Holocausts – Liberation (2023)

Per la nostra libertà, dobbiamo combattere
E questa lotta continuerà a lungo
Ma ora è proprio il momento di decidere
LA MORTE O LA LIBERAZIONE!

tratto dall’intro Revenge of the Rats

Un disco non si dovrebbe mai giudicare dalla copertina. Tutto vero, ma quando l’artwork viene disegnato e realizzato dall’ormai iconico stile di Stivart non si può che andare sul sicuro e iniziare l’ascolto del disco con molte aspettative e con una vaga certezza di essersi imbattuti in un album valido e che ha qualcosa di importante da dire. E approcciandosi a questo nuovo Liberation degli Holocausts non si sbaglia affatto e la copertina preannuncia fin da subito il massacro sonoro e la qualità della proposta. Gli Holocausts sono una gruppo di punx anarchici provenienti da Israele anche se loro stessi preferiscono chiamarlo Isra-hell, e non fatico di certo a capire a cosa facciano riferimento utilizzando la parola inferno; credo non serva che vi faccia una breve lezioncina sull’occupazione coloniale, sulle torture, sui bombardamenti e sulle violenze che il governo israeliano e il suo esercito commettono da decenni sulla popolazione civile palestinese, in un contesto di conflitto che vede in campo una forza occupante e un popolo oppresso dall’occupazione e dal colonialismo sionista.

Il nome scelto dalla band può apparire una provocazione o una sorta di humor che potrebbe far storcere il naso a molti, ma gli Holocausts ci tengono a spiegare che la scelta deriva dall’idea che non sia esistito solamente l’olocausto subito dal popolo ebraico durante il nazismo, ma nel corso della storia molti altri olocausti hanno interessati svariati popoli, etnie e gruppi di persone; e inoltre che tanto oggi quanto in in futuro ce ne saranno sicuramente altri. Continuando a saccheggiare le loro stesse parole, sostengono che il loro obiettivo è quello di diffondere messaggi e riflessioni che possano invitare le persone a smettere di odiare e combatterne altre sulla base dell’etnia, del colore della pelle o del paese di appartenenza, solo perchè il sistema politico ed economico continua ad insegnarci a scontrarci con l’altro e il “diverso“, perpetuando quel dividi et impera che fa gli interessi di chi governa e detiene il potere. E per finire, in netta continuità con il loro essere punx anarchici, ci tengono a sottolineare la loro volontà di costruire una comunità locale e a livello mondiale basata sulla solidarietà e il mutuo appoggio invece che sulla competizione e il profitto, in cui non ci siano padroni ne schiavi.

Partendo da queste premesse sempre attuali e necessarie, avviamoci finalmente a parlare di Liberation e delle sue nove tracce di metal-crust punk imbastardite da dosi ingenti di metallo più o meno estremo. Il disco, come annunciato dall’artwork di copertina, si presenta come un massacro senza esclusione di colpi e senza che venga risparmiato niente e nessuno; si cade sotto gli efferati colpi di un crust punk a metà strada tra la vecchia scuola e le incarnazioni più moderne del genere, che guarda tanto ai territori più metallici della scuola britannica quanto alle impetuose cavalcate d-beat di tradizione svedese a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, non disdegnando mai quell’epicità, quelle melodie e certi assoli di derivazione heavy metal che rendono tracce come Holocaust, Hibris e Rotten Existence dei veri e propri inni metalpunk a cui è impossibile resistere. Tracce come Marionette e Wolf si aprono invece con arpeggi e atmosfere che si posizionano perfettamente a metà strada tra tensioni di natura stenchcore e pulsioni di stampo neocrust, costruendo i classici scenari post-apocalittici, desolati, oscuri e catastrofici, momenti di effimera quiete che preannunciano la distruzione e il caos. Il tutto è suonato con impeto distruttivo e istinto battagliero, tra feroci raid a lama sguainata e momenti epici in cui alzare i pugni al cielo, lasciando il ruolo di protagonisti principali ai riff e agli assoli, vero punto di forza insieme alle vocals e ai testi, degli Holocausts. Se proprio volete degli indizi precisi sulla musica dei nostri pensate ad un ibrido distruttivo tra i Guided Cradle e i portoghesi Nagasaki Nightmare, non trovo modo migliore per descrivere il loro metal-crust punk anarchico.

Un album solido dall’inizio alla fine, che non inventa nulla ma che viene suonato con una urgenza espressiva evidente e con una passione travolgente, che non delude le aspettative che ci si era fatti alla vista dello splendido artwork di copertina. Questa recensione a nata cosi, come flusso di pensieri e parole buttati giù di getto durante l’ascolto dell’album più e più volte di fila. A volte giudicare un disco dalla copertina non è cosa sbagliata e questo Liberation degli israeliani Holocausts ne è un ottimo esempio. Correre ad ascoltare e supportare questi punx anarchici dall’inferno di Israele, perchè al grido di morte o liberazione sono pronti a dichiarare guerra ovunque affinchè non ci siano più schiavi ne padroni!

P.s. gli Holocaust cercano etichette diy e distro per realizzare la coproduzione fisica del loro album, se siete interessati contattate la band a questo indirizzo [email protected] o sulla loro pagina facebook.