fino a sabato sera non avevo mai avuto la fortuna di sentire e vedere cantare dal vivo insieme ai Kalashnikov. Ma il momento per me più intenso, commovente, è stato senza ombra di dubbio quando Milena ha invitato sul palco Valeria, cantante che prese il suo posto, cedendole il microfono. A fine serata, avviandoci verso l’uscita di Villa, attraversando la selva che nasconde questo giardino segreto dalla distopia cementificata milanese, una carissima amica mi chiese chi preferissi come cantante dei Kalashnikov tra Milena e Valeria e io non ho saputo rispondere. Sarebbe come scegliere tra mamma e papà, o peggio ancora come dover esser obbligati a scegliere tra Paul di Anno e Bruce Dickinson (se non capite che sto parlando degli Iron Maiden non possiamo essere amici, sorry). So solamente di esser stato felicissimo di vedere sullo stesso palco Milena e Valeria, perchè oltre che l’amicizia quel momento rappresenta per me tutto quello che il punk e l’anarchia dovrebbero essere: supporto, complicità, collaborazione, unione. Tutto quello che non è competizione in fondo, tutto quello che il mondo là fuori vorrebbe distruggere in nome di relazioni basate sulla merce e il profitto. Altro momento che incarna alla perfezione quello che mai mi stancherò di identificare con il punk è stato l’intervento al microfono di Lisa, suonatrice di synth dei Kalashnikov, che ha voluto ricordare la compagna antifascista Ilaria Salis, detenuta nelle carceri ungheresi. Perchè o i microfoni e i palchi tornano ad essere spazi, momenti e mezzi per esprimere solidarietà ai tanti e alle tante individualità affini e complici che attaccano l’esistente, oppure che brucino insieme ad ogni bandiera e ogni ideologia.

Come al solito mi viene difficile parlare in maniera non banale delle cose che mi piacciono perchè, si sa, ho il cuore fatto strano che soffre la bellezza. Ma sono esattamente momenti come il live dei Kalashnikov (e più in generale l’intera serata) in Villa Occupata di sabato sera che mi fanno tornare lucidamente in mente tutti i motivi, le tensioni e le emozioni che negli anni mi hanno avvicinato e legato al punk, alla sua dimensione politica di critica radicale e di lotta, e che mi hanno convinto ad aprire questo blog e mettere in piedi la distro con tutto l’impegno, la convinzione, la rabbia e gli ideali che ancora oggi fanno parte di me e che cerco in ogni modo di tener vivi e diffondere. Posso solo alzare la testa verso il cielo scuro, cercare con lo sguardo la compagna luna e urlare a squarciagola fino a perdere la voce: viva i punx romantici, viva l’anarchia!

e fu così che gesti banali si fecero eroici e i miei pugni si aprirono ad accogliere le tue mani

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