Minneapolis brucia! – Frammenti sparsi sulla scena hardcore di Minneapolis

L’articolo che andrete a leggere è stato pubblicato originariamente con alcuni tagli sul numero zero di Benzine, nuova fanza punx nata per volontà di alcune individualità della scena punk hardcore milanese e pubblicata negli scorsi mesi. Per chi non avesse avuto ancora la (s)fortuna di tenere tra le mani una copia di Benzine, sfogliarne le pagine ed imbattersi in questo articolo, beh ora potrete comunque leggervi questi frammenti sparsi sulla scena hardcore di Minneapolis direttamente su Disastro Sonoro!

BURN THIS RACIST SYSTEM DOWN!

Il 25 maggio, la polizia di Minneapolis uccide George Floyd, uomo afroamericano di 46 anni in modo brutale, tramite soffocamento mentre quest’ultimo ripeteva “i can’t breathe”, una frase oramai divenuta slogan delle lotte antirazziste. Il video dell’omicidio ha fatto il giro del mondo, così come hanno fatto il giro del mondo le immagini e i filmati delle proteste e delle rivolte cominciate quella stessa sera a Minneapolis e nel resto degli USA e che, fortunatamente, continuano ancora oggi senza dare impressione di volersi placare, anzi facendo scoppiare la scintilla anche lontano dal territorio statunitense (vedasi attacchi all’ambasciata USA ad Atene o manifestazioni in Francia degli ultimi giorni). Incendi delle caserme e delle questure, saccheggi dei negozi della grande distribuzione, strade invase dalla comunità nera che ha trovato la solidarietà e il supporto di altre comunità discriminate e oppresse (da quella latina a quella gay) e di altri proletari nella resistenza e nell’attacco ad un sistema economico-politico oppressivo, brutale e profondamente razzista nelle sue fondamenta. Minneapolis però per chi non lo sapesse nel corso dei decenni ha avuto un’importante e profondamente politicizzata scena hardcore/crust punk, con band attive in percorsi di lotta antirazzisti, antifascisti e più in generale apertamente schierati contro la repressione dello Stato e l’oppressione alienante e quotidiana del sistema economico capitalista. In questo periodo in cui Minneapolis e gli Stati Uniti bruciano di rabbia e di gioia, dato che il punk hardcore non è solo musica ma anzi una reale minaccia per questo esistente, mi permetto di affrontare un breve excursus sulla sua scena hardcore e tra alcuni dei gruppi che ritengo essere di maggior importanza. Solidale e complice con i rivoltosi di Minneapolis e di tutte le altre città che sono insorte, che il fuoco risplenda presto ovunque e che di questo mondo, del suo razzismo e della sua repressione poliziesca non rimangano altro che macerie. E conseguentemente, che l’hardcore e il punk tornino ad essere una mezzo per minare questo esistente nelle sue fondamenta.

“Posso solamente vedere un mondo migliore venire costruito sulle macerie di questo”

 

Appena appresi la notizia dell’omicidio di George Floyd mi balenò immediatamente in testa il titolo di un ep datato 1992 dei Destroy, storico gruppo d-beat/hardcore originario proprio di Minneapolis. “Burn this Racist System Down“, un titolo perfetto per descrivere tanto le cause strutturali di un sistema che ha portato e permesso quest’ultimo come centinaia di altri assassini di matrice razzista per mano poliziesca, quanto le motivazioni che hanno spinto migliaia di persone a fare divampare le fiamme della rivolta per le strade della città, probabilmente spinte dal desiderio di una vita radicalmente diversa da questa non-esistenza dominata dalla miseria economica, sociale e umana che il capitalismo impone e difende con la violenza dei suoi apparati repressivi e con la sua legge borghese.

