Dropdead – S/t (2020)

 

Partiamo con alcuni, superflui, dati empirici. È infatti dal 1998 che i Dropdead non rilasciano un full lenght. Certo nel mezzo il vuoto è stato colmato da una serie di split degni di nota e di assoluto valore con nomi del calibro di Unholy Grave, Converge e Totalitar, ma si sentiva la mancanza di un lavoro dalla durata più sostenuta firmato esclusivamente dai Dropdead. Ed eccolo finalmente arrivato. La ricetta di partenza è sempre la solita: un hardcore punk veloce e furioso che spesso invade territori a volte riconducibili al powerviolence, mentre in altri momenti lambisce sonorità vagamente grind, ma che racchiude sempre dentro di sé tutta quell’attitudine in your face tipica dell’hardcore vecchia scuola e quello spirito battagliero intenzionato a non lasciare prigionieri e a sputarci in faccia tutto l’odio e la rabbia che ancora animano la musica del gruppo di Rhode Island. Forse l’unica nota mezza-stonata questa volta è l’iconica voce di Bob, dai toni sempre rabbiosi ma meno graffianti e urlati rispetto ad un tempo, capace certamente ancora di trasmettere lo spirito riottoso dei Dropdead ma senza essere lancinante come una volta nel prenderci a pugni la testa fino a sbriciolarla. Questo non dev’essere visto per forza come un lato negativo anzi, ma come una naturale “evoluzione” (passatemi il termine) per una band in giro da trent’anni e che, pur avendo ancora tanta rabbia da urlare in un microfono e da sputarci addosso, ora ha deciso di dare una nuova sfumatura al proprio hardcore, non perdendo comunque nulla i termini di attitudine e di sincerità con cui porta avanti le proprie idee. Probabilmente tutto questo è dovuto semplicemente al fatto che i Dropdead del 2020 non sono chiaramente quelli del 1998, il tempo scorre inesorabile per tutti e anche per un gruppo abituato da sempre a tirare velocissima la propria musica, ventidue anni senza rilasciate un disco completo si fanno sentire. Azzarderei inoltre a sostenre che i Dropdead di questo album sono si più anziani ma in senso positivo, ovvero più maturi, riuscendo nonostante il tempo che passa a trasmettere la stessa rabbia per questo mondo di merda e a condensare in ventitré tracce la coscienza politica e lo spirito di rivolta che li anima da sempre, oggi forse con un’irruenza più ragionata.

Già un mese fa i Dropdead avevano iniziato a farci assaporare alcune nuove tracce come “Prelude/Torches” e “Flesh and Blood”, singoli che permettevano di farsi un’idea abbastanza precisa, seppur generale, della qualità e dell’intensità che contraddistinguono anche questo terzo s/t album. Le ventitre tracce in cui ci imbattiamo, musicalmente si rifanno a quel devastante mix di hardcore, fastcore e powerviolence, marchio di fabbrica dei Dropdead dal giorno zero; questa volta però mostrano maggiori sfumature e continui cambi di stile, ma è proprio così che dovrebbe suonare un disco dei Dropdead nel 2020, almeno secondo la mia idea. Ci sono pezzi assolutamente devastanti e che trasudano attitudine hc e in your face da tutti i pori come On Your Knees, Only Victims o The Black Mask, mostrandoci quanto ancora ribolla la rabbia e la passione più sincera per un certo modo di intendere e suonare l’hardcore punk nel sangue dei Dropdead, una passione che nemmeno trent’anni di carriera possono scalfire. Per quanto riguarda invece l’aspetto lirico, questo nuovo self titled album rappresenta un quadro perfetto con cui i Dropdead attaccano, analizzano, prendono posizioni nette e vomitano tutta la rabbia verso questi tempi bui che stiamo vivendo a livello globale, ponendo l’accento e la propria attenzione su questioni di fondamentale importanza sociale come la devastazione climatica in nome del profitto più famelico e cieco del capitale, l’ascesa dell’estrema destra, lo sfruttamento animale (tematica da sempre centrale nelle liriche del gruppo di Rhode Island), gli orrori delle guerre mosse in nome degli interessi del capitalismo e molto altro ancora. La musica dei Dropdead non è solamente il concentrato della rabbia e della frustrazione dovuta a questi tempi bui che stiamo vivendo, ma vuole incarnare una viscerale e istintiva volontà di rivolta e di ribellione dinanzi a tutto questo. E non dovrebbe forse essere questo il più sincero obiettivo dell’hardcore punk?

Al di là di tutte le note positive come il ritorno su disco o la possibilità di godere di queste nuove ventitrè tracce, e delle poche, pochissime, note “negative” (passatemi nuovamente il termine) come le vocals di Bob che potrebbero lasciare l’amaro in bocca a molti affezionati delle urla lancinanti e selvagge di un tempo, avercene di gruppi dall’attitudine, dalla coscienza politica, della sincerità e dalla passione con cui suonano l’hardcore punk ancora oggi nel 2020 i Dropdead. Alla fine, se proprio dobbiamo tirare le somme, per quanto possa suonare per certi versi diverso da tutto ciò che hanno registrato fino ad oggi, questo terzo self titled album è ancora una volta un concentrato di mazzate annichilenti nello stomaco e di rabbia sincera contro tutta la merda che ci circonda, e non si poteva chiedere di meglio al gruppo di Rhode Island che si continua a dimostrare una sicurezza in termini di coerenza e attitudine.

L’hardcore è ancora una minaccia, l’hardcore è ancora un mezzo con cui minare questo esistente e farlo saltare in aria!