D.O.V.E. – D.O.V.E. (2023)

Ogni scelta che facciamo deve essere consapevole. Ogni nostra convinzione deve essere attiva. Ogni passo che facciamo deve essere fatto per il bene della liberazione umana, terrestre e animale!

Pubblicato il 3 febbraio di quest’anno, il primo omonimo album dei californiani D.O.V.E. è divenuto immediatamente uno dei dischi che mi son ritrovato ad ascoltare con più costanza e interesse in questi ultimi dieci giorni e non mi pare un azzardo definirlo uno dei migliori dischi anarcho/peace punk che ho ascoltato negli ultimi anni, insieme al self titled dei Dogma e From Smoke and Sorrow dei The Moor che ritengo meritino di essere menzionati e conosciuti un po’ di più. Un disco che suona come una boccata d’aria fresca pur riportandoci con la mente alla metà degli anni 80 quando la scena anarcho e peace punk iniziò ad incorporare sonorità post-punk in maniera più netta e convincente. Ed è estremamente difficile resistere ad un disco come questo dei californiani D.O.V.E. per tuttx coloro che si sono approcciati al punk e alle idee anarchiche con l’incontro e la scoperta di gruppi e collettivi seminali come Crass, Rudimentary Peni, Flux of Pink Indians, Dirt e tantissimi altri più o meno noti, più o meno arrabbiati e feroci, più o meno melodici.

Il disco si apre con Anarcho Headcharge, uno spoken word recitato dalla voce della cantante Katie su una melodia di chitarra che crea un’atmosfera malinconica ma al contempo vagamente solenne, lasciando spazio in primo piano alla voce parlata e alle parole per quasi tutta la durata del brano, che si fa via a via più cantato non perdendo mai la sua connotazione di assomigliare molto ad un manifesto scandito o alla lettura di un comunicato intriso degli ideali anarchici della band californiana. L’atmosfera e il mood cambiano quasi radicalmente con la successiva Blurrily, un brano che esplora sentieri vagamente esoterici ed evocativi, con la voce di Katie che questa volta diventa una litania quasi spettrale sulla base di un mix in cui si amalgamano alla perfezione impulsi peace punk e derive post-punk. Man a mano che si prosegue nell’ascolto delle dodici tracce che vanno a comporre questo self titled album dei D.O.V.E., si vive costantemente questa alternanza tra momenti tipicamente anarcho punk, quelli più politici ma sempre votati alla melodia e passaggi che evocano il meglio delle atmosfere e delle melodie tanto del post-punk quando di certa new wave. Non sembra esserci spazio nella proposta dei californiani per quell’approccio più furioso, urlato e crudo dell’anarcho punk della prima ora di Icons of FIlth e Crass, perchè anche quando i brani si fanno mezzo per testi maggiormente furiosi e invettivi la strada intrapresa è quella di rifarsi alle incarnazioni più melodiche di band come Siouxsie and The Banshees, Zounds o quegli stessi The Mob che i D.O.V.E. sembrano voler citare e omaggiare con la scelta stessa del loro nome.

Tante le melodie e i riff azzeccati che rimangono in testa dopo pochissimi ascolti, una voce perfetta per il genere capace di spaziare tra toni e tensioni anarcho punk, post-punk e new wave all’occorenza, senza perdere di espressività e di impatto, un lavoro ottimo della sezione ritmica che anch’essa si fa cangiante e polimorfa a seconda dell’atmosfera e del mood dei differenti brani (basti pensare ad un brano in levare e vagamente dub come Societal Life o a You’re not Alone, intermezzo capace di evocare paesaggi e scenari spaziali e cosmici degni degli Hawkind), fanno di questo D.O.V.E. un disco peace punk estremamente variegato, personale e ricco di sfumature, un disco tanto immediato quanto bisognoso di più ascolti per poterne assaporare tutte le influenze e i sentieri che sceglie di percorrere nel corso delle dodici tracce. Le tematiche affrontate nei testi sono si quelle che ci si aspetta da una band anarcho/peace punk come la lotta contro il capitalismo e il rifiuto del sistema politico, sociale e culturale dominante in un ottica pacifista e antiautoritaria, ma per fortuna i D.O.V.E. rifuggono dalla trappola di scrivere testi sloganistici banali, filtrando queste tensioni politiche attraverso le proprie esperienze ed una lettura più personale ed introspettiva che permette di vedere in tematiche sempre attuali come lo sfruttamento, la violenza e l’oppressione non come parole vuote proprio perchè la base di partenza e il punto di arrivo è l’impatto che tutto questo ha sulle nostre esistenze e sugli individui attorno a noi.

Se sentivate la mancanza di certo anarcho/peace punk, quello più melodico e capace di flirtare con sonorità e territori a cavallo tra new wave e post-punk; se volete essere catapultati indietro nel tempo negli anni in cui l’anarcho punk invertiva in maniera netta e irreversibile la rotta musicale e politica dell’underground britannico; se vi mancano band come The Mob, Zounds, Political Asylum e Anarka and Poppy, questo è il disco che non dovete e non potete ignorare. Meraviglioso debutto per i D.O.V.E., finalmente le colombe son tornate a volare qui e finalmente l’anarcho punk ha ancora qualcosa da dire e dimostra di saper come dirlo!