Difatti, come accennato nell’introduzione, nel corso degli anni 80 e 90, fino ad arrivare fino ad oggi, Minneapolis ha visto emergere una fertile e attiva scena punk-hardcore, di cui i Destroy sono certamente una tra le band più importanti, tanto dal punto di vista strettamente musicale quanto a livello politico. Un’altro dei gruppi crust punk probabilmente più noti emerso dall’underground hardcore di Minneapolis alla fine degli anni ’80, nonché uno dei più longevi, son stati sicuramente i Misery. Formatosi nel 1988, nel 1991 pubblicano prima un ep devastante,  preludio di quello che a pochi mesi di distanza sarebbe stato il loro primo album intitolato “Production through Destruction“, un concentrato di crust punk fortemente imbastardito da derive “metalliche” come da tradizione britannica degli anni ’80, ovvero quel brodo primordiale che potremmo definire semplicemente “stenchcore”. Un album che fin dal titolo sottolinea però le posizioni politiche che animano il progetto Misery, visto che a far da filo conduttore alle undici tracce troviamo una serrata critica e un brutale attacco al sistemo economico capitalista che sacrifica tutto e tutti sull’altare del profitto, devastando e saccheggiando territori e risorse, sfruttando e opprimendo esseri umani e animali nell’ottica di una produzione senza fine e fuori controllo.

Non mi dilungherò inutilmente a parlare di questo o quell’altro album firmato dai Misery, perchè credo sia più importante riportare qualche aneddoto legato all’impegno politico che ha sempre caratterizzato l’esistenza stessa della band e tratto da un’intervista rilasciata proprio dal gruppo a Profane Existence qualche anno fa, collettivo ed etichetta diy che nacque proprio a Minneapolis nel 1989 sotto forma di fanzine. Parlando dell’allora nascente scena punk hardcore della città, i Misery dichiararono che fu importante al fine di creare una rete di gruppi e collettivi punk politicamente attivi su posizioni libertarie, anti-gerarchiche e contro lo stato, un raduno di una parte del movimento anarchico avvenuto proprio nel 1985 a Minneapolis. Questo, sempre in accordo con le parole della band, servì a creare un terreno fertile per far divampare e diffondere le idee anarchiche e un certo modo di intendere la lotta politica all’interno della scena punk hardcore locale. Inoltre nel corso dell’intervista i Misery ricordano e rivendicano con gioia il giorno in cui una manciata di punx ubriachi costrinse alla fuga un gruppo di nazis che si erano presentati ad un concerto organizzato in città, distruggendo i finestrini delle loro auto.

Minneapolis è una città che ha sempre avuto problemi con una profonda e radicata questione razzista e razziale e i fatti degli ultimi mesi post omicidio di Floyd non hanno fatto altro che porre sotto l’attenzione mediatica qualcosa che viene vissuta quotidianamente da decenni da parte della popolazione nera e di altri segmenti della popolazione discriminati, emarginati ed oppressi, ma chiaramente non solo in un’ottica passiva. Difatti sempre sul finire degli anni ’80, per contrastare le crescenti violenze razziste perpetuate da gruppi di nazi-skinhead che iniziavano ad aggirarsi per le strade di Minneapolis, si formò una crew denominata Baldies, che rispondeva violentemente colpo su colpo alle azioni di questi suprematisti bianchi, riuscendo in questo modo a non far mai emergere e attecchire in città una scena musicale Nazi-White Power. Fu proprio a partire da questa embrionale realtà che si sviluppò e venne fondato successivamente a Minneapolis l’ARA (Anti-Racist Action), una rete creata all’interno delle sottoculture punk e skinhead per fronteggiare e contrastare attivamente le violenze e le discriminazioni razziali, col fine di organizzare vere e proprie azioni per colpire gruppi o eventi legati al suprematismo bianco e al fascismo. Son gli stessi Misery a parlare del loro coinvolgimento in questa rete antirazzista nella stessa intervista a Profane Existence sopracitata, giusto per sottolineare nuovamente il profondo legame che intercorreva ai tempi tra la scena hardcore punk e la lotta concreta ad ogni forma di discriminazione e fascismo nelle strade di Minneapolis.

