Nemici di un sole che non tramonta mai, sotto un cielo da cui piovono pietre…
Lo ammetto fin da subito: per me sarà veramente difficile parlare di “A Sun That Never Sets”, settimo lavoro in studio di quella creatura polimorfa che risponde al nome di Neurosis. Impresa ardua perchè si tratta di un disco che ha segnato profondamente la mia crescita musicale, che ha occupato i miei ascolti in modo assiduo per molti anni e che ha certamente influenzato i miei gusti nel corso del tempo dirigendoli verso territori inesplorati quanto spaventosi, territori sonori in cui addentrarsi con cautela rischiando di rimanere inghiottiti in una voragine di paranoie da cui è praticamente impossibile risalire.
Il sound dei Neurosis è passato attraverso molteplice fasi e differenti forme nel corso della loro carriera, dall’iniziale hardcore punk con echi crust di matrice Amebix e Discharge fino a giungere ad un suono più completo, personale e progressivo che in molti hanno definito post-metal. “A Sun That Never Sets” può essere preso ad esempio definitivo della maturazione del suono dei Neurosis, una musica quella del gruppo di Oakland caratterizzata da una natura profondamente cangiante e polimorfa, attraversata nelle viscere da molteplici pulsioni e differenti influenze. Difatti il sound che inghiotte appena ci si addentra negli abissi opprimenti di questo “A Sun That Never Sets” incorpora dentro di sé vaghi retaggi hardcore, passaggi ambient e altri più noise, pulsioni folk che si intrecciano con tribalismi oscuri, ma soprattutto un muro di suono asfissiante, che fa proprie la pesantezza e la lentezza dello sludge più annichilente e claustrofobico.
Nel corso del viaggio attraverso il vortice di angoscia e smarrimento creato dalle nove tracce possiamo notare un quasi totale abbandono delle radici hardcore/crust punk (se si escludono lontani echi di aggressività e irruenza tipicamente punk) che hanno accompagnato l’inizio della carriera dei Neurosis e che hanno permeato il sound di primordiali album quali “Pain of Mind” (1988), “The Word as Law”(1990) e in parte anche lo splendido “Souls at Zero” dell’92. I californiani dirottano ormai completamente il proprio suond verso lidi molto più sperimentali e territori progressivi nel quale confluiscono in parti eguali sludge claustrofobico, post metal dai toni marziali, soluzioni vagamente psichedeliche, passaggi atmosferici, pulsioni noise, musica ambient oscura e inserti tribali ipnotici. I Neurosis forgiano così un muro di suono del tutto angosciante, inospitale e caratterizzato da profondi toni apocalittici, con momenti di tensione costanti sottolineati in modo magistrale dal ricorso a fraseggi atmosferici e rallentamenti di natura sludge che rendono faticoso respirare. Non si può difatti rimanere indifferenti dinanzi ad un’esperienza tanto claustrofobica come può esserlo solamente l’ascolto di “A Sun That Never Sets”, in cui i Neurosis creano voragini ipnotiche e angoscianti che si aprono improvvisamente sotto i nostri piedi trascinandoci giù negli abissi più profondi dove le nostre paranoie prendono forma e son pronte a divorarci.
Inoltre uno degli elementi che, anni fa così come oggi, continua a catturarmi, mandandomi in fissa in tempo zero e facendomi sprofondare nei meandri più oscuri di questo magistrale trip angosciante della durata di un’ora e sette minuti sono sicuramente le melodie e il riffing di chitarra che oscillano costantemente tra toni ipnotici e altri più progressivi da una parte, mentre dall’altra in grado di dipingere paesaggi spaventosi e claustrofobici, il tutto sottolineato dal tribalismo oscuro e martellante delle parti di batteria. Il vortice di tensioni e pulsioni evocato dalla musica dei Neurosis su “A Sun That Never Sets” provoca inoltre sensazioni di profonda angoscia, di rassegnazione e di impotenza dinanzi ad un mondo che sembra stia per crollare su se stesso da un momento all’altro sotto un sole che non tramonta mai. In tutto questo le vocals ad opera di Scott Kelly e di Steve Von Till accompagnano i paesaggi apocalittici dipinti dalla musica in modo assolutamente perfetto, riuscendo a imporsi su toni evocativi quando il sound dei Neurosis si avventura in territori ambient e nei momenti più atmosferici, così come sono capaci di esplodere in dilanianti urla di sofferenza e smarrimento che corrodono la gola quando invece ci si ritrova, come naufraghi alla deriva, in balia di tempeste di sludge claustrofobico e opprimente.
Vortici di smarrimento, angoscia, paranoie che ci inghiottono e lacerano, continuano ad aprire squarci nella nostra psiche mentre, giunti all’ultima tappa (Stones from the Sky) di questo allucinante viaggio, si cerca di risalire da un abisso sonoro ipnotico e claustrofobico, verso paesaggi apocalittici e desolati illuminati da un sole che non ha più intenzione di tramontare. Se mai doveste domandarvi quale potrebbe essere la colonna sonora che accompagnerà i giorni dell’apocalisse, la risposta ricadrà senza ombra di dubbio su questo devastante e assurdo “A Sun That Never Sets”, punto più alto raggiunto, a parer mio, dai Neurosis nei loro trentacinque anni di carriera.