Tornando brevemente a parlare dei Destroy!, anch’essi si formano come i Misery nel 1988, ma la loro attività in quanto band durò molto meno, terminando nella primavera del 1994. Questo non influì sull’importanza che ricoprirono tanto all’interno della scena hardcore di Minneapolis quanto nei percorsi di lotta, due dimensioni che per la band erano intrecciate e indissolubili. Come già scritto in precedenza nel 1992 i Destroy! registrano e pubblicano quello che ritengo essere il loro lavoro migliore, più intenso e diretto, ossia il 7″ intitolato “Burn this Racist System Down“, un titolo che era attuale tanto allora quanto lo è oggi che Minneapolis e tutti gli Stati Uniti sono invasi dalle fiamme della rivolta di migliaia di persone pronte a sovvertire un sistema strutturalmente razzista.  La pubblicazione di questo Ep fu possibile grazie ad una label DIY creata da Felix Havoc, cantante degli stessi Destroy!, pochi mesi prima. Una label che successivamente sarebbe diventata un punto di riferimento per la scena crust/hardcore punk underground mondiale, pubblicando sia gruppi di Minneapolis legati ai Destroy come i Code 13 sia gente come Skytsystem o Wolfbrigade. Inutile ancora una volta dilungarmi sul disco in questione, ascoltatevelo e se riuscite leggetevi i testi incentrati su questioni che spaziano dall’antirazzismo alla lotta femminista, testi che ritengo di uno spessore meritevole d’attenzione ancora oggi.

Abbiamo parlato approfonditamente della scena hardcore punk di Minneapolis a cavallo tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90, ma sarebbe un errore madornale pensare che oggi questa stessa scena non sia altrettanto viva e politicamente attiva. Infatti ritengo fondamentale spendere due righe per parlare dei War//Plague, gruppo attivo dal 2008 e impegnato a suonare un crust punk fortemente bellicoso e profondamente legato all’impegno e alla lotta politica. Trovo infatti sia interessante riportare alcune questioni che la band stessa ha affrontato nel corso di un’intervista datata maggio 2019 rilasciata a DYI Conspiracy, un collettivo-webzine statunitense attivo nella scena hardcore e punk più politicizzata in senso anarchico. Intervista il cui titolo stesso, “Punk is a Way of Protes and Political Movement“, riprende le parole dei War//Plague e sottolinea esplicitamente cosa intende il gruppo di Minneapolis in merito alla natura e a cosa dovrebbe significare ancora oggi suonare hardcore e/o punk in tutte le sue forme e sfumature. Nel corso dell’intervista la band si sofferma a parlare dell’importanza che ha avuto la scena hardcore locale sull’evoluzione del proprio modo di pensare all’impegno e alla lotta politica, così come dell’idea che il punk non dovesse essere solo una mera questione musicale bensì essere un mezzo di protesta e rivolta, oltre uno strumento per diffondere e condividere messaggi di natura politica come l’antirazzismo, l’antifascismo e la lotta contro lo Stato e il Capitale. Andy Lutz, cantante del gruppo, inoltre ci tiene a ricordare con gioia un fatto accaduto quando era solo adolescente durante un concerto in un spazio DIY di Minneapolis chiamato Bomb Shelter, conclutosi con scontri con un gruppo di poliziotti intervenuti per interrompere la serata. Sia Lutz che Lefton (chitarrista della band), evidenziano costantemente nel corso dell’intervista la visione collettiva dei War//Plague a proposito del punk-hardcore (e specialmente di sottogeneri come il crust o l’anarco punk) come sottocultura e movimento intimamente politico e schierato, come mezzo per urlare la propria rabbia nei confronti di questo esistente e questo sistema che sfrutta, opprime e reprime e un modo per connettere persone con tensioni affini.

 

Servirebbero ancora troppe righe e molto spazio per parlare di altri gruppi che ritengo fondamentali (State of Fear e Code 13, su tutti) e altri eventi che hanno attraversato e animato la scena hardcore di Minneapolis nel corso dei decenni, ma probabilmente per l’intento originale con cui è nata la stesura di questo articolo penso sia giusto terminare qui il nostro viaggio, perchè il punto di partenza e di arrivo dovrebbero essere solamente le rivolte e le insurrezioni che hanno incendiato Minneapolis e gli Stati Uniti fino a poche settimane fa e la totale solidarietà che va a tutti e tutte i/le insorti/e.  E sottolineare ancora una volta che la scena hardcore e punk in tutte le sue sfaccettature dovrebbe essere ancora oggi uno strumento per attaccare questo mondo nella sua totalità, sforzandosi di allontanare il rischio troppo spesso concreto e reale di chiudersi nei propri spazi esaurendo la propria rabbia e le proprie tensioni urlando frasi vuote in un microfono. Convertiamo le nostre parole in fuoco, con la speranza che Minneapolis continui a bruciare e l’impegno a rendere l’hardcore ancora una reale minaccia!